Scienza

“Pint of Science”, dall’ultima frontiera della lotta al cancro all’Alzheimer: scienziati e pazienti discutono al pub

Pazienti, cittadini e scienziati discutono delle ultime frontiere della ricerca biomedica. Lo fanno in un modo del tutto informale. Non tra le corsie di un ospedale, ma tra i tavolini di un pub. Scolandosi una pinta di birra. È una delle opportunità offerte da “Pint of Science”, una rassegna che si svolge, dal 15 al 17 maggio, in 18 città italiane e 11 Paesi del mondo

Pazienti e scienziati insieme al pub
Pint of Science nasce in Inghilterra nel 2012 da un’idea di due ricercatori dell’Imperial College di Londra, Michael Motskin e Praveen Paul, che decidono di dar vita a un evento chiamato “Meet the researchers”. L’iniziativa consente ad alcuni malati di Parkinson e Alzheimer d’incontrare i due ricercatori nei loro laboratori. Soddisfatti dell’esperienza, i due studiosi decidono di replicarla. Stavolta, però, sono loro insieme ai colleghi ad andare a trovare pazienti e cittadini. È il 2013, e da allora le pinte di birra tra cittadini e scienziati diventano un’abitudine in numerosi Paesi. Il Fattoquotidiano.it ha raggiunto due dei relatori di queste informali chiacchierate scientifiche. Martina Longoni, dell’Università di Milano Bicocca, che la sera del 15 maggio, a Pavia, parlerà di Alzheimer “alla ricerca dei neuroni perduti”. E Antonello Pinto, direttore del dipartimento di ematologia e della struttura complessa di ematologia oncologica e trapianto di cellule staminali dell’Istituto nazionale tumori “G. Pascale” di Napoli, che il 15 maggio racconterà come combattere il cancro sfruttando le potenzialità, ancora in parte inesplorate, del sistema immunitario. Per entrambi si tratta della prima partecipazione a questa iniziativa di divulgazione scientifica.

“Quando il cancro non fa 90”
A Napoli una delle sessioni di Pint of Science è dedicata alla lotta ai tumori. S’intitola “quando il cancro non fa 90: tra scoperte e terapie”. Antonello Pinto è uno dei protagonisti. Al nostro giornale anticipa i contenuti del suo intervento, “l’immunoterapia in oncologia: the dark side of the moon”. Le sue parole, appassionate e piene di speranza, raccontano di una malattia che fa meno paura di un tempo. Lo scienziato parla di “cambio di paradigma nel contrasto al cancro”, di vera e propria “rivoluzione culturale”, e di “prospettiva di lunga sopravvivenza” per i pazienti. Il merito è di “un modo nuovo di vedere il tumore”, grazie alla cosiddetta immunoterapia. Inserita dalla rivista Science al primo posto tra i dieci maggiori progressi scientifici del 2013, questa strategia fa leva sulle difese immunitarie dell’organismo, addestrandole con interventi mirati contro le cellule del corpo che si dividono in maniera incontrollata.

“Risvegliare il sistema immunitario”
“Quando una piccola popolazione di cellule tumorali si sviluppa, esiste all’inizio un equilibrio tra il tumore che cresce e il sistema immunitario che lo controlla – spiega Pinto -. A un certo punto, però, questo equilibrio si rompe, e la bilancia comincia a pendere dalla parte della neoplasia, che evade il controllo immune”. È a questo livello che spesso entra in gioco l’intervento dello specialista. “Nell’approccio di immunoterapia classico, quello passivo, siamo abituati a intervenire dall’esterno. Utilizziamo, cioè – spiega lo studioso -, insieme alla chemioterapia, anticorpi monoclonali contro le cellule tumorali. Il nuovo paradigma della lotta al cancro è, invece, la cosiddetta immunoterapia attiva. In pratica – chiarisce lo scienziato del Pascale -, dopo aver scoperto le molecole che il tumore utilizza per bloccare le difese dell’organismo, si usano anticorpi che le bloccano. Questi anticorpi, a volte, non toccano neppure le cellule tumorali, ma semplicemente coprono dei recettori sulle cellule immunitarie sane del paziente, liberandole dal blocco funzionale indotto dal tumore”. Mancano i boccali di birra, ma per il resto il racconto dello scienziato è incalzante, e invita a saperne sempre di più. “Abbiamo imparato a usare farmaci che risvegliano il sistema immunitario, rimuovendo il blocco imposto dal tumore. In questo modo – aggiunge Pinto -, siamo in grado di liberare le difese immunitarie, riportando l’equilibrio dalla parte di queste ultime. È una vera e propria rivoluzione culturale – commenta entusiasta lo scienziato partenopeo -. Stiamo, infatti, imparando a curare i pazienti usando le loro stesse difese. E questo approccio ha anche il vantaggio di limitare gli effetti collaterali. Tanto per fare un esempio, non c’è in questo caso la caduta dei capelli che accompagna la chemioterapia”.

