La tentazione di stilare un profilo psicologico o formulare delle illazioni psichiatriche riguardo a personaggi storici che hanno, nel bene o nel male, influito sugli eventi sociali è molto forte. Lo statista che maggiormente ha attirato l’attenzione degli psicologi è stato Adolf Hitler, forse perché ai posteri pare assurdo che un intero continente sia stato soggiogato dall’idea totalitaria e razzista da lui impersonata. Di fronte ad un trauma collettivo come l’olocausto, la nostra mente ricerca una spiegazione. L’idea della pazzia di un singolo o di un gruppo dei gerarchi lenisce il senso di estraneità e colpa collettiva per avere potuto, come umanità, permettere che una nefandezza di queste dimensioni si realizzasse. Per chi è interessato, ricordo che la psicoanalista Alice Miller nel libro La persecuzione del bambino cercò di stilare un profilo della personalità di Hitler.
Negli ultimi mesi, l’ascesa dei due personaggi potenti Trump e Macron ha stimolato l’attenzione di alcuni osservatori che hanno provato ad “appiccicare” a questi statisti delle categorie psicologiche. In particolare, alcuni aspetti della loro vita privata hanno attirato l’attenzione dei commentatori e di alcuni psicologi, che hanno espresso le loro opinioni. In questi giorni, alcuni amici e pazienti mi hanno chiesto: “Ma lei, dottore, cosa ne pensa di Trump e Macron?” oppure, “Ritiene siano pericolosi malati?”.
Sono convinto che l’approccio psicologico agli esseri umani sia una cosa troppo seria da essere svilita a pettegolezzo in base al quale su un singolo aspetto si ricamano congetture e teorie strampalate. Sarebbe come se io visitassi un paziente superficialmente e, in base ad alcuni parziali elementi, formulassi delle diagnosi affrettate. Affermare che Trump è un narcisista e che Macron ha subito un trauma infantile, perché a 15 anni si è legato a una donna di 24 anni più anziana, è assurdo da un punto di vista professionale per chi crede nella psicologia. Per prima cosa non conosciamo quasi nulla di queste persone, che certo non si confidano con noi. In secondo luogo lo psicologo non è un giudice che emette delle diagnosi ma piuttosto un professionista che cerca nel tempo di aiutare una persona che si affida a lui. La diagnosi non è un giudizio sulla persona, ma un modo per cercare di capirla confrontandola con persone che hanno sofferto di disturbi simili.
Sono molto contrario anche nel privato della mia vita ad usare categorie psicologiche come giudizi malevoli sugli altri. Dire che quello è “paranoico” e quell’altro“narcisista” spesso è un modo offensivo di conferire etichette che rispondono ai bisogni inconsci di chi formula tali affermazioni. Il lavoro psicologico non si caratterizza per una mera sommatoria di sintomi o di comportamenti. Se fosse così, sarebbe sufficiente consultare un computer in cui immettere i nostri malesseri e gli eventi della nostra vita. Il dialogo emotivo, la fiducia e l’empatia sono gli strumenti per cercare di capire l’altro. Tra l’altro, visto che esistono il transfert e il contro-transfert, solo nella relazione può emergere la realtà terapeutica che aiuta la persona sofferente a trovare nuove soluzioni creative per la sua esistenza.
Riguardo a Macron e Trump, rimane unicamente il giudizio politico e ideologico sulle loro proposte e sul loro operato. Solo in futuro, dopo che la storia avrà sedimentato la sua polvere, qualcuno potrà cercare di formulare delle valutazioni che in questo momento sono impossibili per noi che siamo immersi nella storia. Queste riflessioni, più che illuminare la personalità dei personaggi storici potenti potrà cercare di far luce sulle motivazioni emotive che hanno condotto la società a sceglierli e seguirli.