Non si placa la furia dell’uragano istituzionale, che ha spazzato via uno per volta i personaggi più eminenti dello scenario politico brasiliano. Dopo Dilma Rousseff, esautorata da impeachment per falso in bilancio, Eduardo Cunha, presidente della Camera, in prigione per le tangenti Petrobras, ora è il turno del presidente “pro tempore” Michel Temer, e del senatore Aécio Neves, leader Psdb (partito social-democratico) incastrati da due differenti registrazioni. E anche Lula Da Silva non se la passa troppo bene, sotto inchiesta per lo scandalo Odebrecht, che ha subito il mese scorso uno degli interrogatori più lunghi della storia giudiziaria del Paese. La stampa ci sguazza. Alterando i fatti. Una settimana disastrosa.
Il co-titolare di Jbs, la più importante multinazionale brasiliana di export carni, Joesley Batista, già sotto inchiesta per una serie di mazzette versate ai partiti col fine di ottenere intercessioni-prestito presso Bndes, (banca finanziamento imprese) consegna alla polizia federale due registrazioni: una con il presidente Temer e l’altra con il senatore Neves.
Mercoledì 17 maggio, il quotidiano O globo del gruppo Marinho, proprietario anche di Rede Globo, esce in prima con una notizia sensazionale: Batista informa Temer che ha pagato una tangente di 500.000 reais a Cunha, membro dello stesso partito Pmdb, per fargli tenere la bocca chiusa. Temer risponderebbe “questo deve continuare”. Tutti i media locali riportano la notizia, che inevitabilmente rimbalza su la stampa estera, compresa la nostra.
Temer smentisce categoricamente, ma intanto succede il finimondo: la Bovespa, l’indice azionario brasiliano, come il Nasdaq Usa, perde il 9%, il reais si svaluta in 24 ore del 10% sul dollaro, e dalla politica arrivano 8 richieste di impeachment per Temer. Proteste e disordini con decine di feriti, parlamento sotto assedio, interviene l’esercito a difesa dello stesso, un morto tra i manifestanti, non confermato. La Corte Suprema divulga il file della registrazione, dove emergono vistose lacune, in particolare su tre punti:
1. Non si parla di cifre; Batista dice: “estou de bem com Eduardo” cioè “mi prendo cura di Eduardo (Cunha)” e Temer risponde “tem que manter isso”, cioè “devi continuare a farlo”;
2. Di seguito, Batista elenca a Temer le difficoltà dell’inchiesta, assicurando però che “sta affilando le punte” lavorando su due giudici;
3. La corruzione attiva di Batista emerge verso la fine, quando avverte Temer che ha una talpa dentro “força tarefa”, la task force investigativa che gli passa info utili, al costo di 50 mila reais al mese.
Temer sembra rinfrancato, la conversazione finisce. La sua imputazione cambia da corruzione passiva a intralcio alla giustizia. La talpa sarà poi identificata nel procuratore Angelo Villela, arrestato giovedì. Intanto la Commissione dei valori mobiliari ( Cvm) appura che Batista aveva venduto il grosso delle azioni in suo possesso prima dello scandalo, e comprato dollari per quasi 200 milioni. Nel venerdì nero, costui ricompra le stesse azioni svalutate, vendendo di contro i dollari acquistati. Tra le due operazioni, Jbs realizza un guadagno netto di 800 milioni. La premeditazione della delazione di Batista a fine lucro dovrebbe comportare multe colossali per la sua società, oltre alla restituzione degli illeciti profitti. La Borsa brasiliana ha perso in un solo giorno quasi 300 miliardi di reais. Senza considerare i disordini, che hanno provocato l’intervento dei militari, previsto dalla Costituzione in caso di pericolo per le istituzioni.
Anche la Rousseff fece lo stesso per le proteste del 2013, durante la Confederation Cup, che coinvolsero circa un milione di persone. Nella registrazione ai danni di Aécio Neves, la corruzione è sollecitata dall’ex senatore, che chiede a Batista due milioni per pagarsi la difesa nel processo Lava Jato per le tangenti Petrobras, Dalla stessa emerge anche un finanziamento di 60 milioni ricevuto per le elezioni 2014, perse sul filo di lana. E stavolta Neves perde entrambe le poltrone, una di senatore e l’altra di presidente del partito, sostituito da Tasso Jereissati, che sembra uno dei pochi a non avere pendenze con la giustizia. Per ora.
La richiesta di arresto, inoltrata dalla procura, è stata ricusata dal Supremo tribunale federale (Stf). Tasso è anche candidato presidente pro tempore, in caso Temer subisca impeachment. Vedremo: il vaso di Pandora brasiliano sembra inesauribile.