Totti e Kobe finalisti al Premio Strega – di Michela Monferrini
“Bello ‘sto posto. Come hai detto che si chiama?”
“Ninfeo di Villa Giulia, Valle Giulia, boh, mi confondo sempre”.
“Ninfeo, bello! Ci si potrebbe organizzare una partita di basket, mettiamo il canestro lì vedi?, dove…”
“Macché basket, Ko’. Ma allora sei fissato. Qua partitella di calcio, però devi sta’ attento alle finestre del Museo Etrusco”.
“Ma scusa, hai mai sentito che ho avuto qualche problema con i musei? Ho mai fatto casino con gli etruschi?”
“No, ma infatti no. Che poi, ‘sti etruschi sono tra i pochi che non abbiamo mai avuto contro, io e te.
“Mai, infatti. Io e te: bello, eh? Ci dovremmo mettere in società come quelli… Li vedi quelli? Quelli al tavolo in prima fila, com’è che li chiamano adesso?”
“Mondazzoli. Mondadori e Rizzoli. Ma perché, se n’è parlato pure in America?”
“Dappertutto, France’. Se n’è parlato dappertutto. Allora pensa: Bryantotti“.
“Eh, no, no: Tottyant”.
“Sweet mother of God. Dimmi una cosa: ma che tu lavori con le parole?”
“No, no: sempre con i piedi“.
“E allora! Li vorrei vede’, questi, lavorare coi piedi. Che poi, se è come in America, qualcuno lavora con i piedi pure lavorando con le parole, eh”.
“Dappertutto, Ko’, è così dappertutto“.
“Ma dimmi un po’: com’è che stiamo qui stasera? Qui alla… come si chiama?”
“Finale del Premio Strega. Mah, pure io mi sono stupito. Dice che hanno letto un’intervista nostra, che era parecchio che non si leggevano cose così intelligenti. Pensa, m’ha chiamato un vincitore dello Strega di qualche anno fa, m’ha chiesto se gli spiegavamo insieme quella cosa, quella che a un certo punto non finisce la passione, ma l’ossessione”.
“Ah, quella l’ho detta io, grande. A me pensa che mi ha mandato un sms uno scrittore nostro, si chiama Philip, un paio d’anni fa ha annunciato che non scriverà più libri, si è ritirato: sta come noi, sta.Dice che leggere le tue parole sugli addii gli ha fatto bene, m’ha scritto proprio: un abbraccio a Francesco“.
“Ma sai, il tempo passa. Resistere non serve a niente. Adesso godiamoci questa serata, va’. Ora comincia, quelli so’ i finalisti. Quanto so’ piccoli, visti da qua”.
“Ma secondo te quanto pubblico fanno?”
“Prima l’ho chiesto a quella signora, vedi? L’unica donna finalista. Dice se va bene quest’anno cinquemila-seimila lettori”.
“A te quante persone ti sono venute ad applaudire nel corso della carriera?”
“Guarda, fare la stima è difficile, le persone negli stadi spesso sono le stesse. Se non fossero le stesse sarebbero circa 45 milioni, ma saranno molti meno, qualche milione. E a te?”
“Anche a me. Direi qualche milione”.
“…che poi mi sa che si dice ‘quanto pubblico hanno’, non ‘quanto pubblico fanno'”.
“Lascia perdere. Non siamo bravi con le parole”.
“No, non è stato mai il campo nostro”.