Due milioni di euro sequestrati, tre indagati per frode fiscale e un dubbio, una ipotesi che potrebbe inficiare e ridisegnare tutta la classifica dei finanziamenti alle tv private campane. C’è un’inchiesta della Procura di Napoli che sostiene che le graduatorie del Corecom per l’erogazione di milioni e milioni di euro di contributi pubblici alle emittenti televisive locali negli anni dal 2012 al 2014 sarebbero state viziate da un imbroglio a monte. I finanziamenti sono divisi solo tra le emittenti tv che sono in regola con i versamenti dei contributi ai dipendenti e ai giornalisti: meno tv sono in regola e più contributi pro capite ottengono. Insomma, la torta è fissa, la grandezza delle singole fette è variabile.
Una emittente, Julie Italia srl, riferibile all’editore Lucio Varriale, ha attestato la “regolarità contributiva” compensando i debiti tributari e contributivi con i crediti d’Iva maturati grazie a una maxifrode fiscale, secondo la Procura di Napoli, realizzata con due fatture “materialmente false” e altre tre relative “ad operazioni oggettivamente inesistenti” per cinque compravendite immobiliari ritenute fittizie. Lo sostengono i pm Raffaelo Falcone, Urbano Mozzillo, Raffaele Tufano, Francesco Raffaele e Stefano Capuano, coordinati dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli, in alcuni passaggi di due provvedimenti giudiziari: un decreto di sequestro per equivalente di 2.000.857,04 euro firmato dal Gip Tommaso Miranda e un decreto di perquisizione, eseguiti nei confronti dei tre indagati di frode fiscale. Si tratta di Lucio Varriale, per i pm il dominus dell’emittente – ma lui smentisce e in un comunicato afferma di essere solo ‘consulente legale ed editorialista’ – e degli amministratori di diritto in diversi periodi, Carolina Pisani e Christos Ioannou.
I militari del Nucleo Tributario della Guardia di Finanza agli ordini del colonnello Giovanni Salerno e i poliziotti della Digos coordinati dal dirigente Luigi Bonagura sono entrati nell’abitazione di Varriale e in quelle dei coindagati e negli studi e negli uffici di Julie Tv per eseguire perquisizioni con due finalità: cercare prove che rafforzino l’accusa di “truffa aggravata” per il conseguimento di erogazioni pubbliche (reato che però non è alla base del decreto del Gip), e sequestrare denaro, preziosi, quadri e altri beni mobili di proprietà degli indagati. Sui sei conti correnti della Julie Italia, infatti, i finanzieri hanno trovato solo pochi spiccioli, meno di 6000 euro in totale (un paio di conti sono in rosso). Nel comunicato stampa la Procura fa trapelare vasti scenari, accenna a “reati connessi” e a “più ampie investigazioni condotte dalla Settima Sezione”, che non è quella economica, ma è quella dei reati di criminalità comune. E il ricordo corre ai mesi di maggio e giugno 2015, quando in pochissime settimane a cavallo delle elezioni regionali la Procura volle sentire come testimoni il governatore Stefano Caldoro (Forza Italia) e il suo portavoce Gaetano Amatruda, ritenendoli parti lese di una presunta estorsione a mezzo stampa compiuta tramite una incessante campagna mediatica denigratoria su Julie News e la minaccia di rivelare sondaggi sfavorevoli a Caldoro con lo scopo di ottenere fondi regionali per il network televisivo. Amatruda fornì agli inquirenti i file audio di registrazioni clandestine di colloqui di Varriale e una trascrizione del proprio perito. Le registrazioni furono riascoltate e riscritte dalla Digos. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti campani Ottavio Lucarelli espresse solidarietà al collega portavoce di Caldoro per la persecuzione subìta. Furono sentiti come testimoni anche il deputato di Forza Italia Luigi Cesaro, l’europarlamentare azzurro Fulvio Martusciello e Veronica Riefolo, all’epoca giornalista di Julie e nuora di Varriale: i pm volevano capire tramite quale percorso, dopo due anni di trasmissioni Julie contro Caldoro, una giornalista legata a Varriale si era candidata alle regionali con Forza Italia.
L’ultima informativa dei finanzieri ricostruisce invece la storia di cinque trattative immobiliari consumate tra il 2011 e il 2016 tra la Julie Italia srl e tre società, Deca 56 srl, Zodiac e Saesa Immobiliare srl. Le Fiamme Gialle allegano le carte di preliminari di vendita non portati a rogito, in qualche caso disconosciuti dai venditori. La fattura più consistente è di 3 milioni e mezzo di euro e risale al 18 novembre 2015. A sommarle, si arriva a superare gli 11.000 di euro. Utili ad accumulare il credito d’Iva utilizzato per compensare i debiti. La società “Julie Italia” e Varriale replicano con una nota: “Non è la prima volta che la società editrice dell’emittente “Julie” viene colpita da simili provvedimenti. Era già accaduto nel gennaio 2015 quando, in seguito a successive verifiche, tanto il Tribunale del Riesame quanto la Suprema Corte di Cassazione accertarono la regolarità amministrativa, revocando i sequestri”. Varriale aggiunge: “Questa, come qualsiasi indagine tesa ad accertare la legalità, è sempre legittima, tanto che in questi mesi avevo chiesto più volte, attraverso i miei legali, di essere interrogato dal pm che conduce le indagini sfociate nel sequestro ma purtroppo, la mia richiesta non è stata accolta. Così come quella rivolta all’Agenzia delle Entrate di un confronto costruttivo. Al pubblico ministero avrei spiegato che essere consulente legale di emittenti televisive, e in tale veste aver ricevuto riconoscimenti perfino a livello europeo, non significa essere ‘amministratore di fatto’ della ‘Julie Italia srl’ come si legge nel comunicato della Procura. Avrei inoltre potuto esibire ampia documentazione sugli atti amministrativi oggetto del sequestro di oggi, visto che tali atti amministrativi sono già stati esibiti ad altro pm per una precedente vicenda”.