“La crisi è ora alle nostre spalle”. Tempo di ottimismo per Mario Draghi che ricorda come la crisi abbia creato “condizioni fertili per dare voce alla retorica nazionalista e populista” ma ci ha anche portato “a migliorare la nostra conoscenza delle forze politiche ed economiche, e quindi a tradurre questa nuova conoscenza in azione. In questo modo la crisi ha finito col rivelarsi una distruzione creativa che alla fine ha dato forma alla nostra risposta politica“. E, a valle delle elezioni francesi ed olandesi, secondo il governatore della Bce “ora la maggioranza silenziosa ha ritrovato la sua voce, il suo orgoglio e la fiducia in se stessa”.

All’Università di Tel Aviv, in Israele, dove ha ricevuto un dottorato honoris causa, Draghi ha fatto il punto sull’economia, forte di una crescita doppia degli Usa nel primo trimestre dopo il sorpasso avvenuto nel 2016. “La ripresa dell’Eurozona è solida e sempre più ampia fra i Paesi e settori” economici, con “cinque milioni di occupati in più rispetto al 2013″, ha detto. Segnali di ottimismo che si accompagnano al rilancio del progetto europeo da parte dell’istituzione, la Bce, forse più attiva di tutte nella difesa e rafforzamento dell’euro degli ultimi cinque anni: c’è “un’onda crescente di energia nel chiedere un’azione unitaria europea. L’Ue e l’euro hanno sempre avuto il sostegno della maggioranza dei cittadini europei, ma spesso si sentiva solo una opposizione rumorosa”. Ora, dice Draghi forte della vittoria di Macron in Francia e del voto in Olanda, con un voto pro-Europa praticamente assicurato in Germania e il ritorno dell’asse franco-tedesco (la principale incognita rimane l’Italia), “la maggioranza silenziosa ha ritrovato la sua voce, il suo orgoglio e la fiducia in se stessa”.

Era tempo che Draghi non parlava con toni così “politici” ed è l’occasione per chiamare i Paesi all’azione: ora bisogna affrontare le riforme strutturali, eterne incompiute, e le sfide poste non solo dall’architettura dell’Unione economica e monetaria incompleta, ma anche da migrazioni, difesa comune, sicurezza: lo si può fare – dice Draghi – “solo mettendo insieme sovranità“. Se l’ottimismo di Draghi sulla ripresa lascia intravedere un possibile segnale di cambio di marcia alla riunione di giugno sulle politiche della Bce, va ancora più in questa direzione la presa di posizione di Benoit Coeuré: il consigliere esecutivo della Bce, alla Reuters, ha avvertito del rischio di una “eccessiva gradualità” nel cominciare a ritirare le misure straordinarie di Francoforte. Già a fine marzo l’economista francese aveva detto che mettere in discussione l’attuale tabella di marcia, che prevede di terminare prima le immissioni di liquidità nel sistema tramite il quantitative easing e poi rialzare i tassi, non è un “tabù”. Oggi torna su quel tasto, dichiarando che non si tratta di una decisione “incisa nella pietra”.

E’ chiaro la discussione nel consiglio Bce si sta vivacizzando in vista dell’appuntamento dell’8 giugno a Tallinn, dove si potrebbe indicare un’inversione di marcia in arrivo, e ancor più della decisione da prendere entro fine anno sul futuro del quantitative easing. Lo rivelano gli stessi verbali della riunione di fine aprile a Francoforte: il consenso sul fatto che i rischi sono scesi ulteriormente da marzo è “generale”, non unanime, con alcuni Paesi più deboli che ritengono prematuro cantare vittoria. Consenso “ampio”, anche qui non unanime, sulla tenuta dell’inflazione, con il fronte capitanato dai tedeschi che vorrebbe dichiarare missione compiuta.

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