Non sono giornate facili per FCA. E’ di ieri la notizia dell’apertura di una procedura d’infrazione da parte dell’Unione Europea contro l’Italia, rea di aver “coperto” l’azienda sulla questione delle emissioni fuori dalla norma di alcuni modelli, tra cui la Fiat 500X. A stretto giro di posta, è arrivata anche la bordata d’oltreoceano: il Dipartimento di Giustizia americano è pronto a citare in giudizio FCA in seguito alle anomalie proprio sulle emissioni nocive riscontrate dall’Epa, l’agenzia per la protezione ambientale americana.

Il 12 gennaio scorso, pochi giorni prima dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, proprio l’Epa aveva tirato in ballo FCA accusandola di aver violato le norme del Clean Air Act: ben 104 mila modelli del gruppo, tra cui Jeep Grand Cherokee e Dodge Ram fabbricati tra il 2014 e il 2016 ed equipaggiati da un motore 3.0 a gasolio, avrebbero disposto di un defeat device nella forma di un software capace di eludere i controlli sulle emissioni nocive. Per l’appunto, l’accusa che i giudici del Dipartimento di Stato stanno preparando contro FCA.

Una situazione simile, anche se non identica, a quanto accaduto con la vicenda Dieselgate. Il gruppo Volkswagen ha già pagato circa 25 miliardi di dollari tra cause, risarcimenti e adeguamenti dei modelli, mentre l’esborso che dovrebbe sostenere FCA solo in sanzioni qualora le accuse venissero ritenute fondate sarebbe di oltre 4,6 miliardi di dollari (44.539 per ogni veicolo). Importo calcolato dalla stessa Epa.

Dal canto suo, FCA ha sempre negato di aver dotato i propri veicoli di qualsiasi congegno atto ad aggirare i test sulle emissioni. “Non abbiamo defeat device”, aveva sentenziato Sergio Marchionne a gennaio. Una posizione netta, che tuttavia lo stesso numero uno dell’azienda aveva provveduto ad ammorbidire il mese scorso: “potremmo aver commesso degli errori, ma non abbiamo mai provato a violare le regole”. In caso di fallimento dei negoziati in corso e dunque dell’avvio di un processo, tuttavia, l’azienda fa sapere con una nota che “si difenderà con forza, in particolare contro ogni accusa di avere deliberatamente installato congegni ingannevoli per aggirare i test”.

Anche perché quel che non è mancato in questi mesi, a detta della divisione americana, è stata la collaborazione e lo scambio continuo di informazioni tra FCA e le autorità competenti americane: l’Epa (che tra l’altro non ha ancora dato l’omologazione per i Grand Cherokee e Ram model year 2017) ma anche il Carb, ovvero il potente California air resources Board, anch’esso coinvolto nei controlli. Ma evidentemente le spiegazioni fornite non sono state esaustive, se come risulta alle fonti di Bloomberg il Governo Usa si appresta a far causa a FCA entro pochi giorni.

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