“La Grecia, forse proprio in virtù dei suoi guai e di quel magnifico equilibrio che fa convivere le contraddizioni più impossibili era ed è il terreno più adatto per investire in cultura e artigianato; in altre parole qui si può ancora investire su se stessi senza correre il rischio di essere immediatamente strangolati”. Riuscire a fare editoria al centro esatto della crisi, e meglio che in Italia, significa certificare ancora una volta tutta l’inadeguatezza dello stivale e la storia di Enzo Terzi lo dimostra. Fonda la sua ETP book nel 1989 in Toscana per commercializzare i libri da lui interamente realizzati sia come testi che come impianto grafico. Pubblica in Italia, Polonia, Bulgaria e Corea del Sud. Con il passare del tempo nasce il progetto di trasformare il proprio marchio in casa editrice, così da poter inserire all’interno del proprio catalogo testi anche di altri autori. Nel 2008 si trasferisce in Grecia dove sviluppa la conoscenza di un mondo letterario sconosciuto al grande pubblico. Pubblica testi del ‘900 ellenico in italiano, francese e inglese.
“Quando sono arrivato – racconta Terzi a ilfattoquotidiano.it dal suo appartamento di Paliò Falliro – ho fatto in una settimana quello che in Italia avrei impiegato 3 mesi a fare: aperto la ditta, fatte tutte le registrazioni del caso, conto in banca operativo (senza versamento alcuno e a zero spese annuali), definito residenza, permesso di soggiorno, iscrizione alla previdenza sociale (che vuol dire anche assistenza sanitaria perché si pagano insieme): tutto con carta, carta carbone, valanghe di timbri, una penna biro e 3-4 mattinate. Il primo pensiero fu quello di essere arrivato in paradiso. Tuttavia, per questioni più complesse l’enorme macchina burocratica greca palesa ovviamente i suoi limiti”.
L’idea di fare editoria lontano dall’Italia nasce agli inizi degli anni 2000, quando vedeva librai e piccoli editori avvitarsi: “I primi iniziavano a chiudere ed i secondi vivevano vite stentate, completamente soffocati da un mercato che oramai sempre più era fagocitato dalle imprese industriali. Erano gli anni dei grandi movimenti tra gruppi. Rizzoli, Mondadori ed altri al seguito, stavano sempre più organizzandosi in holding finanziarie sempre più scimmiottando le grandi holding anglosassoni e americane, dimenticando molto spesso la qualità del prodotto. La figura dell’editore aveva sempre più i caratteri di un cda con esigenze che raramente sono culturali, anzi, fare cultura quasi sempre costa e non rende”.
Nacque la decisione di una via intermedia facendo quello che viene conosciuto come “packager” ovvero allestire pubblicazioni con testi propri che poi, già confezionati e predisposti per la stampa, vendeva ai Paesi esteri: testi informativi, soprattutto di argomento storico, dedicati per lo più ad un pubblico “che potesse aggrapparsi a quella curiosità sopita che in tanti hanno ma che vedono calpestata molto spesso da scritture ostiche, aristocratiche o vuote”. Uno step fondamentale, lo definisce Terzi, che lo ha portato lungo la rotta dei Paesi dell’est fino in Corea del Sud.
Perché la Grecia? Perché “qui la cultura è rispettata e se forse non è per amore che questo accade è certo per convenienza visto che il Paese, senza le sue testimonianze perderebbe subito una buona fetta di pil e poi per quel vezzo un poco campanilista, ma anche vittimista, che fa di questa gente ora magniloquenti esperti di mitologia, – aggiunge – ora insofferenti bizantini che piangono l’eredità perduta, ora celebranti e flagellanti senza pace che fanno delle tragedie anche recenti di questo paese una sorta di croce virtuosa da mostrare alla ricerca continua di universale comprensione. Questo respiro che nulla ha di economico-finanziario è pronto dunque a condividere qualsiasi sorte possa toccare al Paese, consentendo quasi fosse a volte una condanna la capacità di reagire e di adattarsi.”
E mette l’accento su un personaggio storico e rivoluzionario della letteratura greca moderna, quel Nikos Kazantzakis, scrittore e filosofo, che mancò il Nobel solo per le sue convinzioni politiche, padre del notissimo Zorbàs il greco, ma anche di una perla come Cristo di nuovo in croce, che gli valse l’avversione della chiesa ortodossa. Come Kazantzakis fece terminare il romanzo di Zorbàs? Con l’inglese Basil, erede oramai in disgrazia che dice, al culmine della tragedia, a Zorbàs: insegnami a ballare. “Ovvero – sottolinea Terzi – insegnami a creare quella catarsi che mi porterà oltre il dolore, oltre la catastrofe. Insegnami a rinascere facendo del dolore e della difficoltà due preziosi alleati. E questo si respira anche in una metropoli come è Atene, eterogenea, multirazziale nel senso più duro. Non è certo la multirazzialità inquadrata ed integrata di Londra né quella inquieta e imbastardita di Parigi: qui sono i poveri ed i reietti d’Europa e di tutto l’est del mondo che arrivano. Eppure, nonostante le difficili condizioni del Paese, in un qualche modo disordinato, il domani, se non altro quello di un futuro a breve termine, si riesce ad inventarlo”.