La ricarica induttiva, ovvero quella da terra mentre l'auto è in movimento, si sta sperimentando in diverse parti del mondo. Come ogni nuova tecnologia, ha pro e contro: vediamoli
La prospettiva di poter viaggiare senza dover mai rifornirsi è un aspetto avvincente. E, come stanno mostrando gli ultimi sviluppi tecnici, è anche sempre più realistico: lo afferma l’autorevole sito web del MIT (Massachusetts Institute of Technology) e non potremmo essere più d’accordo, visto che la tecnologia della ricarica elettrica induttiva si sta rapidamente evolvendo. Parliamo, naturalmente, di veicoli a trazione elettrica, per i quali la risoluzione di gran parte dei lunghi tempi di ricarica può venire proprio dalla possibilità… di non doversi in realtà mai fermare.
La nuova frontiera è dunque la ricarica induttiva, che già è conosciuta ad esempio nel campo degli smartphone personali: basta appoggiare il telefono su un’apposita basetta, senza alcun collegamento diretto. Qui il sistema si sta però evolvendo verso la possibilità di ricaricare l’oggetto (il veicolo, nel nostro caso) mentre questo è in movimento. La tecnologia in questione prevede la creazione di un campo elettromagnetico alternato, che poi una bobina ad induzione nel dispositivo ricevente raccoglie traendone l’energia per la ricarica. La difficoltà sta proprio nel riuscire a trasferire abbastanza potenza verso oggetti più grandi ed oltretutto in movimento.
Tuttavia, il produttore globale di chip, Qualcomm, è già riuscito ad attrezzare funzionalmente una pista di test di 100 metri vicino a Parigi, sulla quale testare la propria versione della tecnologia in questione. Finora dimostrando di poter caricare i veicoli a 20 kWh (per il test sono stati impiegati due Renault Kangoo Z.E., opportunamente modificati) mentre questi percorrono l’area così attrezzata a velocità autostradali, sistema che funziona anche quando due auto stanno viaggiando in direzioni opposte lungo la stessa fascia.
Nel frattempo, riporta sempre il sito, anche l’israeliana ElectRoad ha recentemente iniziato i propri test di un sistema simile su un percorso di 24 metri, prevedendo di costruire un sistema di prova lungo una sezione di strada aperta dedicata agli autobus, dentro Tel Aviv: la visione a lungo termine prevede di installare un sistema di ricarica induttiva sull’intero collegamento di oltre 16 km tra Eilat e l’aeroporto Ramon International.
I vantaggi sono abbastanza chiari, spiegano al MIT. Veicoli ricaricati induttivamente teoricamente possono viaggiare all’infinito, senza richiedere reti di ricarica particolarmente capillari lungo le strade. Inoltre, i veicoli elettrici potrebbero disporre di batterie molto più piccole, risparmiando considerevolmente in peso e costi. Infine, posizionare i componenti tecnici di caricamento induttivo lungo la strada risulterebbe più sicuro e versatile rispetto ad esempio ai classici cavi sospesi come si usano per tram e filobus.
Ma gli svantaggi, naturalmente, sono di pari portata. Serve in primo luogo ripavimentare e pressoché ricostruire enormi porzioni di strada, con costi e tempi di notevole entità, richiedendo la ricarica induttiva una linea continua di elettromagneti per tutta la lunghezza. Un’infrastruttura simile appare improbabile eccetto che per alcuni percorsi predefiniti ad alto tasso di percorrenza, in città.
Ecco perché la ricarica induttiva potrebbe non avere senso nell’ottica delle vetture private così come sono concepite oggigiorno, impiegate giustamente per potersi spostare quando e dove si vuole senza vincoli, mentre d’altro canto il costo delle batterie continua a scendere mentre la propulsione elettrica avanza nell’efficienza. Ma potrebbe risultare, al contrario, una tecnologia vincente per i veicoli di trasporto collettivo che si spostano su percorsi standardizzati: nel futuro prossimo, le flotte di taxi “robot” – totalmente automatizzati – potrebbero ad esempio seguire trasferimenti urbani ben definiti deviando da essi solo pochi chilometri alla volta, giusto per collegare gli utenti da e verso le destinazioni finali.