Quanti miliardi di euro ci verrà ancora a costare la breve e disastrosa esperienza del primo governo Renzi? Difficile dirlo, anche perché il conto arriva a rate, anno dopo anno. E’ il caso ad esempio delle concessioni autostradali prorogate senza bando di gara in violazione delle regole europee: è dal 2014 che la Commissione europea ammonisce l’Italia e che Roma tenta di convincere Bruxelles a concedere la proroga con i più diversi escamotage. Mesi, addirittura anni, di trattative sul nulla. Poi, puntuale, arriva l’apertura della procedura di infrazione che ci verrà a costare centinaia di milioni di euro.
Non è un fulmine a ciel sereno, ma il risultato di una politica volta a favorire l’interesse privato dei concessionari (leggasi Autostrade per l’Italia, gruppo Gavio, gruppo Toto e tanti altri minori tra cui società miste pubblico-privato) a scapito di quello pubblico. Mai in Italia una concessione autostradale è stata messa a gara, nemmeno quelle scadute. Nel 2014 il governo Renzi aveva tentato di eludere le regole europee con una norma all’interno del decreto “Sblocca Italia” che concedeva la proroga delle concessioni, ma la Ue si era messa di traverso.
Ciononostante il governo è andato avanti per la sua strada e ora arriva il primo risultato di quella scelta: la Commissione presieduta da Jean-Claude Juncker ha deferito l’Italia alla Corte di Giustizia Ue per il mancato rispetto da parte dell’Italia degli impegni presi nel caso dell’autostrada Tirrenica Civitavecchia-Livorno, la cui concessione è stata prorogata di 18 anni senza bandire alcuna gara. Le misure proposte dall’Italia per cercare di chiudere la controversia, tra cui il divieto per il concessionario a svolgere lavori in-house, non sono state giudicate sufficienti da Bruxelles e, per colmo della beffa, ci troveremo a pagare una sanzione pesantissima per un’autostrada che non si farà nemmeno più. Ma in ballo non c’è solo la Tirrenica: sono molte le concessioni prorogate senza gara, a partire dall‘Autostrada del Brennero di cui ha diffusamente scritto su questo giornale Dario Balotta, e il rischio che la Commissione apra altre procedure d’infrazione è molto concreto, tanto che il governo punterebbe ora “a una soluzione omnicomprensiva” condivisa con Bruxelles sull’annosa (e scandalosa) questione delle concessioni.
E fossero solo le autostrade: l’Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia anche per la mancata chiusura e bonifica di 44 discariche che “costituiscono un grave rischio per la salute umana e l’ambiente”. Bonifiche e adeguamenti normativi avrebbero dovuto essere fatti entro il 2009 per tutti i siti entrati in funzione prima del luglio 2001, ma in tutti questi anni è stato fatto poco o niente e i continui richiami di Bruxelles (l’ultimo è del 2015) sono rimasti inascoltati. Inevitabile quindi l’apertura della procedura d’infrazione che nel caso delle discariche rischia di costare all’Italia un occhio della testa. A questi due casi di “buongoverno” se ne aggiunge anche un terzo: quello delle acque reflue. Non si è ancora arrivati al deferimento alla Corte di Giustizia, ma sarà il prossimo passo dato che da oltre 10 anni l’Italia “non garantisce che tutti gli agglomerati con più di 2mila abitanti dispongano di adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue urbane secondo quanto disposto dalla normativa dell’Unione Europea”. Se non ci si adegua entro due mesi, il deferimento sarà automatico. Ma che importa, alla fine a pagare siamo noi.