Che sia bianco come quello dell’attuale presidente moderato in carica Hassan Rohani o nero, che testimonia la discendenza da Maometto come quello del conservatore Ebrahim Raisi, il prossimo Presidente dell’Iran avrà un turbante. Una labile dicotomia tra bianco e nero, in cui le sfumature grige vivono all’interno delle stesse fazioni. Abbiamo moderati e riformisti ‘conservatori’, ma anche conservatori in divenire, con tratti da ‘riformisti’.
Sono giorni decisivi in Iran. Le strade, le piazze, sono colme dei sostenitori dei due candidati. Il traffico rende impossibile muoversi. Il viola, colore simbolo della campagna elettorale di Hassan Rohani, utilizzato già nel 2013, continua ad imperversare; la figura di Rohani è ovunque. Il candidato moderato al suo secondo mandato, che fino a qualche settimana fa era dato per certo alle elezioni di domani, 19 maggio, sta vivendo importanti tensioni.
Mai come negli ultimi tre decenni, l’Iran si è trovato così spaccato tra il fronte conservatore e quello riformista. I quattro anni del mandato di Rohani a molti iraniani non sono affatto piaciuti, e per questo voteranno per il conservatore Raisi. A Rohani si contesta l’apertura con l’Occidente, gli accordi sul nucleare e le promesse, tante, mai mantenute. Aveva impostato la sua campagna elettorale sull’economia, a oggi non è stato fatto molto. I diritti civili, i cambiamenti, le aperture sociali, troppe promesse alla popolazione, che non sono mai arrivate. Anzi c’è addirittura chi dice che con lui siano stati chiusi alcuni siti. Le aperture ai social network e il sogno di un governo elettronico con nuove tecnologie di comunicazione non sono mai arrivate. Nel momento in cui i giovani hanno avuto più bisogno di lui, Rohani si è schierato dalla parte sbagliata.
Oggi, l’alternativa a Hassan Rohani è Ebrahim Raisi, cinquantasettenne custode del Santuario dell’imam Reza a Mashhad. Poco conosciuto al di fuori dell’Iran, ma molto apprezzato tra gli iraniani. Difficile da credere, ma fino ad oggi di lui nemmeno uno scandalo per corruzione. “Raisi è la voce del popolo”, mi racconta un ragazzo iraniano, “a differenza degli altri, lui pensa ai deboli e a creare posti di lavoro per i giovani. Siamo rimasti delusi da tutti gli altri. È per questo che in molti voteremo per lui”.
Se, da una parte, il candidato moderato Rohani gode del sostegno del nipote dell’ayatollah Ruhollah Khomeini (fondatore della Repubblica islamica) che è molto vicino ai giovani, proprio per le sue aperture moderate nei riguardi della politica e dell’Islam, si sentirà forte la mancanza di Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, uno dei padri della rivoluzione e grande regista e mediatore, scomparso nel gennaio scorso. Una figura che sostenne proprio l’elezione di Hassan Rohani.
Ma la sfida non sarà facile, poiché Rohani dovrà vedersela con questo deciso candidato conservatore che ha il forte sostegno in questa campagna elettorale, della figura più importante in Iran, la guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. In Occidente, la visione dell’Iran per anni è stata volutamente manipolata e quel che ancora arriva è l’immagine di un paese retrogrado, ostile, inaccessibile, chiuso alla modernizzazione e con gravi problemi di diritti. In parte è vero, ma solo a metà.
C’è una larga parte della popolazione in Iran di cui non parla mai nessuno, non quantificabile dalle statistiche, che è invece rimasta fedele ai principi della rivoluzione Islamica del 1979. Una parte del popolo che non vede il modello occidentale come un esempio da seguire, ma che rimane ancora legata alle proprie convinzioni religiose. Un’ampia fetta della popolazione che sostiene il ‘sistema’ iraniano, facendo proprie a sua volta tutte le decisioni della guida suprema, senza se e senza ma.
Con il sostegno dei tanti simpatizzanti e della guida suprema a Raisi, dunque, la riconferma di Rohani non è affatto scontata. Ebrahim Raisi è attualmente il “custode” della Astan Quds Razavi, la più ricca fondazione religiosa dell’intero mondo islamico, responsabile anche del santuario dell’imam Reza a Mashad, uno dei più importanti luoghi di culto sciiti. Ogni anno, circa 18-20 milioni di pellegrini decidono di visitarlo.
I paradossi iraniani si notano anche in questa campagna elettorale. Nelle ultime ore circola sui social network una foto, scattata nel corso un incontro tra i due che è stato filmato, che ritrae il conservatore Raisi accanto al famoso rapper iraniano Amir Tataloo. La foto ha destato scandalo e il quotidiano conservatore Kayan ha criticato ampiamente la scelta di Raisi. Del resto, Tataloo ha oltre 4 milioni di fan in Iran, che saranno molto utili se trasformati in voti.
Manca dunque davvero poco alle elezioni e qualcuno, ad esempio alcune tv straniere, sta diffondendo la notizia di possibili brogli nel caso la vittoria dovesse risultare quella del candidato conservatore. Alcuni temono le manifestazioni di protesta come quelle avvenute nel 2009 dopo il secondo mandato di Mohammud Ahmadinejad. Questa volta però non ci sono inganni, sono le piazze a parlare, le folle per Raisi non sono invenzioni e non ci sono merendine o kebab regalati, come spesso viene detto nelle manifestazioni a sostegno del regime.
Piazze colme per Rohani e stracolme anche per Raisi, che in uno dei discorsi ha dichiarato “non vogliamo tornare al passato, tantomeno rimanere come siamo oggi”. Non resta dunque che attendere l’esito di queste elezioni all’ultimo respiro, che avrà notevoli conseguenze in tutta l’area mediorientale. L’augurio è che sia il turbante nero, sia quello bianco riescano prima di tutto a soddisfare le richieste del popolo e a mantenere le promesse che a oggi ancora sembrano un’utopia.