Cultura

Modigliani, inchiesta sulla mostra a Genova. I critici: “Un terzo dei quadri è falso, abbiamo le prove”

Dopo le segnalazioni di diversi critici d'arte, la procura di Genova ha poi aperto un fascicolo contro ignoti: il reato ipotizzato è quello di violazione del codice dei beni culturali e paesaggistici. Il sindaco di Livorno: "Non possiamo accettare che le nostre opere in prestito siano accostate a dei falsi"

Quella dei falsi Modigliani è una storia infinita: prima il caso delle “teste” nel 1984, ora i presunti quadri falsi esposti in mostra a Genova, a Palazzo Ducale. Dopo le segnalazioni di diversi critici d’arte, la procura di Genova ha aperto ora un fascicolo, in mano al procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio e al pm Michele Stagno. L’inchiesta per ora è contro ignoti, il reato ipotizzato è quello di una violazione del codice dei beni culturali e paesaggistici. Presto verrà chiamato un perito per analizzare le opere contestate. Palazzo Ducale e MondoMostre Skira, la società che ha organizzato la mostra, in una nota hanno dichiarato la volontà di “prestare la massima collaborazione agli organi inquirenti”.

Le indagini, portate avanti dai carabinieri del nucleo operativo tutela patrimonio culturale di Roma, erano partite dopo un esposto di Carlo Pepi, collezionista d’arte toscano, e dello studioso francese Marc Restellini che aveva scritto: “Questa mostra è dubbia e ho dovuto segnalare questa situazione alle autorità italiane non appena ho visto il contenuto. L’Istituto conosce queste opere, si tratta di falsi, disponiamo di tutta la documentazione e prove scientifiche per confermarlo”. Secondo l’autore del  curatore del Catalogue raisonné Modigliani, la questione non riguarda un paio di casi, bensì “almeno un terzo dei dipinti esposti”.

Nel catalogo della mostra genovese si contano molti ritratti femminili (fiore all’occhiello di Amedeo Modigliani) e uno dei suoi celebri nudi: il Grand Nu Allongé del 1918, proveniente da una collezione privata. I nudi di Modigliani sono così iconici che un altro della stessa serie, il Nu Couchè, nel 2015 fu battuto all’asta da Christie’s per la cifra di 170 milioni di dollari.

Carlo Pepi, in una serie di post su Facebook, aveva esortato il Comune di Livorno a ritirare le opere che la città natale dell’artista aveva prestato a Palazzo Ducale. Si tratta di un dipinto a olio, Paesaggio toscano, e due disegni, un Nudo fatto con matita su carta e il ritratto di Aristide Sommati su carta intestata dell’antico Caffè Bardi, tutte provenienti dal suo Museo Fattori di Villa Mimbelli: “Tre opere vere custodite dalla città di Modigliani che per rispetto non devono stare insieme a tanti falsi”.

Di più: il collezionista toscano ha lanciato un appello ai colleghi storici dell’arte, chiedendo loro di visitare la mostra ed esprimere un parere sulla veridicità dei dipinti.

Il sindaco Filippo Nogarin però, pur dando fiducia al critico d’arte, non aveva chiesto il ritiro: “Pepi è il massimo esperto in Italia del lavoro di Modì, ha avuto ragione nel 1984 a proposito delle famose teste e non ho ragione di credere che stia commettendo un errore in questo caso”. Ha spiegato il primo cittadino: “Se non chiediamo il ritiro immediato delle opere è solo per rispetto del Comune di Genova cui abbiamo concesso il prestito prima e ora concediamo il beneficio del dubbio“. Nogarin però ha voluto ribadire con fermezza: “Non possiamo accettare però che le nostre opere siano accostate a dei falsi: i tre quadri che abbiamo prestato, come ammesso dallo stesso Pepi, sono autentici e noi pretendiamo che questo dato di fatto sia riconosciuto sia dagli organizzatori che da Palazzo Ducale”.

Non si è fatta attendere la risposta di Rudy Chiappini, il curatore della mostra su Modì, che ha voluto “ringraziare e rassicurare” il sindaco Nogarin, aggiungendo: “Abbiamo dato mandato ai nostri legali di tutelare in tutti i modi, l’immagine morale e materiale, degli organizzatori della mostra e del curatore”

Gli organizzatori della mostra hanno sempre sostenuto che “tutte le opere presenti in mostra sono già state presenti in grandi mostre presso prestigiose istituzioni, ciascuna ha una propria fitta scheda di catalogo, con una propria bibliografia” Perciò “è con estrema tranquillità che si attengono percorsi successivi, siamo disposti a presentare queste affermazioni in ogni sede dovuta”. Ora dovranno rispondere alla procura di Genova, che si avvarrà dei propri periti per confermare o meno l’autenticità delle opere.