Per altri quattro indagati è stato disposto l’obbligo di dimora. Il blitz della guardia di finanza è scattato stamattina al termine dell'indagine coordinata dal procuratore della Repubblica di Palmi Ottavio Sferlazza. Gli uomini della Guardia di Finanza hanno eseguito anche un sequestro preventivo di 4 milioni di euro
Prendevano i soldi e li portavano in Svizzera. Milioni di euro che poi rientravano in Italia grazie allo scudo fiscale ter del 2009. All’indomani dello spareggio “salvezza” con la Vibonese, sono finiti ai domiciliari il presidente del Catanzaro Calcio, Giuseppe Cosentino, la figlia Ambra, la sua dipendente Carmela Alì Santoro e il promotore finanziario milanese Stefano Nochese.
Per altri quattro indagati, tutti dipendenti della società “Gicos Import-Export srl”, invece, è stato disposto l’obbligo di dimora. Il blitz della Guardia di Finanza è scattato stamattina al termine di una complessa indagine coordinata dal procuratore della Repubblica di Palmi, Ottavio Sferlazza, che agli indagati ha contestato i reati di associazione a delinquere, aggravata dalla transnazionalità e finalizzata alla commissione di reati di natura fiscale, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e appropriazione indebita di ingenti somme di denaro in danno della Gicos.
In sostanza, Cosentino sarebbe riuscito a trasferire diversi milioni di euro in Svizzera. Al centro dell’inchiesta c’è la società Gicos che ha sede a Cinquefrondi, nella piana di Gioia Tauro. Gli uomini della Guardia di Finanza, guidati del generale Alessandro Barbera e del colonnello Agostino Brigante hanno eseguito anche un sequestro preventivo di 4 milioni di euro. Si va dalle fatture false per circa 2 milioni di euro, nel solo periodo che va dal 2006 al 2008, all’evasione che avveniva grazie a sistemi collaudati per realizzare reati di natura fiscale. Intercettazioni e rogatorie internazionali, infatti, hanno consentito alle fiamme gialle di registrare versamenti e depositi di denaro contante su conti correnti svizzeri, derivanti da vendite in nero e da utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti. Fatture emesse da una società statunitense che dopo aver ricevuto i soldi dalla società di Cosentino li ha girati, trattenendo il 5%, su una serie di conti correnti in Svizzera intestati a società con sede in paradisi fiscali (Isole Vergini Britanniche, Panama) di fatto riconducibili allo stesso presidente del Catanzaro. Rientrate in Europa, quelle somme poi confluivano su altri conti correnti svizzeri intestati a società riferibili a Cosentino e successivamente su conti cifrati sui quali poteva operare solo il presidente del Catanzaro e la figlia.
“Sono state accertate fatturazioni per operazioni inesistenti per circa 2 milioni di euro: è un attività che merita grande considerazione. I fondi neri sono serviti per le esigenze personali”, ha spiegato il procuratore Sferlazza. “Non ci limitiamo alla sola verifica fiscale noi ci siamo, controlliamo, vediamo e chi non sta in ordine poi paga”, ha aggiunto il generale Gianluigi Miglioli, comandante regionale delle fiamme gialle. “Evidentemente questa è un operazione di polizia economica e finanziaria che fa centro. Anche in queste zone ci sono persone che sfruttano meccanismi di ingegneria finanziaria per raggiungere livelli di evasione molto elevati”, ha sottolineato il generale Barbera.
Grazie a uno spallone, dal 2006 al 2011, in Svizzera sono stati effettuati versamenti per oltre 4 milioni di euro. Di questi, solo il 5 ottobre 2011, un milione è stato versato in contanti su un conto cifrato chiamato “cioccolato” e riconducibile ad Ambra Cosentino che tre mesi dopo li ha spostati su un altro conto di una società estera e, una volta convertiti in franchi svizzeri, trasferiti su un contro corrente localizzato alle Bahamas. “L’attività tecnica – ha spiegato il colonnello Brigante – ha consentito di adottare le intercettazioni e l’attività di polizia tributaria che ci hanno permesso di ricostruire, fattura per fattura, il percorso dei soldi”. Per il maggiore Paolo Nisi, comandante del Gico, “possiamo immaginare un cerchio che va all’estero per poi ritornare in Italia, grazie allo scudo fiscale, nella disponibilità dei Cosentino”.
Una parte dei soldi, circa 5 milioni e 600 mila euro, infatti, sono rientrati in Italia grazie allo scudo fiscale del 2009. Oltre a quella somma, l’imprenditore Giuseppe Cosentino, ha rimpatriato (nell’ambito del cosiddetto “scudo ter”) altri 2 milioni 320mila euro, provenienti da un rapporto finanziario acceso presso un istituto di credito di Hong Kong. Complessivamente 8 milioni di euro evasi illegalmente e rientrati legalmente in Italia dove poi il presidente Cosentino li ha utilizzati per investimenti finanziari nonché a garanzia di un’apertura di credito per 3 milioni di euro su un conto corrente a lui intestato e utilizzato per acquisti, per erogazioni alla Gicos e al “Catanzaro Calcio 2011 Srl”.
A proposito, a Cosentino viene contestata anche l’accusa di frode sportiva per aver tentato di aggiustare la partita di Lega Pro Catanzaro-Avellino del 5 maggio 2013. Un reato per il quale sono indagati anche il direttore sportivo Armando Ortoli, il calciatore Andrea Russotto, il presidente dell’Avellino Walter Taccone e il direttore sportivo della squadra campana Vincenzo De Vito.