Tra i dipendenti della famiglia di armatori ligure indagati dal pm Walter Cotugno c'è Roberto Paoloni, l’uomo che la sera del 7 maggio 2013 era alla guida del Jolly Nero che andò a schiantarsi contro la torre provocando 9 morti e condannato per questo a 10 anni e 4 mesi in primo grado. Risultano sotto indagine anche altri due parigrado, Bruno Facelli e Federico Gatto
I funzionari del Registro navale italiano (Rina) e gli ufficiali della Capitaneria di Porto, ma non solo. Nell’inchiesta della Procura di Genova sulle presunte certificazioni fasulle rilasciate dal Rina e sui verbali accondiscendenti dei militari sono coinvolti anche tre comandanti della compagnia Ignazio Messina, uscita indenne dal processo sul crollo della Torre Piloti del porto ligure e pronta a rivendicare la sicurezza delle proprie navi. Tra i dipendenti della famiglia di armatori ligure indagati dal pm Walter Cotugno c’è Roberto Paoloni, l’uomo che la sera del 7 maggio 2013 era alla guida del Jolly Nero che andò a schiantarsi contro la torre provocando 9 morti e condannato per questo a 10 anni e 4 mesi in primo grado. Risultano sotto indagine anche altri due parigrado, Bruno Facelli e Federico Gatto.
Sono tutti chiamati a rispondere di falso in atto pubblico perché avrebbero sorvolato – o addirittura insabbiato – su guasti e problemi riscontrati sui loro mercantili, tutti appartenenti alla famiglia Jolly. A Paoloni viene contestato un episodio accaduto sempre sul cargo-killer Jolly Nero il 24 settembre precedente all’incidente per il quale è stato condannato pochi giorni fa. Più recente l’avaria accaduta sotto il comando di Facelli, che secondo Cotugno avrebbe ‘ignorato’ un problema sul Jolly Marrone nel marzo 2013. Mentre risale al 2008 il problema sulla Amaranto, in quel momento guidata dal comandante Gatto.
In tutti i casi, sostiene la procura, i problemi avrebbero riguardato i motori, impedendone la ripartenza. Esattamente ciò che è accaduto la sera della strage di Molo Giano. Secondo gli investigatori dal 2000 sarebbero stati 107 i guasti. Anche in virtù di questo, il pm aveva chiesto la condanna di Gian Paolo Olmetti, manager della Messina, nel processo per i fatti del 7 maggio 2013, poiché – sosteneva l’accusa – non “ha mai fatto quello che le norme lo obbligavano a fare” e quindi “per un decennio c’è stata la violazione sistematica degli obblighi di legge”, frutto “di una scelta” mirata anche “al contenimento dei costi”. Di problemi simili aveva parlato anche il marittimo Raffaele Paliotto, quattro giorni dopo l’impatto del Jolly Nero contro la Torre Piloti a causa della mancata ripartenza della ‘marcia avanti’, raccontando di un problema verificatosi sul Jolly Platino, a Massa Carrara, molti anni prima della tragedia.
Da quelle dichiarazioni, raccolte mentre Cotugno indagava per l’incidente con le peggiori conseguenze, è nata questa indagine che conta al momento più di 30 indagati. Una ventina sono funzionari e tecnici del Rina, l’ente – scelto dagli stessi armatori – che avrebbe rilasciato certificazioni fasulle a diverse navi, non solo della Messina. L’inchiesta, nello lo scorso mese di aprile, ha portato alla sospensione di Marco Noris e Antonio Sartorato, rispettivamente capitano di fregata e capitano di vascello della Capitaneria, ai domiciliari Marco Benzi, direttore del Settore Certificazioni del Rina, e alla sospensione per sei mesi del suo collega Giorgio Ceroni.