Le linee guida approvate dall'organismo del Senato per regolare le organizzazioni non governative chiedono un maggiore controllo. Peraltro metà dei salvataggi del 2017 sono stati effettuati da privati. Ennesimo ultimatum di Bruxelles ai Paesi dell'Ue: "Ricollocamenti entro il prossimo mese"
Stop ai corridoi umanitari gestiti autonomamente dalle ong e la Guardia costiera assuma il coordinamento effettivo non solo in fase di salvataggio. Perché “il disordine, dovuto all’aumento di presenze, può corrispondere a una priorità di salvare vite umane, ma può anche intralciare le indagini contro i trafficanti”. Sono le indicazioni della relazione sul rapporto tra organizzazioni non governative e migranti, approvata all’unanimità dalla commissione Difesa del Senato ed illustrate dal presidente Nicola Latorre. Il via libera al documento condiviso è arrivato al termine di un ciclo di audizioni che hanno riguardato nell’ultimo mese ong, magistrati e Capitanerie. Il documento sarà inviato al governo e al presidente del Senato Piero Grasso. Nei dati forniti si evidenzia per altro che nel 2017 il 50 per cento dei salvataggi sono stati fatti da mezzi privati con un notevole aumento rispetto ai mesi scorsi. Tutto questo nel giorno in cui arriva l’ennesimo ultimatum dell’Unione Europea sui ricollocamenti: “Gli Stati che non hanno ancora accolto” richiedenti asilo da Italia e Grecia, “o quelli inattivi da quasi un anno”, inizino i trasferimenti “entro il prossimo mese“. “Se non lo faranno, a giugno” la Commissione discuterà sulla possibilità di aprire le procedure di infrazione. Ungheria, Austria e Polonia non hanno ancora accolto un singolo profugo, mentre la Repubblica Ceca è inattiva da quasi un anno.
Stop ai corridoi umanitari organizzati dalla ong – “Non può essere consentita la creazione di corridoi umanitari”, ha spiegato il presidente, “gestiti autonomamente dalle ong, trattandosi di un compito che spetta agli Stati o agli organismi internazionali”. Le ong che fanno soccorsi devono poi essere certificate e la loro presenza in mare deve essere fin dall’inizio coordinata dalla Guardia costiera italiana. In alcune acque, sostiene Latorre, “si è determinato un corridoio umanitario autonomo che non ha le caratteristiche che deve avere un corridoio umanitario, che può avere un senso solo se interloquisce con il territorio”. Presupposti che, però, “non ci sono. La Guardia costiera assuma dunque il coordinamento effettivo non solo in fase di salvataggio. Il nostro auspicio è che le linee guida che proponiamo ispirino scelte operative conseguenti”. Latorre ha anche specificato che, al momento, “non vi sono indagini in corso sulle ong in quanto tali, ma solo l’inchiesta della procura di Trapani concernente le singole persone impegnate all’interno delle operazioni”: “Questa commissione, dopo aver ascoltato i magistrati ha sollecitato unanimemente la magistratura ad approfondire tutti gli elementi di indagine che si riterranno necessari e rafforzare anche gli strumenti di indagine”.
Trasparenza delle ong obbligatoria – Per questo viene anche richiesta una maggiore trasparenza di struttura. “Occorre elaborare forme di accreditamento e certificazione che escludano alla radice ogni sospetto di scarsa trasparenza organizzativa e operativa”, si legge nella relazione, che precisa che “in particolare si dovranno adottare disposizioni che obblighino le ong a rendere pubbliche nel dettaglio le proprie fonti di finanziamento , cose che alcune di loro hanno già fatto, oltre che i profili e gli interessi dei propri dirigenti e degli equipaggi delle navi utilizzate, spesso prese a noleggio”. A giudizio della Commissione, inoltre, “nel momento in cui le organizzazioni non governative vengono riconosciute parte integrante di un sistema di soccorso nazionale, da un lato dovranno coordinarsi con la Guardia costiera e con le amministrazioni competenti non solo nella fase di salvataggio e, dall’altro, dovranno conformarsi a obblighi e requisiti che le abilitino allo svolgimento di tali compiti”.
Indagini inizino contestualmente agli sbarchi – Tra le linee guida viene messa in evidenza la necessità di iniziare le indagini in contemporanea alle operazioni di salvataggio: “Abbiamo rilevato”, ha continuato Latorre, “sulla base delle audizioni di tre procuratori (Siracusa, Trapani, Catania), un’esigenza segnalata da tutti: la fase delle indagini non può iniziare dopo le operazioni di salvataggio, ma deve essere contestuale”. E quindi ha spiegato: “Anche nel breve lasso di tempo tra il salvataggio non monitorato dalla polizia giudiziaria e l’inizio dell’attività della polizia giudiziaria si possono eliminare prove fondamentali contro i trafficanti”. Salvataggi in presenza della polizia, ad esempio, si concludono coi telefoni satellitari gettati in mare dagli scafisti, e i telefoni “sono uno degli strumenti più utili per approfondire l’indagine in fase successiva”, ha chiarito Latorre. Mentre in assenza di polizia l’attrezzatura viene riportata a riva e riutilizzata. Lo stesso avviene coi motori delle imbarcazioni, staccati e riportati a riva dai libici in assenza di polizia. “L’idea è di garantire una contestuale presenza della polizia, o sulla nave della ong o anche su un’imbarcazione più piccola accanto”.
Aumento ong può intralciare indagini – La commissione Difesa ha anche evidenziato il fatto che, l’aumento delle organizzazioni impegnate nell’aiuto dei migranti, abbia rischiato di rendere più difficoltose le indagini contro i trafficanti. “Dal 2014 e dal 2015”, ha concluso Latorre, “ovvero dopo le grandi tragedie in mare, le ong hanno ritenuto di intensificare la loro presenza. In virtù di questa situazione abbiamo riscontrato che, oggettivamente, questo disordine può corrispondere ad una giusta priorità di salvare vite umane, ma può anche intralciare le indagini contro i trafficanti”. A questo proposito, nel 2017 il 50 per cento dei salvataggi in mare sono stati fatti da mezzi privati: mercantili o unità delle ong. Le ong, operative attualmente con circa 9 navi, hanno salvato nei primi quattro mesi dell’anno 12.646 persone (il 35% del totale), mentre i mercantili privati sono a quota 5.698 (16). La restante metà degli interventi sono stati fatti dai mezzi della Guardia costiera italiana (29), Marina Militare (4), Frontex (7) e Eunavformed (9). Si registra un deciso incremento dei salvataggi ‘privati’, passati dal 17 per cento del 2013 al 51 del 2017.
Di Maio: “Sospendere subito il sostegno alle strutture private d’accoglienza” – Sul piano politico a commentare subito sono Lega Nord e M5s. Una relazione impietosa, secondo Paolo Arrigoni, senatore del Carroccio, che chiede al governo di adottare subito le linee guide uscite dall’indagine della commissione”. Di Maio chiede di “sospendere immediatamente il sostegno alle strutture private che fanno accoglienza e lasciare finanziate e nel caso potenziare solo le strutture gestite dallo Stato. Non ci sono sentenze definitive da aspettare, il problema è sotto gli occhi di tutti“. Il vicepresidente della Camera invita anche a “impedire alle imbarcazioni delle Ong che non sono trasparenti lo sbarco nei nostri porti“. Di Maio, in collegamento telefonico con una conferenza stampa del M5s all’Europarlamento, ha precisato che anche i Cinquestelle vogliono “salvare i morti in mare ma ci sono le ambulanze del mare e ci sono i taxi”.