Una Palma inattesa, quella celebrativa del 70° anniversario, che parla svedese ma forse anche un po’ tutte le lingue, come suggerisce Juliette Binoche che pronuncia la parola “luce” in ogni idioma mentre le si avvicina il presidente Pedro Almodovar pronto a sentenziare. È dunque il 43enne Ruben Östlund con la sua sovversiva e ironica commedia nera The Square a portarsi a casa il massimo riconoscimento del massimo cinefestival del mondo. “Ci abbiamo lavorato 12 anni, volevo farne un film indimenticabile!” esclama l’autore di sicuro talento che già incantò Cannes nel 2014 con Forza maggiore, vincendo come miglior regista in Un Certain Regard.
Trionfa un film sull’ipocrisia borghese occidentale simboleggiata dalle interpretazioni faziose dell’arte contemporanea, ma soprattutto sull’incapacità di comunicare in un mondo che – paradossalmente – è governato dai mezzi di comunicazione. The Square “inquadra” proprio questo e ci sta che la giuria lo abbia scelto quale “simbolo” cinematografico di un’epoca tanto contraddittoria. Una giuria che si è presa la libertà di inventarsi un riconoscimento speciale per il 70°: questo è andato a Nicole Kidman, assente dalla cerimonia di chiusura ma presente al concorso da protagonista di ben due film, quello di Sofia Coppola The Beguiled e di Yorgos Lànthimos – The Killing of the Sacred Deer.
Per l’attrice “devastata di non essere lì con voi, ringrazio tutti i registi con cui ho lavorato nella vita” è certamente un premio di cui essere grata specie perché arriva nell’anno del suo cinquantesimo compleanno. Entrambi i film di cui è interprete, peraltro, si sono portati a casa due trofei: alla regista americana (anche lei assente dalla premiazione, ma grata attraverso un video) l’importante e meritato premio per la miglior regia, mentre al cineasta greco, estremo e ambizioso, è andato quello per la miglior sceneggiatura. Questo lo ha condiviso ex aequo con Lynne Ramsay per il suo violentissimo You Were Never Really Here. Non c’è dubbio che uno dei grandi meriti della pellicola della regista scozzese sia la presenza poderosa e muscolare di Joaquin Phoenix, non a caso premiato come miglior interprete maschile. Di fatto si tratta di una delle sue interpretazioni più estreme, con un lavoro sul corpo visibile e semantico.
La sua alter ego femminile, premiata quindi come miglior attrice, è risultata la tedesca Diane Kruger, sensibile protagonista assoluta di Aus dem Nichts, dramma politico ed esistenziale diretto dal connazionale di origine turca Fatih Akin. Si aspettava sicuramente di più l’opera che più di tutte meritava la Palma, a detta della critica presente a Cannes, ovvero Nelyubov (Loveless) del russo Andrey Zvyagintsev: a lui è andato comunque il significativo Prix du Jury. E sempre la giuria, infine, ha deciso certamente sotto la spinta personale del presidente Almodovar, di attribuire il suo Gran Prix al francese Robin Campillo per il suo film civile e commuovente 120 Battements par minute: una storia collettiva ma anche sentimentale sul dramma dei sieropositivi che negli anni ’90 non erano ancora tutelati, ovvero la comunità omosessuale.