Il 10 maggio in audizione alla Camera, il ministro Carlo Calenda, insieme al collega Galletti, ha presentato la nuova Strategia energetica nazionale (Sen). Quarantasette slide per elencare obiettivi in materia di sicurezza, decarbonizzazione ed efficienza per l’anno 2025 [qui il documento].
Competitività, ambiente e sicurezza sono i tre pilastri della nuova Sen, esattamente gli stessi di quella 2013 (ma nel 2013 ce n’era un quarto: favorire la crescita economica attraverso lo sviluppo del settore energetico). Competitività significa prezzi dell’energia in linea con quelli dei “concorrenti” europei, ambiente allineamento con i target europei, sicurezza significa diversificazione dei fornitori di gas perché più sono e meno siamo dipendenti da uno di essi.
La prima sensazione, vedendo questa presentazione è quella di trovarsi di fronte ad un documento che recepisce genericamente i cambiamenti in atto nel settore energetico unitamente agli obiettivi europei in tema di ambiente e nulla più. Il che francamente risulta molto deludente e riconferma i dubbi di coloro che si chiedono quale utilità pratica abbia questa nuova Sen.
Sul fronte dell’efficienza si sottolinea come le misure relative al settore residenziale siano troppo costose, parliamo delle detrazioni fiscali, per cui se ne prevede una revisione che probabilmente mirerà a concentrare le risorse verso interventi strutturali sugli edifici. Di positivo l’annuncio di un fondo di garanzia per eco-prestiti prendendo come modello quanto realizzato in altri paesi europei.
Sulla mobilità si evidenzia come nel nostro paese circolino 16,7 milioni di autovetture molto inquinanti (euro 0-3) e che quindi sia quanto mai urgente uno svecchiamento. Però come misure si parla concretamente solo di gas metano (si annuncia il decreto tanto atteso sul biometano!) e di biocarburanti, accennando alla conversione delle raffinerie in bioraffinerie: la materia dei biocarburanti si traduce in sostanza in banali percentuali nella miscelazione del carburante.
Per l’auto elettrica si parla di incentivi solo per dire che “dovranno essere proporzionali al differenziale di emissioni e di efficienza energetica” ma non c’è nessuna cifra obiettivo, niente di niente, nessuna strategia. Viene da pensare che se ci sarà uno sviluppo della mobilità elettrica in Italia sarà per effetto delle imprese, Enel in primis (è di fresca la nomina dell’ex ad di Enel Green Power alla nuova divisione che dovrà, fra le alte cose, occuparsi proprio di e-mobility). Mentre l’Unione petrolifera prevede che nel 2030 si venderanno solo 150mila elettriche (saranno solo lo 0,5% del parco autoveicoli), Enel stima invece che già nel 2020 nel nostro paese se ne venderanno 90mila rispetto alle 2.560 vendute nel 2016. Il governo invece alla Ponzio Pilato, non prevede proprio nulla. Sta alla porta si direbbe.
Il vero pezzo forte della nuova Sen, quantomeno quello adatto a conquistare l’attenzione dei media è però il target sul carbone, nell’ambito della generazione elettrica. Vengono ipotizzati tre scenari di uscita dal carbone con orizzonti 2025-2030.
Uno “inerziale“, che prevede la dismissione di 2 GW e il mantenimento di quattro impianti (Torrevaldaliga Nord, Brindisi Sud, Fiumesanto e Sulcis); uno “intermedio” che prevede anche la chiusura di Brindisi, e infine uno radicale che prevede la chiusura di tutte le centrali. Per tutti e tre gli scenari sono indicati i “costi” che il sistema dovrebbe accollarsi (ergo i cittadini) per sostituire questa generazione col gas e con nuovi investimenti nelle reti. L’ultimo scenario costerebbe però circa 3 miliardi di euro in più rispetto allo scenario base perché, secondo quanto detto dal ministro Calenda, richiederebbe investimenti tra 8,8 e 9 miliardi di euro sulla rete. Ma lo scenario “inerziale” rappresenta semplicemente quello che le imprese hanno già deciso autonomamente (anzi potremmo pure dire in contrato col ministero). Lo scenario zero carbone, se fissato al 2025 comporta il mancato ammortamento dei Torre Valdaliga Nord, l’ultima centrale costruita in Italia.
Per il gas ovviamente si prevede un gran futuro (Eni ha battuto Enel?), poiché serviranno nuove centrali per sostituire il carbone e per gestire la variabilità delle fonti non affrontata con lo sviluppo degli accumuli. Nelle slide si parla di un nuovo rigassificatore, del Tap e dello sviluppo del Gnl (gas naturale liquefatto) e della metanizzazione della Sardegna.
E per le rinnovabili? Gli obiettivi sono quelli europei, quindi 27% dei consumi complessivi lordi al 2030 che tradotti significherebbero quasi il 50% della generazione elettrica (siamo al 33% oggi); 28-30% nel riscaldamento e 17-19% nei trasporti, ma non si dettagliano le fonti.
Che giudizio dare a un primo sguardo? Difficile darne uno positivo. Per prima cosa nelle 47 slide ci sono troppe cose (gasdotti, rigassificatori, Gnl, biometano, rinnovabili, pompe di calore, reti elettriche, mobilità) e di tutte si dice qualcosa di genericamente positivo, ma mancano delle scelte nette e ambiziose. Come sempre, tutto al presente, in una monotona continuità, poco o niente di adeguato al futuro.
Sen inutile quindi, meglio concentrarsi sul Piano Clima ed energia che l’Ue ci chiede e dovremo consegnare in bozza a fine anno.
di Mario Agostinelli e Roberto Meregalli