I giudici della corte d’Assise d’appello di Perugia hanno assolto l’ex funzionario del Sismi Pio Pompa dall’accusa di diffusione di documenti contenenti notizie concernenti la sicurezza dello Stato. I giudici lo hanno dichiarato estraneo perché “il fatto non costituisce reato“. In primo grado l’imputato era stato condannato ad un anno di reclusione
(pena sospesa) per possesso ingiustificato di documenti contenenti notizie concernenti la sicurezza dello Stato, ma assolto invece assolto dal reato di procacciamento di notizie coperte da segreto di Stato.
Nonostante i reati fosse prescritti, il difensore, l’avvocato Nicola Madia, ha chiesto alla Corte di pronunciarsi. Nel 2007 l’ex funzionario del servizio segreto militare venne trovato in possesso di 10mila file già sequestrati nell’ufficio riservato di via Nazionale, a Roma. In quei cd, dvd ed hard disk vennero rinvenuti dossier su giornalisti e magistrati romani e per questo motivo il fascicolo era stato trasferito a Perugia per competenza territoriale.
Oggi il legale di Pompa ha ribadito ai giudici che si trattava, per lo più, di notizie apprese da fonti aperte e di ritagli di giornale. “Sono molto soddisfatto – ha commentato l’avvocato Madia al termine dell’udienza – Anche l’ultima accusa mossa a Pompa – ha proseguito – è stata definitivamente cancellata a definitiva dimostrazione che il mio cliente e il Sismi non hanno mai svolto alcuna attività di dossieraggio né attività estranee ai compiti del Servizio. Dopo tanti anni di sofferenza e di denigrazioni questa sentenza restituisce onore a Pio Pompa e al Sismi”. Il generale Nicolò Pollari era stato prosciolto in sede di udienza preliminare. Il gup di Perugia aveva disposto il non luogo a procedere per il reato
di peculato, ”per l’esistenza del segreto di Stato”, e per quello di violazione di corrispondenza, ”estinto per intervenuta prescrizione”. Stessa decisione per Pio Pompa che però era andato a processo di notizie segrete.
L’archivio di via Nazionale fu trovato dai pm, Armando Spataro e Nicola Piacente, che indagavano sul sequestro dell’ex imam Abu Omar, rapito a Milano nel 2003 da uomini della Cia: magistrati, giornalisti, politici, intellettuali, venivano sistematicamente spiati e dossierati, attraverso “il procacciamento di informazioni da “fonti aperte” e da “non meglio precisate fonti personali” (queste ultime con “compensi imprecisati”)”. Tutti sospettati, come titolava uno dei dossier custodito da Pompa, di far parte di un “Network telematico di delegittimazione del Premier (Berlusconi, ndr) e della sua compagine governativa”.
Il 7 ottobre scorso la Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile il conflitto di poteri, sollevato dall’allora presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Per il rapimento di Abu Omar invece, dopo due sentenze che
avevano ritenuto Pollari non giudicabile per l’esistenza del segreto di Stato, nel 2013 si arrivò alla condanna pronunciata dalla Corte d’appello di Milano per lui, il suo braccio destro Marco Mancini e alcuni agenti dei servizi. Ma quasi un anno dopo la Consulta dette ragione al governo dell’epoca, sostenendo che la vicenda era coperta dal segreto di Stato. E la Cassazione, dando seguito a quella decisione, annullò le condanne, assolvendo definitivamente tutti. Nelle motivazioni gli ermellini scrissero che il “controllo dei magistrati era stato consegnato alla politica”. Gli ermellini, nelle motivazioni del proscioglimento “ineludibile” dei vertici del Sismi, scrissero che – abbassando il “nero sipario” del segreto di Stato, esteso a dismisura sull’allora servizio segreto – la Corte costituzionale ha abbattuto in radice ogni possibile controllo della magistratura sul potere di segretazione consegnandolo alla discrezionalità della politica. Il segreto di Stato era stato confermato dai Prodi, Berlusconi e Monti.