I vescovi italiani hanno scelto la terna di nomi da sottoporre al Papa per la nomina del nuovo presidente della Cei: il cardinale di Perugia Gualtiero Bassetti, il vescovo di Novara Francesco Giulio Brambilla e il vescovo di Agrigento Francesco Montenegro, un altro cardinale. Ora la decisione finale spetta a Papa Francesco. I vescovi italiani scelgono il loro presidente per la prima volta nella storia, dopo la modifica dello Statuto decisa l’anno scorso su input di Bergoglio aveva dato indicazione di istituire anche per la Cei una forma di elezione del proprio presidente, anziché come avveniva finora – unico caso al mondo – con la nomina diretta del pontefice.

Il favorito sembra il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, il “preferito” del pontefice per il suo spirito vicino alle questioni sociali e del lavoro, ma anche per il suo approccio dottrinale. E’ a Bassetti, per esempio, che Papa Francesco ha affidato le meditazioni della Via Crucis al Colosseo lo scorso anno. Ed è Bassetti a aver sostituito proprio Bagnasco tra i membri della Congregazione per i Vescovi, l’organismo che sceglie con il Papa chi viene elevato a prelato. Ha un solo punto contrario, il cardinale di Perugia: l’età, visto che ha appena compiuto 75 anni.

Dopo dieci anni e qualche mese di proroga il cardinale Angelo Bagnasco ha pronunciato oggi la sua ultima prolusione, senza riuscire a terminarla: l’arcivescovo di Genova si è commosso mentre parlava all’assemblea generale della Cei. Ad incoraggiarlo l’applauso della platea dei vescovi che oggi voteranno la terna per la presidenza che sarà consegnata al Papa cui spetta la decisione.

Di sicuro Bergoglio ha chiesto ai vescovi italiani un confronto franco: “Senza dialogo c’è il chiacchiericcio” ha detto nel discorso di apertura dell’assemblea, ieri. Anche se ci sono “opinioni non piacevoli per me”, l’importante è che non ci sia “paura dei contrasti”. Il Papa ha scherzato anche con il presidente uscente della Cei: “Non è facile lavorare con questo Papa – ha detto – Quanto mi farà pagare sabato prossimo per entrare a Genova?”. Il Papa è infatti atteso il 27 maggio proprio nella città in cui l’arcivescovo è Bagnasco. “Molte volte – ha detto oggi Bagnasco nel suo ultimo intervento – abbiamo sollecitato la politica e la società civile perché abbiano una più giusta e concreta attenzione verso” i giovani e le altre emergenze del Paese come “l’educazione integrale, l’accesso al lavoro, leggi che abbiano a cuore il futuro della società”. Per il presidente della Cei la voce dei vescovi “resta spesso inascoltata, proprio come quella dei profeti di un tempo, ma noi continueremo a parlare”. In Italia resta il “dramma della disoccupazione“, per esempio, e “la politica in solido ha la responsabilità primaria non delegabile di creare le condizioni di possibilità e di incentivare in ogni modo la geniale capacità dei nostri lavoratori”.

Poi la famiglia: non sostenerla, spiega Bagnasco, è un “suicidio“. “Le famiglie – ha osservato il presidente uscente della Cei – sul piano sociale si sentono sostanzialmente abbandonate: sono urgenti politiche familiari consistenti nelle risorse e semplici nelle condizioni e nelle regole”. Anche per questo, sottolinea Bagnasco, in Europa è presente “un marcato populismo, che – mentre afferma di voler semplificare problemi complessi e di promuovere nuove forme di partecipazione – si rivela superficiale nell’analisi come nella proposta, interprete di una democrazia solo apparente. Ci si chiede, pertanto, se serva veramente la gente, oppure se ne voglia servire; se intenda veramente affrontare i problemi o non piuttosto usarli per affermarsi”. Detto questo, per Bagnasco “il populismo non può essere snobbato con sufficienza: va considerato con intelligenza, se non altro perché raccoglie sentimenti diffusi che non nascono sempre da preconcetti, ma da disagi reali e, a volte, pure gravi”.

Le operazioni di voto sono avvenute con voto elettronico e a scrutinio segreto. Le votazioni sono multiple: i tre candidati da sottoporre al Papa sono stati eletti da regolamento uno alla volta, con votazioni distinte, e ognuno di loro, per finire nella terna, dovrà aver ottenuto la maggioranza assoluta, cioè il 50 per cento più uno dei consensi (sono previsti anche eventuali ballottaggi). I vescovi italiani, comunque, con la formula dell’elezione della terna, hanno voluto lasciare la decisione finale al Pontefice, in virtù del legame speciale che unisce l’episcopato nazionale al Vescovo di Roma. Erano eleggibili tutti i vescovi delle 226 diocesi italiane (non gli ausiliari né gli emeriti; non è eleggibile neanche il segretario generale Nunzio Galantino poiché non ha in carico una diocesi). Il nome del nuovo presidente potrebbe aversi già prima della fine dell’assemblea, che si chiuderà giovedì mattina.

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