L’impeachment per Donald Trump si avvicina a grandi passi. Dopo le elezioni di Midterm del 2018 il peggior presidente Usa di tutti i tempi passerà la mano al suo vice Michael Pence. Una facile previsione? Sì, visto che, pur lentamente, sta venendo alla luce la verità: tra i partner in affari di Trump ci sono oligarchi russi e mafiosi condannati. Il che potrebbe far ricadere l’ex impresario di casinò in una situazione di colpevolezza per una serie di gravissime accuse legate al reato di associazione a delinquere.
Lo si deduce, senza se e senza ma, guardando un documentario olandese di 45 minuti trasmesso recentemente, intitolato “The dubious friends of Donald Trump, Part 1: The russians”.
La prima puntata di questa serie di report investigativi, prodotta da Zembla, riesce in ciò che nessuna rete televisiva americana ha ancora osato fare: compiere un’analisi approfondita dei legami con la criminalità organizzata tra Trump e i suoi partner, nella gestione di diverse proprietà immobiliari. Le connections tra Trump, il genero Kushner, Netanyahu, Putin, la setta Chabad, il re dei diamanti Leviev e molti altri personaggi di contorno sono documentate con impressionante accuratezza, con un corredo di grafici, interviste, documenti di tribunale.
Il documentario parte da uno dei grattacieli di lusso costruiti da Trump a New York, il Trump SoHo Hotel, nel quartiere di Lower Manhattan a Soho. Suo partner nell’impresa di costruzione era Bayrock LLC, il cui investitore principale è un oligarca kazako del settore minerario mentre un altro socio importante è un mafioso russo noto alla giustizia Usa di nome Felix Sater (nella foto Donald Trump con Tevfik Arif, cittadino del Kazakhstan titolare del Bayrock Group, partner della Trump Organization, e Felix Sater, il russo condannato due volte per mafia, ndr).
“Perché il programma “60 Minutes” (della CBS) ha tralasciato la storia di Bayrock nel 2016? Perché ABC News passò sopra la storia della Trump Tower di Soho nel 2015? Perché nessun importante network TV degli Stati Uniti ha prodotto un documentario come questo olandese?”, si chiede James Henry, un avvocato ‘corporate’ trasformatosi in giornalista investigativo che scrive per DCReport.org.
Il documentario mostra anche diversi spezzoni di intervista con l’avvocato Frederick M. Oberlander secondo cui Trump ha aiutato a nascondere l’identità mafiosa dei suoi partner in affari, il che ha dato origine a una causa penale attualmente in corso (per associazione a delinquere; ma i documenti sono sigillati dal tribunale).
Al nocciolo, gli oligarchi russi (o post-sovietici) hanno considerato le proprietà di Trump come uno dei canali privilegiati per fare uscire illegalmente grandi quantità di denaro dalla Russia e dal Kazakistan tramite un reticolo finanziario di sigle e società offshore. Insomma uno schema perfetto per il riciclaggio di denaro sporco.
Trump in pratica, nel periodo in cui i suoi hotel e casinò di Atlantic City finirono in bancarotta (accadde sei volte, nessuna banca gli prestava più soldi) fu salvato finanziariamente da russi e kazaki.
Il video evidenzia un altro particolare clamoroso: lo studio legale del consigliere politico e amico personale di Trump, l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, ha contribuito a creare un conto bancario ad hoc allo scopo di riciclare denaro tramite una società allocata nei Paesi Bassi. La cifra: 250 milioni di dollari, provenienti da Bayrock. Tutto documentato.
La pista finanziaria descritta nel filmato ovviamente corrobora la tesi, niente affatto cospirazionista, sul fatto che Trump abbia licenziato giorni fa il direttore dell’Fbi James Comey per ovvi, anche se inauditi, motivi. Si ricade in un’ipotesi di casistica legale di grave violazione costituzionale: ostruzione di giustizia. Per questo l’impeachment non è unicamente materia per l’opposizione democratica, ma diventa un dovere civico costituzionale.
L’indagine dell’Fbi avviata da Comey sulle collusioni tra la campagna elettorale di Trump con la Russia stava senza dubbio per gettar luce in questo mondo di loschi business, denaro riciclato e partner commerciali di zero reputazione in cui si trova invischiato (da molti anni) l’attuale presidente degli Stati Uniti. Il famoso “you’re fired” di Trump per Comey era scontato.
E’ l’inizio della fine per la superpotenza americana e per il suo capitalismo fuori controllo e senza ritegno? Vedremo. Certamente uno come Trump non doveva essere eletto alla Casa Bianca. Adesso tutto è maledettamente successo e complica la geopolitica mondiale.