“Convivenza tra tumore e paziente”
Lo scienziato a questo punto si spinge a disegnare i possibili scenari futuri nella lotta al cancro. “La nostra visione di guarigione sta cambiando – spiega Pinto -. L’immunoterapia sta portando sempre più a un equilibrio tra neoplasia e paziente, che sta imparando a convivere con il tumore. Questo scenario – aggiunge lo scienziato -apre al paziente una prospettiva di lunga sopravvivenza, pur senza la scomparsa, l’eradicazione del tumore. Il paziente, in pratica – sottolinea l’oncologo -, sa che il tumore è ancora lì dentro di sé. Ma sa anche che il suo sistema immunitario può tenerlo sotto controllo. E torna, quindi, a sperare nel futuro. Ad avere una prospettiva di vita. Alcuni giovani pazienti pensano, ad esempio, a sposarsi. Altri riprendono gli studi interrotti a causa della malattia”.
Lo scienziato racconterà a Napoli, nel corso della sua chiacchierata tra una birra e l’altra, di un futuro che ci ha già raggiunto. “Questa rivoluzione è già nei fatti. Molti di questi nuovi farmaci immunoterapici sono già arrivati, e nel nostro Paese vengono adoperati da tempo in alcuni centri specializzati, come l’Istituto Pascale di Napoli. Ma nel giro di pochi mesi – conclude Pinto – l’immunoterapia esploderà letteralmente nei centri ospedalieri italiani. Con tutti i suoi benefici”.

Immunoterapia contro l’Alzheimer
Alle molteplici risorse del sistema immunitario guarda anche Martina Longoni nelle sue ricerche contro l’Alzheimer. “Una delle possibili strategie terapeutiche – spiega la giovane ricercatrice – si basa sulla rimozione della proteina beta amiloide, tra le responsabili della formazione delle placche della malattia, tramite l’utilizzo di anticorpi monoclonali. Si tratta di una sperimentazione ormai in uno stadio avanzato, in fase 3, quindi sull’uomo. Uno degli obiettivi – spiega Longoni – è dimostrare se la diminuzione delle placche porti anche a una diminuzione del declino cognitivo nei pazienti”. Le ricerche della giovane studiosa s’intrecciano proprio alle ultime sperimentazioni in corso contro questa patologia neurodegenerativa. “Studiando il ruolo di biomarcatori cerebrali nell’Alzheimer e in un’altra patologia cerebrovascolare, meno nota ma strettamente correlata all’Alzheimer, chiamata angiopatia amiloide cerebrale infiammatoria, il gruppo di cui faccio parte ha osservato un aumento spontaneo di anticorpi contro la proteina beta amiloide. Un aumento che – spiega Longoni – può portare a reazioni avverse, come piccole emorragie a livello cerebrale. Lo scopo delle ricerche che stiamo conducendo, con il progetto BiomarkARIA finanziato da Fondazione Cariplo, è isolare questi anticorpi e capire il loro ruolo. Per comprendere, ad esempio, come modulare la terapia durante la sperimentazione clinica in corso, ad esempio con trattamenti personalizzati. In modo da prevenire ed evitare possibili reazioni avverse”.

Martina Longoni ha accettato con entusiasmo l’invito degli organizzatori di Pint of Science a spiegare le proprie ricerche a un pubblico di non addetti ai lavori. “Far capire meglio a cittadini e pazienti quel che facciamo lo considero parte integrante del mio lavoro di scienziata – spiega Longoni -. Spesso, infatti, noi ricercatori siamo troppo presi dalle nostre domande di conoscenza. E, nell’intento di trovare risposte a quesiti fondamentali della biologia di una malattia, commettiamo l’errore di rinchiuderci nei nostri laboratori. Per questo – conclude la giovane studiosa -, iniziative come Pint of Science possono dare maggiore significato al nostro lavoro. E aiutarci a incontrare e capire il punto di vista del paziente”.

Sul sito del festival il calendario degli incontri città per città