Strappo senza precedenti del presidente degli Stati Uniti, che potrebbe spingere altri Paesi a dire addio a quegli impegni presi da 195 nazioni per tagliare il livello delle emissioni inquinanti. "L'amministrazione Trump si sta unendo a una piccola manciata di nazioni che rifiutano il futuro", il primo commento dell’ex presidente Obama. "La Ue deplora fortemente la decisione unilaterale", afferma il Commissario Ue per il clima e l’energia Miguel Arias Cañet
Donald Trump ha annunciato il ritiro di Washington dall’accordo sul clima firmato a Parigi nel 2015. “Abbiamo bisogno di un nuovo accordo che tuteli la nostra gente e le nostre aziende – ha detto il presidente degli Stati Uniti dal Rose Garden della Casa Bianca – da oggi usciamo dall’accordo di Parigi, un accordo che azzoppa gli Stati Uniti e favorisce altri Paesi. Ma cominceremo a negoziare e vedremo se riusciremo a trovare un accordo giusto. Se ci riusciamo bene, altrimenti pazienza”, ha scandito il tycoon che ha annunciato anche che Washington smetterà immediatamente di contribuire al Green Climate Fund delle Nazioni Unite, in un discorso in cui ha messo in evidenza le ragioni eminentemente economiche della decisione. “Crediamo fermamente che l’accordo di Parigi non possa essere rinegoziato, in quanto strumento vitale per il nostro pianeta, le società e le economie”, la risposta della cancelliera tedesca Angela Merkel, del premier italiano Paolo Gentiloni e del presidente francese Emmanuel Macron in una nota congiunta.
Immediate le reazioni della comunità internazionali. “L’amministrazione Trump si sta unendo a una piccola manciata di nazioni che rifiutano il futuro“, il primo commento dell’ex presidente Barack Obama, che aveva siglato l’intesa con i capi di Stato di altre 194 nazioni. “Oggi è un giorno triste per la comunità globale. La Ue deplora fortemente la decisione unilaterale di Trump”, afferma il Commissario Ue per il clima e l’energia Miguel Arias Cañet, aggiungendo che l’annuncio “galvanizza” e che “continueremo con i nostri partner” e aperti a “nuove alleanze”. “Condanno questo atto brutale – il commento su Twitter del premier belga Charles Michel – leadership significa combattere i cambiamenti climatici insieme, non abbandonare l’impegno”.
“L’intesa negoziata da Barack Obama impone target non realistici per gli Stati Uniti nella riduzione delle emissioni, lasciando invece a Paesi quali la Cina un lasciapassare per anni”, si legge nel documento riportato da alcuni media americani e distribuito in Congresso dalla Casa Bianca per spiegare la decisione del presidente. L’accordo “impone dei costi in anticipo sugli americani a danno dell’economia e della crescita del lavoro, mentre strappa impegni insignificanti da altri Paesi, come la Cina”.
Una svolta dalle conseguenze imprevedibili, che potrebbe spingere altri Paesi a seguire la stessa strada e a dire addio a quegli impegni solennemente presi da 195 nazioni per tagliare drasticamente il livello delle emissioni inquinanti. In questo modo Trump “mantiene una della promesse” della campagna elettorale di “put American workers first“, cioè “considerare per primi i lavoratori americani“. Al G7 di Taormina, il 26 e 27 maggio, Trump si era rifiutato di prendere un impegno sul clima spiegando che avrebbe annunciato la sua posizione sull’accordo di Parigi dopo il rientro a Washington.
Il no di Trump, comunque, di per sé non basta a far saltare l’accordo raggiunto due anni fa sotto l’egida dell’Onu. La Cina, che proprio Obama aveva convinto ad aderire con entusiasmo, ha assicurato che andrà avanti con l’Europa sugli obiettivi di riduzione delle emissioni inquinanti. E’ proprio dall’Unione europea che arrivano le reazioni più veementi, con il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker che parla di populismo e avverte: “Non è un bene che gli Usa si ritirino dalla scena mondiale. Ma sia chiaro che il vuoto lasciato dagli Usa verrà riempito”. Di diverso tenore le reazioni da Mosca: “La Russia dà grande importanza all’accordo sul clima, ma va da sé che la sua efficacia viene ridotta senza i suoi attori chiave”, ha detto il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov. Ora si teme un ‘effetto dominò, con Paesi come India, Filippine, Malesia e Indonesia che potrebbero decidere a loro volta di abbandonare l’accordo.
E l’opera di demolizione dell’eredità di Barack Obama pare non arrestarsi: Trump, riporta il New York Times, sta valutando il ribaltamento di alcune parti cruciali dell’apertura a Cuba voluta dal suo predecessore, prendendo in considerazione l’ipotesi di reintrodurre le restrizioni commerciali e sui viaggi, citando come motivazione gli abusi dei diritti umani da parte del governo di Raul Castro. Secondo il quotidiano newyorkese, l’annuncio dei cambiamenti da parte di Trump dovrebbe avvenire a giugno a Miami, ma ancora non è stata presa una decisione finale sulle misure precise da adottare a causa di disaccordi interni all’amministrazione su quanto si debba fare marcia indietro rispetto a uno dei principali successi di Obama in politica estera.