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Bahrami e Rea insieme per Bach: sorpresa, il contrappunto si può jazzare. “La nostra? Sfida unica nella storia”

Dopo tre anni di tour, esce il disco del pianista iraniano che da anni celebra il compositore tedesco e uno dei più grandi jazzisti italiani: "Non tradiamo Johann Sebastian, è un modo per farlo conoscere a chi non lo ha mai sentito". Un lavoro nato sulla fiducia reciproca. E su un'amatriciana

di Diego Pretini

Ogni tanto Bahrami alza la testa dalla tastiera e gli fa: “Danilo, perché non fai quella cosa che hai fatto l’altra volta?”. Danilo Rea allarga un po’ il sorriso e gli tocca rispondere: “Non me la ricordo!”. Cosa c’è di più diverso tra il jazz e il contrappunto? Eppure si incontrano nella musica vecchia di trecento anni e nuova per sempre di Johann Sebastian Bach, il maestro dei maestri, l’alfa e l’omega, l’alfabeto della musica per come la conosciamo, da Chopin agli Who, da Emma Marrone a Jimmy Fontana (tanto per esagerare un po’). Con Bach si incontrano Ramin Bahrami, pianista iraniano diventato una star proprio raccontando la vita e la musica del compositore tedesco in dischi da hit parade, concerti affollati e perfino libri per bambini, e Danilo Rea, uno dei più grandi jazzisti italiani – “uno dei patrimoni della musica italiana” lo definisce Bahrami – che ha dalla sua la solidità degli studi classici e la capacità di adattarsi al jazz e al pop, da Gino Paoli a Claudio Baglioni.

A dire la verità per Bach is in the air, il loro disco che mette insieme le musiche di Bach con l’improvvisazione del jazz, bisogna dire grazie a un’amatriciana: fu grazie a quella cena romana che Bahrami e Rea decisero di incrociare il loro modo tutto diverso di suonare il pianoforte. Prima nei teatri, per oltre tre anni. “Quando suoniamo insieme ormai lo facciamo con amicizia e fiducia: saliamo sul palco e ci fidiamo l’uno dell’altro”. Poi, ora, molto è entrato in un disco, prodotto dalla Decca, in uscita domani primo giugno. “Io eseguivo le poche note che avevo. Il resto è merito suo” racconta Bahrami che non abbandona mai il suo filo di ironia. “Ora con il disco siamo saliti di un gradino – aggiunge Rea – Da ora parte un percorso nuovo sapendo che già questa è una sfida unica nella storia”.

Bum, sfida unica nella storia. Ma a dirlo è Rea: per carattere e per posa nella conversazione, placido e prudente mentre parla, sembra che lui sia il contrappuntista appena uscito dal conservatorio e Bahrami – sempre pronto alla battuta e al motto di spirito – il jazzista, l’improvvisatore, quello che esce dallo spartito e va un po’ sopra, un po’ a destra e si nasconde e rispunta da sotto. Il punto d’incontro tra contrappunto e improvvisazione, tra Bach e il jazz è allora Rubinstein, Arthur Rubinstein. Era a una masterclass, racconta Rea, con i migliori pianisti italiani, esecutori di prim’ordine, e alla fine disse: “Molto molto molto bello, però ora vorrei sentire la musica”. Non c’è musica in un’esecuzione senza emozione.

“Questo lavoro non vuole tradire la musica colta di Bach – avverte Bahrami, che è un certificatore di qualità in materia bachiana – Ma anzi vuole allargarla a chi non è abituato ad ascoltarla e per chi è più difficile incontrarla. Il target è di chi ascolta di solito pop e jazz. Il senso è dare insomma un’aria più fresca e più nuova alle opere di Bach. Basta bandiere. Esiste una musica con la emme maiuscola e una con la emme minuscola, così come esiste la politica con la pi maiuscola e quella con la pi minuscola. La musica colpisce ma non fa male come dice Bob Marley, invece Trump colpisce e basta”. Bahrami fa più volte il parallelo alle barriere che devono essere abbattute nella musica come nella politica. E’ cresciuto tra Italia e Germania dopo essere fuggito dall’Iran dopo la rivoluzione khomeinista: il padre era un ingegnere dello scià e morì in carcere. “Nel 2017 ci sono state tante chiusure in tutto il mondo, ci stiamo chiudendo a ogni forma di dialogo” ripete. 

Nel dialogo tra Bahrami e Rea, Bach rimane lì integro e celebrato, anche se ogni volta che si siedono davanti al piano viene fuori un Bach diverso. “Se tornassimo di là e ricominciassimo a suonare lo faremmo in modo diverso” dice Rea. “Più suonavamo e più scendevamo a un livello più profondo di concentrazione, quasi catartica. Veniva tutto facile”. Ma d’altra parte, ricorda, “l’improvvisazione non è nata col jazz, ma viene da lontano, arriva dalla grande capacità dei compositori del passato”. Anche per questo forse non finirà con Bach. Se Bahrami forse preferirebbe andare sul barocco Girolamo Frescobaldi, Rea ha già le idee chiare su un possibile nuovo disco: “Andrei dalla parte opposta, ai romantici”. Servirà forse un’altra amatriciana, le classifiche e teatri sono avvertiti.

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