Il “saccheggio spietato” del Centro di accoglienza di Isola Capo Rizzuto, in mano alla cosca Arena, fu ideato dal parroco della chiesa di Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto. E la ‘ndrangheta, considerati gli ottimi affari che riusciva a fare con i soldi pubblici destinati ai migranti, pensava di andare anche oltre: vincere l’appalto per la ristorazione del Senato della Repubblica. È questa la storia che racconta il gip di Crotone Abigail Mellace nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dopo gli interrogatori di garanzia. Il presidente della Misericordia di Isola Capo Rizzuto Leonardo Sacco e il prete don Edoardo Scordio restano in carcere. Nei giorni scorsi, infatti, su richiesta del procuratore Nicola Gratteri e dell’aggiunto Vincenzo Luberto sono stati eseguiti 68 provvedimenti di fermo nei confronti degli indagati dell’inchiesta “Jonny”  per quegli oltre 100 milioni di euro arrivati in provincia di Crotone per l’accoglienza dei migranti negli ultimi 10 anni, di cui ben 32 sono finiti in mano alla ‘ndrangheta. Un fiume di denaro intercettato dalla cosca Arena solo grazie a “una vera e propria ‘proposta di affari’ che la consorteria ha ricevuto da un insospettabile personaggio, don Edoardo Scordio, parroco della chiesa Maria Assunta di Isola Capo Rizzuto e fondatore dell’associazione di volontariato Misericordia”.

È stato proprio il prete (e non il contrario, ndr) secondo la Dda di Catanzare a proporre “ai vertici della cosca Arena-Gentile-Nicoscia di costituire e affidare alla gestione di sodali di fiducia le imprese cui affidare l’erogazione dei servizi più remunerativi quale quello della somministrazione dei pasti, in modo tale da – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – permettere a queste di accaparrarsi, attraverso un sistema di fatture gonfiate tese a documentare prestazioni e costi in realtà mai sostenuti, la quasi totalità delle risorse stanziate”. Non è un caso, infatti, che finanzieri, carabinieri e poliziotti abbiano documentato una quantità di pasti inferiore rispetto al numero dei migranti ospitati al Cara di Isola. Quantità ma anche qualità. Il procuratore Gratteri in conferenza stampa aveva parlato di cibo che “solitamente si dà ai maiali”.

Tutto era funzionale all’organizzazione: una parte dei milioni di euro, che dovevano servire per l’accoglienza, confluiva nelle casse della parrocchia di don Scordio, mentre un’altra parte doveva essere destinata al suo “figlioccio adottivo, il governatore della Misericordia Leonardo Sacco che, a sua volta, “doveva garantire e assicurare la perfetta attuazione del sistema”. “I neri sono un importante business per la nostra organizzazione criminale”. È la frase di Sacco intercettata dalla Direzione distrettuale antimafia e riportata dal giudice per le indagini preliminari che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare. In questa frase “è racchiusa tutta la capacità dell’indagato e del suo complice, quel parroco di cui tutti da tempo ad Isola parlano non per le sue opere a difesa dei più deboli ma per avere trasformato la Misericordia e la struttura di Accoglienza Sant’Anna in centri di potere mafioso dove lavorano i sodali e i loro amici, dove vengono incamerate, sotto gli occhi di distratte istituzioni, ingenti somme di denaro pubblico, dove si creano società ed associazioni che, apparentemente pulite, inquinano infiltrano altri settori della società civile”.

Don Edoardo Scordio per il giudice per le indagini preliminari è “l’ideatore del piano criminale che ha portato alla nascita della stessa organizzazione”. Ecco perché, secondo gli inquirenti, il parroco è “a tutti gli effetti un esponente di rilievo della stessa associazione mafiosa”. “Gravissimo – scrive il giudice – è il quadro indiziario che sorregge l’imputazione a carico dell’indagato (don Scordio, ndr) che, si precisa, nel corso dell’interrogatorio non ha fornito alcun elemento idoneo a scalfire la ricostruzione accusatoria”.

Dall’inchiesta “Jonny”, infatti, viene fuori “connubio fra mafia ed istituzioni ecclesiastiche, quali la parrocchia e la Misericordia di Isola”. Questo “dimostra la straordinaria capacità della cosca Arena di infiltrarsi in ogni apparato e settore della società civile e, quindi, di piegare ai suoi interessi anche enti nati per perseguire principi e valori spirituali, religiosi e solidaristici per definizione antitetici rispetto a quelli che ispirano l’operato di un sodalizio mafioso”. Non solo migranti. La ‘ndrangheta aveva puntato anche ad altri affari. “È Sacco – si legge nell’ordinanza – a preparare, unitamente a Poerio Antonio e Poerio Ferdinando (i due imprenditori arrestati nell’inchiesta, ndr), i documenti necessari per partecipare alle gare per l’aggiudicazione del servizio di ristorazione presso il Senato della Repubblica e del servizio di ristorazione presso la Cittadella regionale”.

Gare d’appalto per le quali, dalle intercettazioni, è emerso l’interesse degli indagati che avevano costituito la società “Quadrifoglio srl” definita dal gip la “cassaforte” del clan. Si tratta, infatti, di “una vera e propria ‘banca della cosca’ presso la quale i rappresentanti delle varie famiglie periodicamente si recano per ricevere, secondo uno scadenziario prestabilito, le somme di cui hanno necessità sia per soddisfare le quotidiane esigenze della vita, sia per affrontare spese straordinarie, sia per affrontare i viaggi presso le case circondariali ove sono detenuti i familiari”. Mentre i migranti non percepivano nemmeno il pocket money giornaliero.

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