FATTO FOOTBALL CLUB - Data per spacciata ad agosto 2016 e virtualmente retrocessa già a gennaio, la squadra calabrese ha sorpreso tutti grazie ad un mix di coraggio e abnegazione che ha portato risultati insperati e una rimonta incredibile: il calendario è molto sfavorevole, ma ora è a un punto dalla permanenza. Il miracolo è difficile, ma resta la lezione a tutte la Serie A e a quei presidenti che fanno le squadre puntando sulle altrui debolezze
Sono mesi che i tifosi del Crotone continuano a cantarla, stretti nella curva del piccolo Scida, aggrappati ad una favola cominciata chissà come un anno fa di questi tempi. “Non c’erano soldi, ma tanta speranza”: quella frase di A mano a mano, la canzone di Rino Gaetano che negli anni è diventata un po’ l’inno della squadra calabrese, sembra il simbolo di questo loro campionato in Serie A: impossibile, folle, insostenibile. Eppure ancora appeso al filo di una salvezza che sarebbe miracolosa. E a questo punto anche meritata.
A due giornate dalla fine il Crotone è di nuovo in corsa per non retrocedere: una storia iniziata malissimo, che sembrava già finita a gennaio (quando il distacco dalla salvezza era salito in doppia cifra), e poi di nuovo solo un mese fa con la vittoria all’ultimo secondo dell’Empoli nel derby con la Fiorentina, ha ancora una piccola speranza di lieto fine. Anche perché la corsa a due è diventata a tre, risucchiando nel vortice pure il Genoa che è riuscito a perdere contro il già retrocesso Palermo e negli ultimi due mesi ha vinto solo una partita (contro la derelitta Inter: per la serie, c’è sempre chi sta peggio). Un punto di svantaggio dai toscani, due dai genoani: tutto negli ultimi 180 minuti, con un calendario però sfavorevole. Anche la sconfitta della Juventus con la Roma ha complicato i piani di rimonta, visto che i bianconeri dovranno battere proprio contro il Crotone per festeggiare lo scudetto e non potranno regalare punti.
Ad agosto, quando è cominciato il campionato, ma nemmeno a gennaio o qualche settimana fa, nessuno avrebbe scommesso un centesimo sulla salvezza dei calabresi: una squadra probabilmente più scarsa di quella che aveva conquistato la storica promozione lo scorso anno e che avrebbe fatto fatica anche in Serie B; un gruppo costruito con pochi spiccioli, un paio di giovani di belle speranze e tanti carneadi pescati tra categorie minori e campionati stranieri; un allenatore che veniva da due pessime esperienze e che in molti davano per finito. E i primi mesi infatti sono stati un calvario, tra figuracce e delusioni. Ma poi l’umiltà, il lavoro, l’orgoglio hanno fatto scattare qualcosa difficile da spiegare razionalmente: nelle ultime sette partite i calabresi hanno collezionato cinque vittorie e due pareggi. Una media da Champions che ha riaperto i giochi, regalando una speranza ai tifosi rossoblù e un briciolo d’interesse a questa Serie A.
Dobbiamo ringraziarlo, il Crotone: senza la sua reazione, avremmo archiviato anche questo campionato con due mesi d’anticipo, visto che lo scudetto è assegnato da agosto e la corsa all’Europa è chiusa da tempo. La rimonta dei calabresi, forse, ha impartito anche una piccola lezione a chi pensa di poter tirare i remi in barca a gennaio come il Genoa, che per l’ennesima volta ha smantellato la rosa certo di essere ormai salvo, o a chi come l’Empoli la squadra proprio non l’aveva fatta dall’inizio per la stessa ragione: magari l’anno prossimo il presidente di turno ci penserà due volte prima di affrontare la Serie A in questa maniera indegna. Perché il punto è proprio questo: ormai ci sono società che scommettono sulla debolezza altrui per giocare al ribasso, finendo per impoverire tutto il livello del campionato e minarne la credibilità.
Il finale dei calabresi (possibile per altro solo grazie al disimpegno di tante formazioni deconcentrate da un torneo che non ha più nulla da dire: vedi l’Udinese, la Sampdoria o la stessa Inter) non cambia comunque la realtà delle cose: il Crotone era e resta inadeguato, come Palermo e Pescara, Empoli e Genoa. In una Serie A degna di questo nome non avrebbe dovuto esserci nessuna di queste squadre (a dimostrazione che la riforma a 18 squadre sarebbe davvero auspicabile, e forse neppure basterebbe a restituire competitività al torneo). Ma se ci fosse un dio del calcio, almeno dovrebbero salvarsi i calabresi, che il campionato lo hanno onorato fino in fondo. E non chi ha pensato solo a monetizzare sul mercato, convinto che tanto la permanenza in Serie A fosse un privilegio acquisito. Purtroppo però manca poco, forse troppo poco per completare la rimonta. “La bella stagione che sta per finire, ti soffia sul cuore e ti ruba l’amore”. Comunque vada, loro continueranno a cantare lo stesso.