E' l'accusa rivolta dagli Stati Uniti al governo di Damasco: secondo il Dipartimento di Stato, circa 50 detenuti al giorno sono impiccati nel penitenziario alle porte di Damasco, dal quale negli ultimi sei anni sono state detenute migliaia di persone
Il regime di Bashar al Assad ha costruito un forno crematorio della prigione di Saydnaya per cancellare le prove delle esecuzioni di massa. E’ l’accusa rivolta dagli Stati Uniti al governo di Damasco: secondo il Dipartimento di Stato, circa 50 detenuti al giorno sono impiccati nel penitenziario che sorge a 45 minuti da Damasco e dal quale negli ultimi sei anni sono state detenute migliaia di persone.
Il governo siriano “è sprofondato in un nuovo livello di depravazione” con il sostegno di Russia e Iran, ha detto l’inviato di Washington in Medio Oriente, Stu Jones, presentando le foto declassificate dell’edificio della prigione militare che sarebbe stato modificato per creare il crematorio.
Le informazioni fanno parte di un nuovo dossier declassificato, contenente immagini che documentano il livello di violenza e devastazione in Siria. Il dossier è stato realizzato raccogliendo informazioni da varie fonti, comprese le ong, i media e fonti di intelligence. Mosca, ha detto ancora Jones, “ha aiutato o passivamente guardato dall’altra parte”, mentre il regime siriano portava avanti le sue atrocità.
Le accuse fanno seguito ad un rapporto di Amnesty International del 7 febbraio, secondo cui nella stessa prigione, definita da chi ci è passato un “mattatoio”, sono stati impiccati non meno di 13.000 prigionieri nell’arco di 5 anni, dall’inizio della rivolta del 2011 al 2015. Secondo il rapporto, basato su interviste a 31 ex carcerati e a oltre 50 funzionari, le esecuzioni sono state autorizzate tra gli altri da stretti collaboratori del presidente Assad. Secondo l’organizzazione, a Saydnaya gruppi di 20-50 persone venivano impiccate una o due volte alla settimana, dopo processi-farsa che duravano pochi minuti.
I dati si fermano al 2015, ma secondo Amnesty non c’è ragione di ritenere che la soppressione di detenuti non sia continuata. In un altro rapporto, del 2016, l’ong affermava che dal 2011 altri 17.000 prigionieri erano morti a causa delle torture, dei maltrattamenti e delle privazioni. Il governo di Damasco ha smentito la fondatezza del rapporto, mentre la Russia l’ha bollato come “un’altra deliberata provocazione“, giunta in un momento cruciale per la soluzione della crisi siriana.
Martedì a Ginevra, in Svizzera, prenderà il via un nuovo round (il sesto) di negoziati sulla crisi siriana tra regime e opposizione sotto l’egida delle Nazioni Unite. Il round precedente si è concluso lo scorso 31 marzo senza sostanziali passi avanti. L’incontro segue quello del 4 maggio ad Astana, in Kazakistan, terminato con l’accordo firmato da Iran, Russia e Turchia per la creazione di “zone di de-escalation“. “Alla luce dei fallimenti dei precedenti accordi per il cessate il fuoco, abbiamo ragione di dirci scettici – ha commentato Jones – il regime di Assad deve fermare tutti gli attacchi ai civili e alle opposizioni e la Russia deve assumersi la responsabilità di garantire il rispetto” dei diritti umani. Il portavoce della Casa Bianca, Sena Spicer, ha poi aggiunto: “La Siria non sarà sicura e stabile finché Assad sarà al potere”. Gli Usa si dicono pronti a collaborare con Russia e Iran sulla crisi siriana ma entrambi devono esercitare la loro influenza per tenere sotto controllo il regime di Assad: “Spetta al popolo siriano scegliere il proprio futuro”.