Angela Micoli, architetto classe 1978, originaria di Martina Franca, in provincia di Taranto, voleva mettersi in proprio. In Italia ci ha provato, ma burocrazia e fatture difficili da riscuotere l'hanno spinta ad andarsene. Ed è arrivata a Shenzhen: "Qui, viaggiando e stando in cantiere, ho capito quanto sia importante ogni singolo dettaglio"
Quando si decide di lasciare l’Italia per cercare fortuna all’estero bisogna portarsi dietro due cose: la capacità di credere nei propri sogni e una natura testarda, indispensabile per ricominciare da zero in un’altra parte di mondo. Requisiti che non mancano ad Angela Micoli, architetto classe 1978, originaria di Martina Franca, in provincia di Taranto. Una volta terminati gli studi all’università di Reggio Calabria, è arrivata la voglia di viaggiare: “Dopo la laurea ho vinto una borsa di studio per fare un tirocinio ad Amsterdam in un importante studio di architetti – racconta a ilfattoquotidiano.it -, ed è stata un’esperienza bellissima”. Nonostante le ottime premesse, Angela decide di tornare a casa: “Volevo dare un’opportunità alla mia città – ricorda –, così ho iniziato a lavorare per un’azienda specializzata in progetti di recupero con materiali a basso impatto ambientale, ma coltivavo il sogno di mettermi in proprio”.
Sogno che, dopo numerosi sacrifici, riesce a mettere in cantiere: “A quel punto, però, ho avuto modo di confrontarmi con la dura realtà”, ammette. Già, perché nonostante le numerose richieste da parte dei clienti, le difficoltà non sono mancate: “Il sistema di rilascio delle concessioni edilizie e il confronto con gli uffici tecnici è stato devastante”, ricorda. Il tutto condito dalla solita lentezza burocratica: “A un certo punto mi sono ritrovata stanca – ammette -, stanca dei favoritismi che vedevo e di dover litigare con i clienti per riscuotere la mia parcella”.
È il 2011 quando comincia a guardarsi in giro: “In un mese ho mandato quasi mille curriculum all’estero – ricorda -, ma non ho ricevuto nessuna risposta”. Poi, un giorno, si ritrova a leggere di tre offerte di lavoro che arrivano dalla Cina, due da Shanghai e una da Shenzhen: “Tutte e tre le candidature sono andate a buon fine e nel giro di una settimana ho fatto i colloqui”. Alla fine la scelta è ricaduta su Shenzhen: “Mi attirava l’idea di vivere in una metropoli ultramoderna, dove architetti di fama internazionale avevano un cantiere attivo”, spiega. Dopo tre settimane Angela sale sull’aereo: “A casa lasciavo la mia famiglia e mio marito, che in quel momento non poteva abbandonare il lavoro – ricorda -, ero arrabbiata con me stessa e con la mia città”. Nonostante la voglia di rimettersi in gioco, gli inizi non sono semplici: “Per un anno e mezzo le mie esperienze lavorative sono state fallimentari, ho avuto a che fare con aziende poco serie”, sottolinea. Ma lei non molla e tira fuori la natura testarda: “Mi sono detta che non avevo scelta, dovevo farcela e basta”, ricorda. E finalmente sono arrivate le soddisfazioni: “Il primo lavoro degno di questo nome è stato quello da design director per una grande azienda cinese che si occupa di progettazione di alberghi di lusso per il mercato cinese”, spiega.
Un’esperienza che le ha lasciato molto: “All’università ci insegnano cos’è un hotel dal punto di vista strutturale, ma pochi sanno quali sono gli elementi necessari per farlo funzionare sul serio – sottolinea -. Qui, viaggiando e stando in cantiere, ho capito quanto sia importante ogni singolo dettaglio”. Lavorare in Cina, però, ha degli aspetti negativi: “L’imprevisto è sempre dietro l’angolo – spiega -, ma ho imparato a prevenire e risolvere i problemi”. Anche nella vita quotidiana non mancano le complicazioni: “Il gap culturale è impossibile da colmare, qui resti sempre uno straniero, anche se parli la loro lingua – ammette -, a Shenzhen la solitudine è un’inevitabile nemica”.
Eppure le evidenti difficoltà non l’hanno fermata: “Ho aperto una pagina Facebook e Instagram per gli italiani che vivono qui o semplicemente per chi viene in vacanza”, spiega. Ma Angela non lo fa solo per spirito di condivisione: “In fondo sono molto affezionata a questa città – ammette -, la amo e la odio allo stesso tempo, ma ogni giorno la scopro diversa”. Un’evoluzione che non vede più un Italia: “Ho smesso di leggere notizie perché mi fanno solo stare male – sottolinea –, ogni volta che torno mi sembra tutto fermo”.
Amarezza a parte, Angela ha ancora voglia di aiutare il nostro Paese: “In questi anni ho avuto modo di capire cosa cerca il popolo cinese quando va in vacanza – spiega -, e non è affatto quello che gli offriamo”. La lista dei suggerimenti è pronta: “Loro sono più interessati alle griffe che ai monumenti – spiega -, per questo bisognerebbe puntare su nuovi itinerari e sui Boutique Hotel”, spiega. Il ruolo da intermediario tra Italia e Cina nel settore dell’hospitality è il prossimo traguardo da raggiungere: “Sarebbe un modo per fare pace con il nostro Paese una volta per tutte”.