Il corso è previsto da uno dei trecento emendamenti al disegno di legge firmato dal ministro in discussione alla Camera. Un testo che ha scatenato l’immediata reazione degli osteopati in piena battaglia per il riconoscimento della professione sanitaria: "L’osteopatia non è più degli osteopati"
Un corso di formazione universitaria post-laurea in Osteopatia per chi ha già in tasca una laurea in Fisioterapia o in Medicina e Chirurgia. Mira a istituirlo uno dei trecento emendamenti al ddl Lorenzin presentati alla Commissione Affari Sociali della Camera (che ora dovrà votarli). Un testo che ha scatenato l’immediata reazione degli osteopati in piena battaglia per il riconoscimento della professione sanitaria. La proposta di modifica riguarda l’articolo 4 del ddl 1324/14 con cui si sancisce il riconoscimento della professione sanitaria dell’osteopata. Il testo è stato presentato dal capogruppo Pd in Commissione, Donata Lenzi e da altri firmatari dello stesso partito. Non si è fatta attendere la reazione del Registro degli osteopati d’Italia secondo cui la modifica stravolgerebbe completamente il senso e le finalità “di un percorso nato per affrontare un vuoto normativo” spiega il Roi, sottolineando che si va incontro a “un’anomalia, tutta italiana, che renderebbe l’esercizio dell’osteopatia appannaggio esclusivo dei fisioterapisti e dei medici”. Chiara la posizione: “L’osteopatia non è più degli osteopati”.
IL PERCORSO PER IL RICONOSCIMENTO – A dare il via all’articolo 4 del ddl Lorenzin è stato un altro emendamento, firmato dalla senatrice Emilia Grazia De Biasi. L’obiettivo era ed è quello di un riconoscimento della pratica che in Italia è una professione per almeno 7mila persone, anche se non c’è una legge che la regoli, né che la vieti. Il ddl Lorenzin, approvato dal Senato un anno fa, è rimasto fermo dieci mesi in Commissione Affari Sociali proprio per le resistenze al riconoscimento della professione degli osteopati (e a quella dei chiropratici). Dopo un lungo dibattito fuori e dentro il Parlamento sui costi per il ministero dell’Università e della Ricerca in termini di formazione, sulla sanatoria per chi in questi anni ha ottenuto titoli da scuole private e le preoccupazioni per eventuali sovrapposizioni di competenze con altre professioni sanitaria, come quella dei fisioterapisti, si è arrivati all’articolo 4 che riconosce la professione sanitaria. Nei giorni scorsi si era parlato di un accordo in maggioranza che potesse sbloccare la situazione, attraverso un riconoscimento vincolato ad alcuni criteri stringenti. Poi la doccia fredda. “L’emendamento 4.3 – spiega il Roi – cancellerebbe la professione di osteopata, che in Italia esiste da 30 anni, per consentire il suo esercizio solo ai laureati in fisioterapia e in medicina, dopo avere frequentato un corso post-laurea”.
LA DENUNCIA DEL ROI: “MODIFICA INACCETTABILE” – Secondo Paola Sciomachen, presidente del Roi, tra i diversi emendamenti all’articolo 4 sul riconoscimento dell’osteopatia, “quello che colpisce più di tutti per la mancanza di valide motivazioni a supporto e per il totale scollamento dal lavoro fatto fino ad oggi e da quanto avviene negli altri Paesi, in Europa e nel mondo” è proprio l’emendamento firmato dall’onorevole Lenzi in cordata con altri parlamentari del Pd. Perché “relega e mortifica l’osteopatia – continua Sciomachen – a una specialistica della fisioterapia e della medicina, negando così l’autonomia di una professione sanitaria, dimostrata da evidenze scientifiche e dalla ricerca e che necessita di una formazione specifica per l’acquisizione di abilità proprie”.
Secondo gli osteopati si tratta di “una proposta paradossale, priva di fondamento scientifico e senza precedenti in Europa e nel mondo”. Con l’emendamento in questione la norma “cancellerebbe un’intera categoria di lavoratori – commenta il Roi – che in soli tre mesi dall’entrata in vigore della legge (come recita il testo) perderebbero il proprio status e il proprio lavoro, incorrendo in abuso di professione”. Con conseguenze anche su quegli italiani che da anni si affidano alle loro cure.