A Milano le assunzioni superano i livelli pre-crisi. Quelle del 2016 segnano un aumento del 5,8% rispetto al 2008, con i dati del primo quadrimestre 2017 a confermare la tendenza. E’ quanto dice il Report 2017 dell’Osservatorio della Città Metropolitana. Ma non è tutto oro quel che luccica. Passata l’ubriacatura delle agevolazioni, anche nel capoluogo lombardo il tempo indeterminato targato Jobs act è al palo. Altro che livelli pre-crisi, il record positivo è tutto dei contratti di somministrazione. I cosiddetti “interinali”, per intenderci. Una tendenza che interroga le politiche attive per il lavoro messe in campo dal governo Renzi e portate avanti dall’attuale esecutivo, che ha appena avviato la sperimentazione dell’Assegno di ricollocazione per i disoccupati, uno strumento che le agenzie private, uniche a poter avviare rapporti di lavoro interinali, sembrano più adatte ad interpretare.
La locomotiva d’Italia è ripartita, sembra indicare la crescita dei contratti nell’area metropolitana milanese. Con 902mila assunzioni, il mercato del lavoro 2016 vanta livelli pre-crisi (853mila quelle del 2008). E il 2017 rilancia: 310mila contratti avviati già nei primi quattro mesi. Il 5,5% in più rispetto al primo quadrimestre dello scorso anno. Ma nella Milano che per dimensioni e dinamicità ha sempre offerto una prospettiva privilegiata del mondo del lavoro, di cose da osservare ce ne sono parecchie. E non tutte positive, a partire dalla contrazione del numero di imprese che hanno avviato almeno un contratto nel corso dell’anno: 61mila nel 2016 contro le 68mila del 2015. Incrociando le comunicazioni obbligatorie (COB) che le aziende fanno all’amministrazione per ogni nuovo contratto, l’Osservatorio di Città Metropolitana fotografa fedelmente la composizione del mercato del lavoro, per settore, area del territorio e tipologia contrattuale. “Un’opportunità che le imprese hanno colto”. E’ la definizione che il responsabile dell’Osservatorio Livio Lo Verso dà delle detrazioni che, in particolare nel 2015, hanno decretato il picco di assunzioni a tempo indeterminato del Jobs act. Un’opportunità alla quale segue quello che il Report 2017 definisce “declino delle assunzioni con contratti stabili”, che nel primo quadrimestre di quest’anno sono 45mila. Contro i 186mila complessivi del 2015 e i 183mila del 2008. Insomma, se di livelli pre-crisi si parla, non è certo per la stabilità delle forme contrattuali attivate. Sul totale degli avviamenti, “il peso del tempo determinato è aumentato dal 41% del 2013 al 47% del 2016”, si legge nel Report, che spiega: “Beneficiano del declino delle collaborazioni generato dalle innovazioni del Jobs act”. Ma il campione è senza dubbio il contratto a somministrazione, rilanciato dalle limitazioni al tempo determinato volute dal decreto Poletti. La “maggiore flessibilità” ha permesso alle assunzioni con contratti di somministrazione di registrate la crescita più rilevante: “dal 10,3% (2013) al 18,2% (2016) del totale degli avviamenti”.
Una vera e propria inversione di tendenza. “Fino al 2012 era una forma di assunzione che incideva negativamente sul livello di avviamenti totali”, spiega Ermes Cavicchini, massimo esperto del mercato del lavoro milanese e consulente di Città Metropolitana anche per il Report 2017. E ancora: “Nel 2008 il cosiddetto lavoro interinale fu il primo a mostrare i segni della crisi”. Poi le cose sono cambiate. E se nel 2015 è cresciuto di pari passo con le assunzioni a tempo indeterminato drogato dalle detrazioni (51% e 57%), l’interinale fa meglio anche nel 2016 e il primo quadrimestre sembra voler consegnare al 2017 un ulteriore record. Così, dai 64mila contratti del 2008 siamo passati ai 163mila del 2016. “All’industria e alla grande distribuzione, consumatori storici dell’interinale, si aggiungono oggi settori come quello alberghiero (30% di contratti interinali, ndr) e quello della logistica, dove la somministrazione sta sostituendo le cooperative di lavoro”, spiega Cavicchini.
A sottolineare la spiccata flessibilità della forma contrattuale è soprattutto il dato sul rapporto tra lavoratori avviati e avviamenti totali. Gli interinali sono gli unici a raggiungere la media di due assunzioni l’anno per lo stesso lavoratore. Ma in settori come quello alberghiero, in un solo anno lo stesso lavoratore può contare centinaia di contratti da uno o due giorni. “Il legislatore deve chiedersi se sia davvero questa la tipologia contrattuale alla quale consegnare fette così importanti di mercato”, commenta Giuseppe Zingale, direttore generale dell’Afol, l’Agenzia Metropolitana per la formazione, l’orientamento e il lavoro. Che alla politica chiede di rimettere la palla al centro nel merito del nuovo Assegno di ricollocazione, strumento in fase di sperimentazione che offre ai disoccupati un bonus da destinare ai servizi di un’agenzia per l’impiego, pubblica o privata. Perché se a Milano il mondo del lavoro chiede lavoratori interinali, non è certo un centro per l’impiego pubblico a poter avviare contratti di somministrazione. Una prerogativa delle agenzie private che in Lombardia ormai non si limitano a mettere in relazione chi cerca lavoro e chi lo offre, ma danno vita a corsi di formazione dei profili professionali richiesti dal mercato. “Se competizione dev’essere”, aggiunge Zingale, “che sia a tutti i livelli”. Una competizione che con tutta probabilità si giocherà sul terreno della flessibilità, mentre le assunzioni dell’indeterminato a tutele crescenti firmato Jobs act scendono sotto i valori del 2014, quando c’era ancora l’articolo 18.