L'inchiesta, che ha portato in carcere i vertici della società di proprietà di Tommaso Giulini, patron del Cagliari calcio, hanno anche innescato polemiche e tensioni anche politiche. Il ruolo della Regione “azionista dormiente” e controllore della salute pubblica
La lista delle “discariche” abusive nell’inchiesta sull’inquinamento provocato, secondo la Procura di Cagliari dalla Fluorsid, si allunga: oltre all’area della fabbrica e al cantiere di Terrasili, nel Comune di Assemini, si è aggiunta la cava di Monastir, citata nell’ordinanza: undici ettari sequestrati dal Corpo forestale lo scorso giovedì. Lì ci sarebbero scarti di lavorazione mischiati (altra attività vietata) comprese sostanze molto pericolose “mortali” come il fluosilicato, in mezzo a cimiteri di gomme, centinaia di estintori e persino un camion. Informazioni arrivati agli inquirenti dopo gli interrogatori di alcuni arrestati. L’inchiesta, che ha portato in carcere i vertici della società di proprietà di Tommaso Giulini, patron del Cagliari calcio, hanno anche innescato polemiche e tensioni anche politiche. Il blitz del Corpo forestale e di vigilanza ambientale della Sardegna ha portato cinque giorni fa in carcere cinque persone (più due ai domiciliari) tra cui i dirigenti della fabbrica, leader a livello internazionale, nella produzione di derivati del fluoro.
Le accuse: associazione a delinquere, disastro ambientale e inquinamento
In sostanza il piano per avere “più profitto” implicava azioni sistematiche “sconcertanti” che aggiravano le norme ambientali. Per anni, secondo la ricostruzione della Procura di Cagliari – pm Marco Cocco-, la Fluorsid, alle porte di Cagliari, inquinava l’aria, la terra e le falde acquifere. Oltre alle polveri continue, si sversavano fanghi acidi nella laguna (protetta) di Santa Gilla e si nascondevano, interravano, rifiuti speciali e pericolosi. Tra queste pratiche rientra lo smaltimento delle lastre di eternit, scomparse sotto terra; un’area – si legge nell’ordinanza della gip Cristina Ornano – vasta 13.500 metri quadri, pari a quella di un ipermercato di grandi dimensioni. Tra gli arrestati un operaio e un capocantiere della ditta di appalto Ineco di proprietà di Armando Bollani (anche lui in carcere). Due di loro (ora ai domiciliari): Simone Nonnis, 42 anni, ex dipendente, e Marcello Pitzalis, 43 anni subentrato al primo come capocantiere, hanno rilevato durante gli interrogatori successivi di aver nascosto dei rifiuti in terreni procurati apposta e pure “in altri siti” oggetto di nuove indagini e probabilmente già individuati. La lista delle “discariche”, quindi, si allunga: oltre all’area della fabbrica e al cantiere di Terrasili, nel Comune di Assemini, si è aggiunta la cava di Monastir, citata nell’ordinanza: undici ettari sequestrati dal Corpo forestale lo scorso giovedì. Lì ci sarebbero scarti di lavorazione mischiati (altra attività vietata) comprese sostanze molto pericolose “mortali” come il fluosilicato, in mezzo a cimiteri di gomme, centinaia di estintori e persino un camion. Tutto nascosto con ruspe e camion. Nelle intercettazioni tra Nonnis e un altro operaio si parla proprio di quella cava e di un laghetto, un piccolo bacino naturale, prosciugato a furia di buttar dentro del materiale. Si legge nell’ordinanza: “In questa c… di cava c’è di tutto nascosto”. E si riferisce alla visita degli uomini della Forestale a cui Bollani aveva assicurato una bonifica. E poi ancora nella telefonata: “Appena se n’è andata la Forestale (ha detto) chiudi tutto! E l’ha fatto chiudere, capito?”.
