Lo scoop del giornale si riferisce a un incontro ufficiale avvenuto alla Casa Bianca fra il tycoon e il ministro degli Esteri russo Lavrov. E' stato liquidato come "fake news" dal Cremlino, e anche il presidente Usa si difende: "Volevo condividere alcuni fatti relativi al terrorismo e alla sicurezza dei voli aerei". Fonti Ue: "A rischio condivisione delle informazioni con gli Stati Uniti"
L’accusa arriva dalle colonne del Washington Post: il presidente Usa Donald Trump ha rivelato segreti dell’intelligence al ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov sull’Isis e sul terrorismo nel corso di un incontro alla Casa Bianca. Uno scoop che il Cremlino, tramite la portavoce del ministero degli esteri Maria Zakharova, liquida come “fake news”. Stessa posizione, seppure con parole diverse, del consigliere per la Sicurezza nazionale, Herbert Raymond McMaster che dice: “Questa storia, così come è stata raccontata, è falsa”. Sul caso interviene direttamente anche il presidente Usa su twitter: “Come presidente volevo condividere con la Russia (in un incontro alla Casa Bianca programmato ufficialmente), cosa che ho assolutamente il diritto di fare, alcuni fatti relativi al terrorismo e alla sicurezza dei voli aerei. Per ragioni umanitarie, inoltre, voglio che la Russia faccia grandi passi avanti nella sua lotta contro l’Isis e il terrorismo”.
E dopo avere spiegato le sue ragioni, scrive ancora sul sito di microblogging: “Ho chiesto al direttore Comey (il capo dell’Fbi rimosso da Trump che indagava sui suoi rapporti con la Russia, ndr) e ad altri, dall’inizio della mia amministrazione, di trovare le talpe nella comunità dell’intelligence”. Ma quanto succede negli Stati Uniti scuote anche l’Europa: fonti ufficiali all’Associated Press hanno infatti rivelato che i paesi Ue potrebbero smettere di condividere informazioni di intelligence con gli Usa qualora le notizie pubblicate dal Wp si rivelassero fondate.
“La fonte delle informazioni è Israele” – Secondo le denunce del Washington Post, che cita funzionari attuali e passati dell’amministrazione, le informazioni rivelate da Trump a Lavrov e all’ambasciatore russo a Washington Kislyak sono state fornite da un importante alleato degli Stati Uniti in base a un accordo di condivisione dell’intelligence, ma i dettagli, data la delicatezza del tema, non sono invece stati trasmessi. L’alleato, sottolinea il quotidiano, non aveva dato agli Stati Uniti l’autorizzazione a condividere il materiale con la Russia. Secondo il New York Times, a fornire le informazioni era stato Israele, Paese nel quale il capo della Casa Bianca si recherà la prossima settimana.
Dopo l’incontro al centro delle polemiche, alcuni funzionari della Casa Bianca avrebbero tentato di ‘contenere i danni’ delle rivelazioni, informando dell’accaduto Cia e Nsa che, interpellate dal giornale, non hanno voluto commentare. Trump avrebbe rivelato anche la città nel territorio dell’Is in cui il partner degli americani avrebbe rilevato la minaccia. Al corrente di ulteriori dettagli del piano, tra cui il nome della città, il Washington Post ha deciso di non rivelarli, su richiesta di funzionari dell’amministrazione, per evitare che vengano compromesse le capacità di intelligence. Durante il meeting, scrive il giornale, Trump ha parlato al responsabile delle relazioni internazionali di Mosca della possibilità che i jihadisti usino computer portatili per fare un attacco terroristico contro voli commerciali.
Corker (repubblicano): “Clima preoccupante” – Ma non c’è solo il Washington Post: perché a sostenere la veridicità dello scoop è anche Buzzfeed. Due funzionari dell’amministrazione repubblicana confermano al sito quanto pubblicato dal Wp: una delle fonti, messa al corrente dopo l’incontro della scorsa settimana nello Studio Ovale, ha rivelato che quanto è successo tra il presidente Trump, il ministro russo Lavrov e l’ambasciatore di Mosca Serghiei Kislyak “è molto peggio di quanto scritto finora”.
