L’ordinanza 10754 ha rigettato il ricorso di un ente religioso di Cagliari che si era rifiutato di pagare le tasse al Comune. Una guerra legale che ha portato i giudici ad emettere una sentenza che farà discutere
Le scuole paritarie se non sono no-profit devono pagare l’Imu e la Tasi. A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione che con l’ordinanza 10754 ha rigettato il ricorso di un ente religioso di Cagliari che si era rifiutato di pagare le tasse al Comune. Una guerra legale che nei giorni scorsi ha portato i giudici ad emettere una sentenza che farà discutere. Per i togati per escludere il carattere economico dell’attività didattica non basta il “rispetto delle condizioni quali il soddisfacimento degli standard di insegnamento o l’accoglienza di studenti disabili”, ma è necessario che l’attività sia svolta a titolo gratuito ovvero dietro un versamento di un importo simbolico tale da coprire solo una frazione del costo effettivo del servizio.
La Corte ha quindi chiarito “che la presenza dei religiosi in loco non giustifica di per sé l’esenzione riguardo all’esercizio di attività di religione o di culto”. Anzi. Nel caso cagliaritano la presenza degli alloggi dei religiosi era strumentale allo svolgimento in loco della prioritaria attività didattica. Ma cos’è che stabilisce quando un ente svolge un attività commerciale? Secondo la Cassazione l’esenzione può trovare applicazione a condizione che sia dimostrato che l’attività in oggetto, di natura didattica, sia svolta con modalità non commerciali. E a fare il discrimine in questo caso è la retta. Il comune di Cagliari ha dimostrato che l’attività didattica, nell’anno in considerazione, è stata esercitata dietro il pagamento di una retta che non si è discostata, nell’ammontare, da quelle di mercato, da ciò si è fatto conseguire il riconoscimento della natura oggettivamente commerciale dell’attività, con conseguente assoggettamento all’Imu degli immobili nei quali essa viene svolta.
Di fatto l’ente religioso ha omesso un pagamento e a nulla è valso il dimostrare che nel luogo dove c’è la scuola c’è pure l’abitazione delle suore. Il regolamento comunale, infatti, stabilisce che si tratta di attività commerciale esente dal pagamento dell’Imu, quando la retta media pagata per gli studenti non supera il costo medio per studente fissato dal ministero dell’istruzione in 5.739,17 euro per le scuole dell’infanzia e 6.914,17 per le secondarie di secondo grado.
Sulla questione il governo era intervenuto nel 2014 con un decreto ove aveva precisato che le scuole paritarie pagano l’Imu soltanto se le rette superano il costo medio per studente fissato dal ministero dell’Economia e delle finanze secondo l’ordine di scuola. Un atto necessario dopo le osservazioni sollevate dall’Unione Europea sui presunti “aiuti di Stato” nell’esenzione dall’Imu per le scuole paritarie: in questo modo si erano quantificati i parametri entro i quali considerare “simbolica” la retta pagata e non rientrare così in possibili sanzioni europee.