FATTO FOOTBALL CLUB - In passato le altre big del calcio italiano sono arrivate in alto grazie ai miliardi dei loro proprietari, che hanno speso un capitale per portare a casa scudetti e trofei: dal Milan di Berlusconi, all'Inter di Moratti fino alla Roma di Sensi. La società degli Agnelli, invece, è l'unica che ha incrementato il suo fatturato
Hanno vinto sei scudetti di fila, come mai nessuno prima, riscrivendo la storia del calcio italiano. Ma di questo passo potrebbero vincerne benissimo altri sei. Troppo più forte la Juventus, troppo più scarse le avversarie: da una parta la Roma sempre vittima di se stessa, il Napoli di De Laurentiis che non può (o non vuole?) fare il definitivo salto di qualità, le milanesi-cinesi allo sbando; dall’altra una società virtuosa, con un fatturato di caratura internazionale e un bilancio più o meno sempre in attivo, una dirigenza capace e strutturata e un piano chiaro per il presente e il futuro. Così il dominio bianconero è destinato a continuare, perché costruito su una base solida e un modello sostenibile. E il record ad allungarsi.
Di primati questa squadra ne ha stabiliti tanti. Ma ce n’è uno che forse va anche al di là dell’impressionante numero di trofei conquistati. Altri avevano già vinto prima, magari non così tanto. O meglio, non in maniera così prolungata, perché certo non si può dire non ci siano state altre grandi formazioni nel recente passato del nostro calcio, dal Milan di Sacchi e Capello a quello di Ancelotti, per arrivare ovviamente all’Inter di Mourinho, di cui i bianconeri adesso sognano di eguagliare quel Triplete che sembrava irripetibile. Ma nessuno aveva vinto guadagnando, o quantomeno senza perdere un capitale. Basta scorrere l’album recente della Serie A per averne la conferma. Negli ultimi vent’anni il tricolore è andato solo ad altre quattro squadre oltre la Juventus: il Milan di Berlusconi e l’Inter di Moratti, due presidenti che per ragioni diverse (politica, ambizioni personali, affetti familiari) hanno buttato miliardi per portare al vertice le loro squadre del cuore; la Roma di Sensi, che si è indebitata fino al collo con le banche prima di passare nelle mani degli americani; la Lazio di Cragnotti, che è finita sull’orlo della bancarotta ed è stata salvata da Lotito. La Juve da questo punto di vista è sempre stata diversa, cercando di conciliare conti e trofei, ma ha spesso dovuto appoggiarsi all’impero economico degli Agnelli. Negli ultimi cinque anni è diventata una vera e propria azienda, che finanzia le proprie vittorie con le vittorie.
È questo il segreto e il carattere più innovativo di questo ciclo bianconero: il calcio è cambiato, e la Juventus è stata l’unica in Italia capace di adeguarsi, e diventare un club moderno e europeo. Ha costruito il suo stadio di proprietà, che è diventato da subito un fattore sportivo ed economico. Ha messo a posto i conti (che solo pochi anni fa risentivano ancora pesantemente della retrocessione in Serie B) aumentando i ricavi e non semplicemente tagliando stipendi e vendendo giocatori, misure recessive che hanno solo depresso i bilanci delle milanesi, tanto per fare un esempio. Si è dotata di una struttura dirigenziale articolata e competente, in cui ciascuno sa quello che deve fare e lo fa bene: Agnelli, Marotta e Paratici sono una nuova “triade”, senza nulla da spartire con quella precedente passata alla storia per altri motivi. Per questo la Juve vince, come vincono all’estero Barcellona, Real Madrid, Bayern Monaco, rispetto a cui c’è ancora un gap da colmare, ma comunque molto più piccolo di quello che intanto si è aperto nei confronti delle rivali nazionali. E per lo stesso identico motivo la Juve continuerà a vincere anche nei prossimi anni. Certo, magari ci saranno delle eccezioni. Ma fino a quando le avversarie non cambieranno saranno solo sporadiche (una stagione storta con mille infortuni, l’annata di grazia di una outsider in stile Leicester), che potranno al massimo interrompere fisiologicamente la striscia di vittorie, ma non minarne le fondamenta. Il senso del dominio bianconero.