Non c’è pace nel carcere padovano Due Palazzi, da alcuni anni al centro di inchieste per spaccio di droga e traffici di telefoni o video hard da parte dei detenuti. Proprio a seguito di quegli accertamenti giudiziari, adesso si ritrova nell’elenco degli indagati perfino l’ex direttore Salvatore Pirruccio, ma per fatti completamente diversi, anche se portati alla luce da un’ispezione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria motivata dalla scoperta dei primi illeciti.
Pirruccio, che ha 64 anni e ha diretto la casa di detenzione per tredici anni, fino all’ottobre 2015, ricopre da questa data il ruolo di vicario dell’amministrazione penitenziaria del Triveneto che ha sede a Padova. L’ex direttore è sospettato di aver riservato un trattamento di favore a una dozzina di detenuti, il cui status penitenziario sarebbe stato declassato rispetto al regime di alta sicurezza previsto per coloro che si sono macchiati dei reati più gravi o fanno parte di organizzazioni criminali mafiose o dedite al traffico di stupefacenti. Quei reclusi erano così stati classificati come “comuni”. La procedura è possibile, ma deve seguire determinati percorsi, attraverso la certificazione di una commissione. Per questo il direttore è stato indagato per falso.
Alcuni degli ospiti del Due Palazzi erano impegnati in attività lavorative gestite da cooperative sociali, tra cui la cooperativa Giotto guidata da Nicola Boscoletto, specializzata nella realizzazione di panettoni e prodotti di pasticceria. Alcuni anni fa nel carcere padovano fu tolta la sezione di massima sicurezza e quindi una parte dei detenuti avrebbe dovuto essere trasferita in una struttura dotata di quelle caratteristiche. Fu allora che per alcuni detenuti scattò il declassamento, che avrebbe avuto lo scopo di farli restare a Padova.
A condurre l’inchiesta sono il procuratore Matteo Stuccilli e il sostituto procuratore Sergio Dini. Tutto ha preso avvio a fine 2014 quando si presentarono al Due Palazzi gli ispettori del Dap. Nel 2015 si discusse della chiusura della sezione padovana di alta sicurezza che ospitava 85 persone, con diverse graduazioni di regime. In quella occasione il direttore Pirruccio avrebbe manifestato l’orientamento di escludere dai trasferimenti quelli che avevano cominciato un percorso di rieducazione attraverso la scuola, corsi professionali o attività di lavoro. Il Dap però decise di chiudere il reparto, con il conseguente trasferimento di parte dei detenuti. Per una dozzina il direttore firmò, invece, i provvedimenti che modificavano il regime penitenziario con la giustificazione del raggiungimento di risultati positivi nel percorso di recupero. Secondo gli inquirenti, l’Ordinamento penitenziario prevede che i singoli casi vengano valutati da una commissione, che ha come presidente il direttore del carcere e come componenti educatori e psicologi. Ma in quei casi il ruolo svolto dalle commissioni sarebbe stato marginale. I detenuti, quindi, non tornarono liberi, ebbero solo un trattamento meno repressivo.
Secondo il Dap, il direttore avrebbe subito una forma di condizionamento da parte di alcune cooperative che gestiscono il lavoro all’interno del carcere e anche di “Ristretti Orizzonti” il giornale al quale collaborano gli stessi detenuti che si occupa dei più scottanti temi del pianeta carcerario e che in passato organizzò numerosi convegni all’interno della casa di reclusione.