I magistrati che si impegnano in politica non devono poi avere la possibilità di tornare a fare i giudici. È questa l’opinione di Antonino Di Matteo, il pm della procura di Palermo – recentemente trasferito alla Procura nazionale Antimafia ma ancora in servizio in Sicilia – titolare dell’inchiesta sulla Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra. “L’eventuale impegno politico di un pm non mi scandalizza ma penso che un eventuale scelta di questo tipo debba essere fatta in maniera definitiva e irreversibile, ovvero è incompatibile con la pretesa poi di tornare a fare il giudice”, ha detto il pm nel corso di un convegno organizzato alla Camera dei Deputati dal Movimento 5 Stelle. Un dibattito in cui Di Matteo non ha chiuso le porte ad un suo possibile impegno in politica, contrariamente ai colleghi Piercamillo Davigo e Raffaele Cantone.
A chiedergli se fosse disponibile a fare il ministro in un ipotetico futuro governo, è stato il direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio. “Io – ha detto Di Matteo – non rispondo alla domanda che riguarda l’eventuale mio impegno politico, ma dico che non sono d’accordo con Davigo e Cantone e con chi pensa che l’esperienza di un magistrato non possa essere utile alla politica”. Prima dell’intervento del magistrato palermitano, infatti, sia l’ex presidente dell’Anm che il numero uno dell’Anticorruzione si erano espressi in maniera negativa sulle toghe in politica, seppur con posizioni leggermente diverse.
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“Ho dato dimostrazione nella vita che non sono interessato alla politica ma ai politici che rubano. E ritengo che i magistrati non siano capaci di fare politica, sono abituati alle guarentigie che li riparano dalle opinioni, non sono capaci di gestire il consenso. Il ministro della Giustizia? Non lo farò“, ha detto Davigo, smentendo i retroscena che lo indicavano come possibile guardasigilli di un ipotetico governo pentastellato. La pensa allo stesso modo Cantone, secondo il quale “i magistrati spesso non hanno le caratteristiche adatte per fare politica. La prova provata è abbastanza netta, ma ci sono eccezioni”. Secondo il presidente dell’Anticorruzione, però, “non si può impedire a un magistrato di fare politica. Un Parlamento che impedisse a un magistrato di fare politica sarebbe un Parlamento non rispettoso delle regole di parità di trattamento. Il punto vero è evitare che poi quando tornano possano mettere in discussione l’immagine di imparzialità“.
Le dichiarazioni dei tre magistrati hanno raccolto il commento di quello che è indicato dai rumors come il probabile candidato premier dei 5 Stelle, e cioè Luigi Di Maio. “Cercheremo di far cambiare idea a Davigo? No, rispettiamo la sua scelta. Conoscevamo già la sua volontà, l’ha sempre ripetuta. Il suo contributo è prezioso per la discussione parlamentare sui temi della giustizia. Qui oggi non reclutiamo ministri”, ha detto il vicepresidente della Camera. Che al contrario ha espresso soddisfazione per le parole di Di Matteo. “La disponibilità di Nino Di Matteo – ha detto – è una buona notizia. Siamo contenti della sua disponibilità. Noi non abbiamo ancora individuato il candidato premier, quindi non esiste ancora una squadra di ministri, ma a breve la presenteremo anche perché pare che si vada a votare presto”.