Chi si intende di Eurovision sa bene che conquistare un posto in top ten è un risultato di tutto rispetto. Un sesto posto, dunque, normalmente dovrebbe essere celebrato. Ma il problema è che se arrivi a un giorno dalla finale da favorito come è successo al nostro Francesco Gabbani, è normale che il sesto posto si trasforma in una profonda delusione. Alla fine ha vinto il Portogallo (758 punti) con una canzone dolce ed elegante, tenendo a distanza di sicurezza la Bulgaria (615 punti). Molto staccate le altre: Moldavia (374), Belgio (363), Svezia (344) e, appunto, Italia (334).
Ci si aspettava di più, è inutile negarlo, ma lo scorporo dei risultati finali tra giurie e televoto è comunque impietoso. Le prime ci hanno sottostimato, è vero, ma se sei favorito è normale che chi ti teme decida di tenerti basso. Ma la verità è che Gabbani non è riuscito a recuperare terreno neppure al televoto, dove si credeva potesse avere più presa la scimmia nuda che balla, diventata virale negli ultimi mesi in tutta Europa. È entrato papa, esce cardinale. Pazienza, inutile recriminare su San Marino che inspiegabilmente continua a snobbare i cantanti italiani in gara, sui Paesi nordici che si votano tra loro, sulla Grecia che vota Cipro e Cipro che vota la Grecia. Sono cose che sapevamo già e che fanno parte del gioco.
“Amor pelos dois”, il brano portato al trionfo da Salvador Sobral, è una canzone intensa e dolcissima, forse lontana dallo stereotipo del pezzo da Eurovision, ma per questo la vittoria ha ancora più valore. Perché dimostra, una volta di più, che non è affatto vero che all’Eurovision Song Contest si vince solo se si trasforma il palco in una discoteca.
E francamente è inutile anche continuare a insinuare che la Rai tiri un sospiro di sollievo perché per nulla intenzionata a sobbarcarsi l’organizzazione della prossima edizione. Quest’anno non era così e si è visto chiaramente da una esposizione dei massimi dirigenti che non ci sono mai stati prima. Il direttore di RaiUno Andrea Fabiano era a Kiev, al settimo piano di viale Mazzini serpeggiava una certa voglia di misurarsi con un maxievento del genere. E nel pomeriggio di sabato era arrivato addirittura il tweet a sostegno di Gabbani dell’account ufficiale del ministero degli Esteri. Ci credevano in molti, lo volevano in molti. È andata diversamente.
Piuttosto, l’Italia può consolarsi ancora una volta con il primato indiscusso tra le Big Five, i cinque Paesi che contribuiscono maggiormente al bilancio dell’EBU (il consorzio delle tv pubbliche che organizza l’Eurovision Song Contest): Regno Unito, Germania, Spagna, Francia e Italia, appunto. I rappresentanti di queste nazioni vanno direttamente in finale e la cosa fa arrabbiare da sempre i fan degli altri Paesi in gara. E ogni anno, per i malcapitati cantanti delle Big Five, sono bastonate sui denti. Basti pensare che ieri sera la Spagna si è classificata ultima con soli 5 punti, solo uno in meno della Germania. Leggermente meglio il Regno Unito (15° con 111 punti) e la Francia (12° con 128 punti).
Sul fronte dello spettacolo televisivo, anche l’edizione ucraina dell’Eurovision è andata liscia come l’olio. Tutto perfetto, tutto schedulato alla perfezione. Ma ieri sera, a dare un pizzico di pepe, è arrivato lo streaker in diretta mondiale, un ragazzo australiano che ha pensato bene di invadere il palco e mostrare il sedere durante l’esibizione di Jamala, vincitrice dell’edizione 2016.
L’appuntamento, adesso, è per l’edizione 2018 in Portogallo (presumibilmente a Lisbona). A rappresentare l’Italia, come da regolamento nazionale, il vincitore del prossimo Festival di Sanremo, che conquista il diritto di partecipare all’Eurovision Song Contest.