È quanto si legge nell'ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere per concorso in associazione mafiosa i due fratelli del deputato di Forza Italia. In quello che gli inquirenti considerano un patto imprenditoriale-camorristico tra loro e il clan Polverino c’erano anche le manovre per far eleggere i candidati di un comune. Il collaboratore Ferdinando Puca: "Se qualcuno vendeva due volte le schede elettorali l’avremmo dovuto picchiare". Tutto concordato con 'Giggino'? "Proprio questo il motivo per il quale i politici si rivolgono alla camorra"
Nel patto imprenditoriale-camorristico tra i fratelli Cesaro, arrestati oggi, e il clan Polverino c’era anche la politica. La politica spicciola. Quella che controlla i piccoli e medi comuni e attraverso sindaci e assessori vicini muove dirigenti e funzionari per premiare gli amici e fedelissimi. La politica che si attiva presso gli organismi sovra comunali, province e Regione Campania, affinché l’iter dei progetti vada a buon fine. La politica che chiede al clan di votare e far votare il proprio candidato, di andare a comprare preferenze in giro, di minacciare gli elettori che non si adeguano. Aniello e Raffaele Cesaro – fratelli del deputato di Fi Luigi Cesaro, ex presidente della Provincia di Napoli – da stamane sono in carcere con accuse di concorso esterno in associazione camorristica per la realizzazione del Pip di Marano, costruito con materiali scadenti e con un collaudo, ottenuto con pressioni e documenti falsi, che non poteva essere certificato, e grazie alla società di fatto dei Cesaro con Angelo Simeoli, detto ‘o bastone, elemento di punta dei Polverino.
Ma l’ordinanza del Gip di Napoli Francesca Ferri cita diverse volte Luigi ‘a Purpetta Cesaro, e non lo fa a vanvera. C’è un verbale che racconta il livello di inquinamento della camorra nella politica e nelle ultime elezioni di Sant’Antimo. Parla un nuovo pentito, Ferdinando Puca, dell’omonimo clan dominante nel feudo politico-imprenditoriale dei Cesaro. Tira in ballo pesantemente Giggino ‘a Purpetta. Racconta di voti comprati, di minacce agli elettori, di boss ingaggiati al servizio del candidato dei Cesaro. È il 23 marzo 2016: “Sono in carcere dal dicembre del 2012. Premetto che fino agli anni 80’ figura apicale del clan di Sant’Antimo era o’ Giappone affiliato alla Nuova camorra organizzata che aveva rapporti con il padre dei Cesaro il quale si era adoperato per far scappare Raffaele Cutolo dal manicomio di Aversa. Dopo la morte del Giappone prese il suo posto come rilievo criminale Pasquale Puca che nel frattempo strinse rapporti o meglio li continuò con i figli di Cesaro. (…) I Cesaro fin dagli anni 80’ erano dei piccoli imprenditori e la loro fortuna e la loro crescita imprenditoriale è stata favorita da Pasquale Puca. “Dico questo perché tutti gli affari e tutti gli investimenti sono stati fatti sempre e con il solo Pasquale Puca del quale i Cesaro divennero i prestanomi. Ad esempio il centro Igea Sant’Antimo, l’affare della Texas Instruments di Aversa o il centro commerciale Il Molino alle colonne di Giugliano. Ciò perché il clan Puca dove ce n’era bisogno interveniva a supporto ed a sostegno dei Cesaro”.
