Dopo tre anni di tour, esce il disco del pianista iraniano che da anni celebra il compositore tedesco e uno dei più grandi jazzisti italiani: "Non tradiamo Johann Sebastian, è un modo per farlo conoscere a chi non lo ha mai sentito". Un lavoro nato sulla fiducia reciproca. E su un'amatriciana
Ogni tanto Bahrami alza la testa dalla tastiera e gli fa: “Danilo, perché non fai quella cosa che hai fatto l’altra volta?”. Danilo Rea allarga un po’ il sorriso e gli
A dire la verità per Bach is in the air, il loro disco che mette insieme le musiche di Bach con l’improvvisazione del jazz, bisogna dire grazie a un’amatriciana: fu grazie a quella cena romana che Bahrami e Rea decisero di incrociare il loro modo tutto diverso di suonare il pianoforte. Prima nei teatri, per oltre tre anni. “Quando suoniamo insieme ormai lo facciamo con amicizia e fiducia: saliamo sul palco e ci fidiamo l’uno dell’altro”. Poi, ora, molto è entrato in un disco, prodotto dalla Decca, in uscita domani primo giugno. “Io eseguivo le poche note che avevo. Il resto è merito suo” racconta Bahrami che non abbandona mai il suo filo di ironia. “Ora con il disco siamo saliti di un gradino – aggiunge Rea – Da ora parte un percorso nuovo sapendo che già questa è una sfida unica nella storia”.
Bum, sfida unica nella storia. Ma a dirlo è Rea: per carattere e per posa nella conversazione, placido e prudente mentre parla, sembra che lui sia il contrappuntista appena uscito dal conservatorio e Bahrami – sempre pronto alla battuta e al motto di spirito – il jazzista, l’improvvisatore, quello che esce dallo spartito e va un po’ sopra, un po’ a destra e si nasconde e rispunta da sotto. Il punto d’incontro tra contrappunto e improvvisazione, tra Bach e il jazz è allora Rubinstein, Arthur Rubinstein. Era a una masterclass, racconta Rea, con i migliori pianisti italiani, esecutori di prim’ordine, e alla fine disse:
“Questo lavoro non vuole tradire la musica colta di Bach – avverte Bahrami, che è un certificatore di qualità in materia bachiana – Ma anzi vuole allargarla a chi non è abituato ad ascoltarla e per chi è più difficile incontrarla. Il target è di chi ascolta di solito pop e jazz. Il senso è dare insomma un’aria più fresca e più nuova alle opere di Bach. Basta bandiere. Esiste una musica con la emme maiuscola e una con la emme minuscola, così come esiste la politica con la pi maiuscola e quella con la pi minuscola. La musica colpisce ma non fa male come dice Bob Marley, invece Trump colpisce e basta”. Bahrami fa più volte il parallelo alle barriere che devono essere abbattute nella musica come nella politica. E’ cresciuto tra Italia e Germania dopo essere fuggito dall’Iran dopo la rivoluzione khomeinista: il padre era un ingegnere dello scià e morì in carcere. “Nel 2017 ci sono state tante chiusure in tutto il mondo, ci stiamo chiudendo a ogni forma di dialogo” ripete.
Nel dialogo tra Bahrami e Rea, Bach rimane lì integro e celebrato, anche se ogni volta che si siedono davanti al piano viene fuori un Bach diverso. “Se tornassimo di là e ricominciassimo a suonare lo faremmo in modo diverso” dice Rea. “Più suonavamo e più scendevamo a un livello più profondo di concentrazione, quasi catartica. Veniva tutto facile”. Ma d’altra parte, ricorda, “l’improvvisazione non è nata col jazz, ma viene da