Oramai in Italia i principi costituzionali vengono sistematicamente infranti. La cosa ancor più assurda è che tali principi molto spesso vengono infranti da coloro che sovente si ergono a paladini della Costituzione.
Parliamo dell’ultima assurdità relativa alla pubblicazione di un’intercettazione, che non ha rilevanza penale, di una telefonata tra il padre di Matteo Renzi e lo stesso segretario del Pd. La conversazione risale al 2 marzo scorso. Ed è contenuta in un libro, che uscirà domani, di Marco Lillo, giornalista del Fatto quotidiano.
Vari sono i commenti e le analisi da fare, per prima cosa il contenuto.
In detta conversazione Matteo Renzi chiede al padre spiegazioni su alcune accuse rivolte dalla stampa e su determinate circostanze. Il segretario del Pd usa massima serietà e chiede al padre la massima trasparenza e verità, cosa comprensibile ed umanamente logica. In quella telefonata emerge in modo chiaro e pulito l’onestà morale di Matteo Renzi: assalito dal legittimo dubbio chiede al padre la verità. Si scoprirà, poi, quello che i carabinieri del Noe di Napoli avevano fatto ed omesso, aspetti sui quali indaga ora la Procura di Roma.
Insomma si pubblica un’intercettazione priva – ripeto – di aspetti di rilevanza penale per fini abbastanza evidenti. Ma la domanda è un’altra: dopo neanche due mesi dalla telefonata, come è possibile che quella conversazione sia già finita in un libro? Su tale aspetto la Procura di Roma ha già aperto un fascicolo per violazione dei segreti istruttori e per la pubblicazione arbitraria di un’intercettazione.
Come è facile sapere, un’intercettazione non è pubblica fino a quando l’indagine non è chiusa. Neanche gli avvocati delle parti coinvolte possano avere notizia in merito; talvolta neanche i giudici ma solamente i pm interessati. Quindi la fonte molto probabilmente deve essere molto interna. A quale scopo certe intercettazioni vengono passate a determinati giornalisti? Per quale utilità? E’ normale che in uno Stato di diritto ci siano parti della stessa Procura che fanno uscire in maniera mirata notizie e telefonate private che non hanno neanche rilevanza penale? E’ questo il giornalismo utile al Paese? Violare la legge per pubblicare una telefonata privata per far pubblicità ad un proprio libro?
Questo modo di operare preoccupa veramente tanto, perché i danni sono molteplici. Per prima cosa si scredita l’operato della Magistratura e la bontà delle stesse indagini. Come si può avere fiducia dell’imparzialità degli inquirenti se sovente e in modo mirato passano notizie coperte dal segreto istruttorio? Il tutto senza che ci sia neanche un minimo di rilevanza penale in dette conversazioni. Una parentesi di vita privata che non fa altro che confermare l’indiscussa trasparenza di Matteo Renzi.
Può piacere o no ma qui il partito di appartenenza non c’entra: in questa vicenda emerge in modo chiaro la violazione di principi cardine del nostro sistema penale e di diritto. Renzi potrà stare antipatico o meno ma questa assurda pubblicazione a distanza di neanche due mesi dall’accaduto è un record mondiale di inciviltà e barbarie giuridica. Si possono avere idee diverse in politica ma certi livelli di violenza mediatica non possono essere tollerati. A cosa e a chi servono certi modi e certe eclatanti violazioni?
Ed allora se è plausibile che determinate informazioni vengano apprese ancor prima di essere pubbliche da determinati giornalisti è pur vero che le stesse persone possano informare anche in maniera preventiva le altre persone amiche. Insomma queste intercettazioni non preoccupano assolutamente per il loro contenuto ma aprono un grande vaso di Pandora sul sistema giudiziario-giornalistico di determinate procure e giornali. La libertà di stampa è sacra, è sacra però anche la libertà personale e i principi costituzionali ad essa collegati.
E’ il momento che si rifletta veramente e nell’interesse collettivo. L’Italia non può continuare ad essere distratta da finti scoop giudiziari ma ha bisogno di sentenze definitive e di controlli seri anche per chi la legge la deve per primo far rispettare.
La risposta del direttore Peter Gomez
Caro Viola,
il criterio che in tutte le democrazie liberali regola la pubblicazione delle notizie (anche se contenute in intercettazioni) non è la loro eventuale rilevanza penale, ma l’interesse pubblico. I giornalisti hanno infatti il dovere di violare ogni tipo di segreto (sia esso di Stato o giudiziario) pur di portare a conoscenza dei cittadini fatti che siano importanti per la vita della collettività. Ovviamente quando lo fanno possono subire delle conseguenze: perquisizioni, interrogatori, condanne. Lo sanno e, quelli con la schiena dritta, accettano il rischio.
