Il governatore rispolvera un vecchio motto leghista per l'occasione e chiede ai partiti di sostenerlo. La risposta è negativa e l'ex segretario leghista accusa: "Mi aspettavo più rispetto". Le urne (elettroniche) rischiano di cadere nello stesso periodo delle elezioni politiche
“Sono lombardo e voto lombardo”. È un vecchio motto della Lega delle origini quello rispolverato da Roberto Maroni dopo la firma in calce al decreto di indizione del referendum consultivo per l’autonomia della Regione Lombardia. L’appuntamento è previsto per il 22 ottobre con voto elettronico (dalle ore 7 alle 23) e, soprattutto, con il serio rischio di un ingorgo istituzionale, visto che la possibilità di votare per le politiche proprio in quel periodo è sempre più plausibile, il che depotenzierebbe irrimediabilmente l’iniziativa di Maroni e la conseguente eco mediatica. Lo stesso giorno, del resto, è stato annunciato un analogo referendum in Veneto. La cerimonia per la firma si è tenuta a Cremona, nella sede della Provincia, in occasione della festa della Lombardia, che cade nel giorno della battaglia di Legnano del 1176. “Sono contento ed emozionato. È il coronamento di tante battaglie, si realizza un sogno. Ora la parola passa al popolo” ha detto il governatore dopo la firma sul provvedimento, sottolineando che “noi come Regione faremo una campagna istituzionale per dire di andare a votare”. Su possibili appoggi da parte dei partiti, Maroni non ha nascosto le sue speranze: “Mi aspetto che chi sostiene il referendum faccia un comitato unitario, anche se i grillini hanno già detto di no – ha aggiunto – so che la Lega sta organizzando per conto suo dei comitati. Mi auguro che anche il Pd alla fine voti sì”.
L’assist, però, è stato rispedito subito al mittente dal Partito democratico, che ha descritto il referendum come “la solita propagando elettorale di Maroni“. Parola del ministro delle Politiche agricole e vicesegretario nazionale democratico Maurizio Martina, il quale ha precisato che “se la Lombardia avesse voluto fare un lavoro serio per il federalismo lo avrebbe fatto senza spendere 50 milioni e senza perdere tempo. Non lo ha fatto e guarda caso lo scopre adesso, a qualche mese dal voto. Penso che i lombardi – ha concluso Martina – non abbiano bisogno di propaganda, ma di scelte, risposte e soluzioni concrete“. Una risposta che non è andata giù a Roberto Maroni, che su Facebook ha risposto a tono al membro del governo Gentiloni: “Mi sarei aspettato più rispetto da un ministro (nominato da un governo che nessuno ha eletto) per un governatore (che è stato eletto dal popolo) e soprattutto per il popolo – ha scritto Maroni – che sarà chiamato a esprimersi con il referendum per l’autonomia e che (lo ricordo ai politicanti romani) è sovrano. Pazienza, peggio per loro – ha sottolineato l’ex segretario della Lega – avanti tutta per l’autonomia”.
Tra chi sponsorizza il voto, però, non c’è (né ci sarà) il Movimento 5 Stelle, assolutamente contrario all’iniziativa. “Maroni ha perso due anni e ha convocato il referendum proprio il 22 ottobre con il rischio concreto che la consultazione salti o sia posticipata per le elezioni nazionali di cui si parla insistentemente in questi giorni – ha detto Dario Violi, consigliere grillino al Pirellone – Il nostro quesito referendario sull’autonomia della Lombardia merita un’attenzione non strumentale, il referendum è dei cittadini e non di Maroni. Per il M5S – ha aggiunto – autonomia significa maggiori competenze e risorse per investire nella ricerca scientifica e tecnologica, per il sostegno delle nostre imprese e per l’istruzione. Su questi temi – ha attaccato Violi – i partiti hanno miseramente fallito e, ancora una volta, Maroni antepone il proprio interesse e quello della Lega a quello dei lombardi. Esattamente come il Pd che con Gori e Martina millanta inesistenti aperture del Governo a trattare con la nostra Regione per restituirci quell’autonomia che sarebbe motore di rilancio e sviluppo. Forse si sono dimenticati – ha concluso l’esponente M5s – che il loro referendum di dicembre voleva asfaltare le regioni e centralizzare il sistema Italia. Una maggiore autonomia darebbe la possibilità di rilancio economico e sociale al nostro territorio. Maroni la smetta con la propaganda, se la Lombardia non ha l’autonomia è sopratutto per colpa sua e delle sue sparate che fino ad ora non hanno dato nessun beneficio”.
Un appuntamento, quello del referendum, che cade a qualche mese dalla scadenza del mandato da governatore di Maroni. Che sul tema non ha escluso la possibilità di organizzare un election day con le elezioni politiche, ricordando che già nel 2013 è successa la stessa cosa per le regionali in concomitanza delle politiche. La scadenza naturale resta “il 2018”, ha sottolineato il presidente della Lombardia, “a meno che non decidano di anticipare le elezioni Politiche, e a quel punto non vedo perché non si possa fare come nel 2013 e risparmiare soldi. Per certe cose sarebbe un bene” ha aggiunto Maroni, ricordando che a fine anno ci sarà per esempio l’assegnazione dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), “e avere già a ottobre un mandato di governo in Regione Lombardia di cinque anni e non di cinque mesi è utile”. Detto questo, ha concluso il governatore, “stiamo a vedere che cosa succede a Roma”.