L’Alto Adige si riscopre separato e monolingue. Quella che dovrebbe essere la più grande ricchezza per gli abitanti del territorio, il bilinguismo, è infatti solo un miraggio per buona parte dei giovani sudtirolesi. E non sono solo i ragazzi tedeschi a non conoscere e utilizzare con sicurezza quella che di fatto è la lingua del loro Paese. Anche gli italiani non sfruttano la possibilità di diventare perfettamente bilingui e conoscono il tedesco a livello poco più che elementare. La colpa però non è solo dei giovani sudtirolesi, bensì di un sistema che tiene sempre a debita distanza i due gruppi linguistici. In Alto Adige infatti le scuole sono separate, con buona pace della politica che, sfruttando un articolo dello Statuto Speciale, non sembra avere intenzione di modificare la situazione.

A documentare la situazione del bilinguismo in Alto Adige sono i risultati della seconda edizione dello studio Kolipsi dell’Eurac, centro di ricerca applicata privato con sede a Bolzano, elaborato dalle linguiste Andrea Abel e Chiara Vettori. Lo studio è la sintesi dei test effettuati nel 2014/15 su circa 1.700 alunni, e cioè il 45% degli studenti delle quarte classi superiori. Dal confronto con i dati raccolti sette anni fa, emerge chiaramente che “le competenze nella seconda lingua degli studenti altoatesini sono notevolmente peggiorate”, si legge nelle conclusioni della ricerca.

I dati sono inequivocabili. Se nel 2007/08 il 40% degli studenti tedeschi aveva una buona conoscenza dell’italiano, ora sono solo il 20%. E la situazione peggiora guardando ai meno bravi: oggi un giovane tedesco su cinque riesce a farsi capire nella nostra lingua solo con grande difficoltà, mentre sette anni fa erano solo il 3 per cento. Le due linguiste hanno valutato i ragazzi basandosi sul Quadro europeo di riferimento per le lingue, dividendoli nei sei diversi livelli previsti (A1=scarsa conoscenza, A2, B1, B2, C1, C2=ottima conoscenza). La metà di loro arriva giusto al livello B1, cioè parla italiano come “un turista che sa esprimersi su temi conosciuti”. Solo il 6% arriva al C1, quindi è praticamente bilingue.

Gli studenti italiani non se la passano molto meglio. “Le competenze si attestano in prevalenza a un livello elementare”, scrivono le due linguiste, spiegando chiaramente come per la maggior parte dei giovani italiani “non è possibile partecipare attivamente a una discussione in tedesco su temi quotidiani”. Sette anni fa, la maggioranza di loro arrivava almeno al livello intermedio B1, oggi invece sono solo uno se tre. Nel frattempo è cresciuto il numero di coloro che hanno una scarsa conoscenza del tedesco (livello A1, il più basso): sono quasi il 10 per cento.

Al di là dei numeri, la ricerca dell’Eurac evidenzia senza troppi giri di parole come in Alto Adige il bilinguismo stia “chiaramente peggiorando”. La conclusione dello studio è che l’insegnamento nelle scuole “non può essere l’unico strumento” per conoscere la seconda lingua. “Il nostro studio dimostra che è necessario ampliare la rilevanza quotidiana della seconda lingua – spiega la linguista Andrea Abel – Si tratta di stimolare i contatti con i coetanei, usare la lingua, trovare il coraggio di buttarsi e cercare di capire con interesse ed entusiasmo la lingua dell’altro. La responsabilità spetta alla scuola, ma in egual misura anche alla politica, alle famiglie e ai giovani stessi.”

In provincia di Bolzano infatti le scuole sono separate e i giovani imparano la lingua solamente studiandola nelle ore settimanali previste dall’orario scolastico. Come si legge nella ricerca, in Alto Adige “i contatti e gli scambi tra gruppi linguistici sono occasionali e poco significativi”. Ciò è dovuto non solo “alla diversa distribuzione demografica dei gruppi sul territorio, ma all’intero ‘sistema altoatesino’ che garantisce spazi in cui i gruppi sono tutelati nel mantenimento della propria lingua, cultura, tradizione, ma che d’altro canto non ne promuove l’incontro, finendo con il creare ‘dei mondi paralleli’, due realtà separate da ‘mura invisibili’”.

Per questo la pubblicazione dello studio dell’Eurac ha riacceso in provincia di Bolzano il dibattito sulla possibilità di unificare le scuole, in modo da favorire l’incontro tra i giovani studiando alcune materie in italiano e altre in tedesco. Il principio dell’insegnamento nella madrelingua però è sancito dall’articolo 19 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. Norma che i partiti, con in testa il Südtiroler Volkspartei (da sempre al governo della Provincia), hanno sempre usato come scudo per bocciare categoricamente una scuola bilingue. Esiste però un disegno di legge costituzionale che prevede questa possibilità, presentato a febbraio dal senatore bolzanino Francesco Palermo, eletto proprio con una lista Pd-Svp. D’altra parte sono in molti a chiedere alla politica di invertire la rotta. Prima che il bilinguismo scompaia del tutto.

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