I controlli ambientali e di salute pubblica tra Ispra e Arpas, il ruolo della Regione e il fronte dei sindaci
Dal primo momento si sono espresse le associazioni ambientaliste, da Legambiente al Grig – Gruppo d’intervento giuridico fino al Wwf. Di sabato pomeriggio è arrivata anche la posizione istituzionale della Regione (a cui fa capo il corpo regionale che ha eseguito il blitz). In una nota l’assessora regionale all’Ambiente, Donatella Spano, ha rassicurato: “Della vicenda Fluorsid negli effetti di salute pubblica e di salvaguardia ambientale ci siamo occupati fin dal principio e continuiamo a farlo concretamente, utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione”. Il punto è fondamentale anche perché, per quanto riguarda il monitoraggio di aria, acqua e suolo vicino alla fabbrica (tutt’ora attiva) nella stessa ordinanza, a pagina venti, si rimarca l’assenza nelle centraline dell’Arpas (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente Sardegna) del marcatore del fluoro o i suoi derivati. Per la gip un fatto ”significativo”, visto che si tratta di un produttore mondiale “già condannato seppur civilmente per problematiche legate all’inquinamento”. La stessa agenzia di fronte ai problemi dell’aria aveva citato in una relazione “le sabbie del Sahara”. E di fronte ad altri rilievi dell’Ispra (Istituto superiore per la ricerca e protezione ambientale) poco è cambiato. Sulla competenza così rimarca l’esponente della giunta Pigliaru (centrosinistra): “Abbiamo richiesto immediatamente all‘Ispra, di effettuare una ispezione straordinaria nelle aree della Fluorsid di Macchiareddu, che ricade in un’area Sin (sito di interesse nazionale). L’Ispra è infatti l’ente nazionale competente in materia”. Da Cagliari a Roma, insomma. E ancora sull’Arpas: “Ha svolto i controlli ambientali previsti dalla legge – dice l’esponente della Giunta Pigliari – come supporto tecnico a Ispra nelle attività di controllo ordinario dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). L’Arpas ha anche fornito tutta la documentazione agli inquirenti”. A stretto giro erano stati i sindaci dei Comuni su cui si affaccia la Fluorsid e la laguna a chiedere “analisi e attenzione” in un documento firmato anche dal presidente del consorzio industriale, Cacip e da Massimo Zedda di Cagliari (ex Sel), Mario Puddu (M5s) Assemini, Toni Enas di Elmas e Giacomo Porcu di Uta con un’estensione al sindaco di Monastir.
Il ruolo della Regione “azionista dormiente” e controllore della salute pubblica
L’altro aspetto è quello della Regione azionista per anni della stessa Fluorsid spa, con un progetto di ampliamento rimasto poi inattuato. Prevedeva che la società di Giulini rilevasse una miniera di fluorite dell’entroterra, nel sud est Sardegna, a Silius, ferma da anni e in mano alla Regione tramite una partecipata regionale ora in liquidazione, la Fluorite Silius spa. Nel pacchetto era inclusa l’attività estrattiva e il rilancio di una laveria per il materiale– con relative concessioni – vicino ad Assemini, ancora da bonificare. A porre la questione degli assetti societari ci ha pensato il consigliere regionale Francesco Agus (Campo progressista) che chiede anche una discussione in Consiglio già da questa settimana. E sul coinvolgimento dell’Ente scrive: “Per anni azionista della società. In particolare – scrive in una nota – nonostante la Regione abbia esercitato il diritto di recesso sulle 560mila azioni Fluorsid possedute sino al 2011, queste risultano a tutt’oggi ancora depositate presso la Tesoreria”. E ancora: “I fatti al centro delle indagini della Procura di Cagliari portate avanti dal Corpo forestale e riportati dagli organi di stampa, richiedono un intervento di verifica, vigilanza e comunicazione pubblica immediato da parte delle istituzioni e della politica, parallelamente al lavoro della magistratura. La stessa preoccupazione espressa dal senatore Luciano Uras (Campo progressista), secondo cui la vicenda “Assume contorni politicamente rilevanti”. E fa un parallelo con l’Ilva di Taranto.Un’interrogazione urgente alla Camera è stata presentata dal deputato Michele Piras (Mdp).