La difesa dei vertici governativi arriva da McMaster e dal segretario di Stato Rex Tillerson. Il consigliere per la Sicurezza nazionale, presente all’incontro tra Trump e Lavrov, assicura che “il presidente non ha rivelato alcuna operazione militare che non fosse già nota pubblicamente“, sottolineando come quanto da lui sostenuto debba valere più di rivelazioni di fonti anonime. Tillerson, invece, in una nota precisa che durante l’incontro “è stata discussa un’ampia gamma di temi, tra cui le minacce e gli sforzi comuni contro il terrorismo. Durante questo scambio, è stata discussa la natura di minacce specifiche, ma non sono stati discussi metodi, fonti o operazioni militari“. E anche Zakharova insiste sulla falsità delle notizia: “I giornali americani nell’ultimo periodo non bisogna leggerli: oltre che far male alla salute sono pericolosi”, ha scritto su Facebook ricordando di aver annunciato già lo scorso 11 maggio l’arrivo di “scoop” sull’incontro tra Lavrov e Trump.
Le precisazioni di McMaster e Tillerson non sono però bastate a frenare gli attacchi dell’opposizione democratica, né le perplessità di alcuni esponenti del Gop. Bob Corker, presidente repubblicano della commissione Esteri del Senato, ha parlato di “una spirale negativa” nella quale si è avvitata la Casa Bianca, dove la mancanza di disciplina sta creando “un clima preoccupante”. Durissimo il commento del leader della minoranza democratica al Senato, Chuck Schumer: “Rivelare informazioni classificate a questo livello è estremamente pericoloso e mette a rischio le vite degli americani e di quelli che raccolgono informazioni di intelligence per il nostro Paese”.
Fonti Ue: “Possibile stop alla condivisione di dati” – Se le accuse fossero vere, i Paesi dell’Ue potrebbero smettere di condividere informazioni di intelligence con gli Stati Uniti. Lo riferiscono fonti ufficiali europee all’Associated Press. Il funzionario europeo ha spiegato che il suo Paese, che ha chiesto esplicitamente di non rivelare, potrebbe prendere la decisione”perché potrebbe essere pericoloso per le nostre fonti”.
Quello che ha fatto Trump è legittimo? – Gli esperti sono divisi, ma il New York Times ritiene che il presidente abbia il potere e l’autorità legale per declassificare o rivelare qualsiasi cosa. “La designazione di una informazione come segreto nazionale è considerato parte dei poteri costituzionali del presidente come commander in chief“, scrive il quotidiano. Ma, secondo il giornale, “apparentemente” Trump non ha declassificato l’informazione passata ai russi e, nonostante la dichiarazione di ieri che esclude qualsiasi problema, “l’amministrazione ha implorato i reporter del Wp – autore dello scoop, ndr – di non pubblicare i dettagli nel timore che la loro diffusione danneggi la sicurezza nazionale“. Se chiunque altro avesse fatto ciò che ha fatto Trump, sottolinea il Nyt, avrebbe perso il lavoro e il nulla osta di sicurezza e avrebbe potuto essere indagato in base allo Espionage act, che punisce il reato con una pena sino a 10 anni. In ogni caso, conclude il quotidiano, la rivelazione di Trump potrebbe minare la condivisione dell’intelligence ed esporre il presidente alle accuse di doppi standard, dopo aver criticato Hillary Clinton nel Mail-gate per la sua gestione delle informazioni classificate.
Il “sospetto” di Dershowitz – “Questa è una delle più gravi accuse mai fatte contro un presidente in carica”. Alan Dershowitz, noto avvocato ebreo-americano di New York, intervistato dalla Cnn, commenta così il caso sollevato dal Washington Post. E insinua che dietro le informazioni top secret che Trump avrebbe passato a Sergei Lavrov ci sia una fonte israeliana. Dershowitz si è anche chiesto quale sia l’importante alleato che aveva fornito l’informazione agli Usa, ponendosi la domanda se si tratti di Israele o della Giordania, paesi che hanno importanti fonti di intelligence in Siria. La Russia, ricorda il quotidiano israeliano Haaretz nel rilanciare la notizia, è alleata di Iran e Siria, fra i principali nemici di Israele nella regione. Già a gennaio, scrive ancora Haaretz, un giornalista investigativo israeliano aveva riferito che l’intelligence americana aveva avvertito i colleghi israeliani a non condividere informazioni riservate con l’amministrazione Trump. A quanto si leggeva allora, i servizi Usa ritenevano che il Cremlino disponesse di “leve di pressione” sul presidente americano. L’avvertimento avrebbe sollevato preoccupazioni nell’intelligence israeliana, specie nel timore che informazioni importanti potessero arrivare, via Mosca, all’Iran, la Siria e la milizia sciita degli hezbollah.