La prima domanda che dobbiamo farci è dunque se questa intercettazione sia rilevante per la pubblica opinione. Tu stesso di fatto lo ammetti: sostieni che leggendola hai potuto apprezzare come davvero il segretario del Pd sia una persona corretta visto che invitava suo padre, indagato nell’ambito di una vicenda molto grave (un appalto pubblico Consip da 2,7 miliardi), a dire la verità. Ovviamente, per contrappunto, è pure rilevante il fatto che Renzi non credesse alle parole del padre. Una diffidenza non causata dal contenuto del rapporto del Noe, ma dalla lettura di un’intervista a Repubblica di un noto esponente del Pd napoletano in cui l’intervistato sosteneva di aver saputo di un incontro tra l’imprenditore Alfredo Romeo (poi arrestato) e il padre di Renzi.
Nel tuo post glissi però su un’altra notizia ancora più importante. L’ex premier dice al padre: “In passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro”. Tutti i giornali scrivono che il riferimento è alle bugie che Tiziano avrebbe detto pure all’attuale ministro Luca Lotti.
Grazie all’intercettazione apprendiamo insomma un fatto inedito: Lotti e Tiziano discutevano dell’indagine. La cosa è importante perché Lotti è sotto inchiesta per favoreggiamento e violazione di segreto: secondo la testimonianza del numero uno di Consip Luigi Marroni, è stato lui avvertito dell’esistenza dell’indagine su Consip e a spingerlo a far bonificare il proprio ufficio dalle microspie degli inquirenti. Tiziano Renzi è invece sotto inchiesta proprio per l’attività che l’imprenditore Alfredo Romeo voleva mettere in atto per condizionare le scelte della Consip.
Matteo Renzi sulla questione sorvola esattamente come te. Non dice pubblicamente una parola. Nemmeno per sostenere che il Luca in questione sia una persona diversa da Lotti.
Per te però tutto questo non è importante perché, scrivi, è irrilevante penalmente. Nessuno però è in grado di affermarlo con certezza. La rilevanza penale, come sai, la stabilisce un giudice, non un pm. Tanto più che ora si discute dell’utilizzabilità processuale dell’intercettazione, non del loro peso come elemento di prova.
Per quanto mi riguarda penso però che tu nella tua attività di avvocato se mai ti trovassi ad assistere la parte civile in questo processo (nel caso in cui si arrivasse a un rinvio a giudizio) ti sentiresti in dovere, davanti a un colloquio come questo, di chiedere l’audizione come testimone del segretario del tuo partito. Sapere cosa si dicevano un indagato per traffico illecito di influenze e un indagato per favoreggiamento è infatti importante per chi deve giudicare. E l’unico che può raccontare cosa è accaduto è proprio Renzi. Tiziano e Lotti essendo sotto inchiesta hanno infatti il diritto di mentire o di non parlare.
Vedi, proprio per questo rispettare la Costituzione vuol dire dare modo ai cittadini di essere completamente e compiutamente informati su ciò che fa chi si trova al potere. Sia esso un politico, un giudice o un pubblico ministero. Per questo la stampa non può essere sottoposta a censura (come tu stesso ricordi), perché è la stampa ad avere il diritto costituzionale di fare le pulci a chi amministra un qualsiasi potere.
Questo principio era chiaro a tutto il tuo partito (il Pd) finché al governo c’era Silvio Berlusconi. Ora non lo è più.
Ti ricordo, a titolo di esempio, che nel tuo post “Caso Raggi, la verità oggettiva e il vangelo secondo Grillo” hai analizzato a lungo le inchieste giudiziarie sulla sindaca di Roma. E hai fatto considerazioni pure sulle polizze che l’altro Romeo (quello del M5s) aveva intestato alla Raggi. Anche quella notizia, svelata da Lillo, era coperta da segreto come questa: ma giustamente tu ti sei allora soffermato sul contenuto, non sulle modalità con cui il giornalista aveva appreso dell’esistenza della cosa. Per questo la vicenda di Roma, ma te ne potrei ricordare molte altre, dovrebbe renderti chiaro che qui quando una notizia c’è viene pubblicata. Esattamente come è accaduto in questo caso, nel caso Quarto, in quello Berlusconi e in tanti altri.
La legge non viene violata per fare pubblicità a un libro, ma per informare i lettori.
L’Italia non è infatti distratta da scoop giudiziari, ma ha invece bisogno di cittadini informati che maturino delle opinioni non solo in base alle sentenze, ma anche in base ai comportamenti dei vari attori che stanno ai vertici dello Stato. Raccontare tutto quello che accade nelle classi dirigenti è il lavoro che noi, tra tutti i nostri limiti e i nostri errori, tentiamo di fare ogni giorno. Dando la possibilità a chi come te non è d’accordo di pubblicare direttamente sul sito che dirigo il suo punto di vista. Perché davvero qui siamo disposti a dare ogni cosa per concedere a chiunque la libertà di sostenere opinioni che non condividiamo. Anche le tue.
Un caro saluto