Sono previsti da una norma del 1974 per favorire scelte condivise tra genitori e insegnanti dal programma annuale al rinnovo delle attrezzature scolastiche. Ancora oggi, dopo 43 anni, lo attendono 90 "omnicomprensivi" sparsi per l'Italia. I genitori, a partire da Milano, scrivono al ministero. "Problema noto", è la risposta. Ma la soluzione probabilmente solo nella prossima legislatura
“Vogliamo un consiglio d’istituto per poter partecipare alla vita delle nostre scuole”. Sembra impossibile ma in Italia ci sono ancora circa novanta scuole che non hanno, nonostante il Dpr 416/1974 ne preveda l’istituzione, l’organo di rappresentanza dei genitori, degli insegnanti e del personale Ata oltre che del dirigente.
Sono gli istituti omnicomprensivi: creati nel 1998 raggruppano da tre a quattro differenti ordini di scuola, dalla scuola dell’infanzia ai licei. Da 19 anni un vuoto legislativo non consente a queste istituzioni di avere gli stessi diritti di altri: al posto del consiglio d’istituto, infatti, in alcuni casi viene nominato un commissario dagli uffici scolastici regionali. Ma ora mamme e papà son decisi a farsi sentire.
La battaglia è partita dall’omnicomprensivo musicale statale di Milano con sede in via Corridoni 34/36. “Stiamo parlando – spiegano i genitori – di un fondamentale organo rappresentativo e partecipativo che consente a docenti, genitori, personale Ata e studenti di essere presenti attivamente e democraticamente nella vita della scuola”. Il consiglio d’istituto nella pratica ha il compito di definire il programma annuale e il conto consuntivo; di adottare il piano dell’offerta formativa; di acquistare e rinnovare le attrezzature scolastiche; di adattare il calendario e l’orario scolastico; oltre che programmare le attività di recupero, quelle extrascolastiche e i viaggi d’istruzione.
Un ruolo importante che i genitori di questi istituti ora rivendicano. Nei giorni scorsi hanno scritto una missiva alla ministra Valeria Fedeli nella quale ricordano all’inquilina di viale Trastevere come “l’assenza del consiglio d’istituto discrimini l’utenza di tali scuole rispetto a tutti gli altri, stridendo in maniera evidente con quanto sancito a partire dai Decreti Delegati circa la partecipazione dei genitori alla vita scolastica e con il principio democratico di interazione tra dirigente e altre componenti”. Un appello alla Fedeli perché metta mano al più presto a questa vicenda e assicuri anche in questi istituti una reale partecipazione e democrazia necessaria nella comunità scolastica.
Un problema che il ministero ben conosce e che ora finirà sulla scrivania della ministra, nonostante sembri che ad oggi la lettera dei genitori non sia mai arrivata. Ma di là della missiva la questione in viale Trastevere è conosciuta: “Quello evidenziato dai genitori – spiegano i vertici del ministero – è effettivamente un anacronismo su cui si potrà riflettere in sede di revisione del Testo Unico della scuola”.
Detto in altre parole, il Miur ha compreso che esiste il problema a causa di una Legge datata ma non è certo tra le priorità dell’agenda politica del ministero. I genitori potrebbero dover attendere ancora almeno fino alla nuova legislatura prima di poter vedere nero su bianco un provvedimento che sani la questione. Un braccio di ferro tra mamme, papà e ministra che potrebbe non avere fine.