Ferdinando Puca scava nella memoria: “Ricordo che nel 2011 appena sono stato scarcerato fui convocato dai Cesaro tramite mia zia Teresa Puca che non a caso lavora dai Cesaro insieme alla sorella, come domestiche, ed in quanto mie zie. Ebbi due convocazioni la prima presso il centro IGEA (il centro medico core business dei Cesaro, ndr) immediatamente dopo la mia scarcerazione dove Antimo Cesaro, detto penniello, mi diede 10mila euro quale regalo per la mia scarcerazione”. In quella occasione Antimo Cesaro gli avrebbe chiesto di intervenire per arginare alcune estorsioni ai loro danni. “Nel 2011/2012 fui convocato nuovamente questa volta proprio a casa di Luigi Cesaro che mi chiese ovviamente come esponente del clan Puca di “appoggiare” la campagna elettorale di una persona che loro portavano come Sindaco, tale Cristoforo, che noi chiamavamo Castiglione. Luigi Cesaro in quell’occasione mi diede 10 mila euro e mi disse specificatamente come dovevo fare per manipolare la campagna elettorale. Preciso che già nel 2003/2004 avevo fatto la stessa cosa per mio cugino Pasquale Puca. In quell’occasione, nel 2011, Luigi Cesaro mi disse che dovevo comprare le schede elettorali, infatti mi diede i 10mila euro per effettuare l’acquisto, avremmo poi dovuto verificare se qualcuno vendeva due volte le schede elettorali così alterando il numero, l’avremmo dovuto picchiare ed avremmo dovuto controllare, il giorno delle elezioni, tramite una nostra persona fuori al seggio, che i soggetti contattati al quale davamo 50 euro a persona mentre il galoppino prendeva 10 euro, dovevamo poi controllare la corrispondenza tra i votanti da noi pagati ed i voti effettivamente presi. Tanto facevano anche i Cesaro in quanto avevano persone loro direttamente nei seggi”. Queste modalità, chiede il pm, furono concordate con Luigi Cesaro? “Assolutamente si in quanto è proprio questo il motivo per il quale i politici si rivolgono alla camorra. Siccome la campagna elettorale andò bene ed il soggetto fu eletto, Antimo e Luigi Cesaro mi ricompensarono dandomi 35 mila euro che io divisi con Pasquale Verde alias o cecato. Per altro i Cesaro sempre in forza dello stretto legame camorristico ed imprenditoriale che hanno con il clan Puca versano a Teresa Puca, figlia di Pasquale, 10 mila euro al mese”.
Sulla posizione del deputato Luigi Cesaro il procuratore reggente Nunzio Fragliasso mantiene un doveroso riserbo: “La procura di Napoli si pronuncia sulle evidenze investigative che si inseriscono in un provvedimento giudiziario ostensibile”, è la risposta alla domanda sul suo livello di coinvolgimento nelle indagini. Dalle 420 pagine dell’ordinanza traspare però che il deputato ed ex coordinatore napoletano di Forza Italia è il colore più forte dello sfondo di un quadro che racconta protezioni e collusioni politiche in ambienti berlusconiani di cui hanno beneficiato gli affari dei fratelli imprenditori. A cominciare, per l’appunto da Marano. Chi firma le licenze del Pip è un ingegnere, Gennaro Pitocchi, lo stesso che dieci anni fa ha dato l’ok alle licenze per la Yorik srl e l’affare Texas Instruments dei Cesaro ad Aversa. Per quella licenza e le polemiche che ne seguirono Pitocchi fu costretto a dimettersi, ma i Cesaro – sostengono il pm di Napoli Mariella Di Mauro e il procuratore aggiunto Dda Giuseppe Borrelli – ottengono che l’ingegnere sia trasferito nell’Ufficio Tecnico del comune di Marano. “Poco dopo essersi insediato in un solo giorno firmò ben ventidue licenze edilizie in favore della società Iniziative Industriali della famiglia Cesaro, superando le perplessità e gli approfondimenti richiesti dall’Ingegnere Micillo, predecessore del Pitocchi, che non le aveva rilasciate” scrive il Gip nell’ordinanza.
È un passaggio-chiave dell’inchiesta condotta dai carabinieri dei Ros che ha preso il via grazie a uno spunto confidenziale e si è sviluppata attraverso il consueto corredo di intercettazioni telefoniche e di cimici intrufolate nelle automobili. Dai colloqui captati e dai verbali di alcuni collaboratori di giustizia emergono le convergenze tra gli interessi dei Cesaro e quelli del clan Polverino attraverso la liquidità di Angelo Simeoli, l’uomo che mediò gli espropri, teneva i contatti con i fratelli imprenditori e riceveva la sera al ristorante Villa Borghese per discutere gli affari, come racconta a verbale il titolare di una autodemolizioni che doveva adeguarsi alla legge regionale e delocalizzare l’attività e voleva comprare un capannone a Marano. “Già all’epoca tutti lo conoscevano come soggetto legato al clan camorristico locale che erano i Polverino”. ‘O Bastone telefona a Raffaele Cesaro e in pochi minuti questi arriva e inizia la trattativa. Che finirà male, a suon di denunce.