“Qui la donna è considerata a tutti gli effetti un essere inferiore: viene delegata a incarichi di importanza minima, come per esempio informare dei programmi della giornata; ed è costretta a farlo in modo mostruoso cioè con femminilità. Ne risulta una specie di puttana che lancia al pubblico sorrisi di imbarazzante complicità e fa laidi occhietti“
Pier Paolo Pasolini (1972)
Così quel visionario geniale di Pasolini raccontava le annunciatrici tv e dunque anche Anna Maria Gambineri, storico volto della Rai, morta ieri 31 maggio a Roma.
E solo in questo caso non mi trovo d’accordo con il regista; o forse lo avrei approvato nel 1972 anno di questa intervista a L’Espresso,quando ancora la televisione non ci aveva abituati ai ruoli oggettivati femminili, tanto da far sembrare la descrizione che Pasolini fa delle annunciatrici, esageratamente severa.
Pasolini è stato un grande filosofo narratore del volto umano, indimenticabili i visi dei protagonisti del Vangelo secondo Matteo girato in una Matera arcaica, dove il regista “raccontava” attraverso le riprese in primissimo piano di volti che rappresentavano la Storia.
E dunque con quello stesso sguardo di artista che comprende profondamente l’importanza del nostro volto nella comunicazione, il regista osservava i volti della tv e comprendeva che quel bamboleggiare, quel “dover piacere” a cui la RAI, ma direi la società tutta di quegli anni, obbligava le donne, dava origine a una menomazione sociale, le cui conseguenze stiamo ancora scontando.
Io, però, ricordo Gambineri, e le altre annunciatrici, con estrema simpatia poiché mi riportano a una programmazione Rai che osservavo con occhi stupefatti di bambina. Certo, avendo poi assistito al successivo estremo impoverimento del ruolo delle donne in tv, in particolare dopo l’avvento delle televisioni private, mi sembra che le annunciatrici di quegli anni ricoprissero il loro ruolo in modo del tutto accettabile.
Bisogna però ben comprendere la critica di Pasolini che a una lettura frettolosa potrebbe essere scambiata per moralista: non di scollature esagerate si lamentava il regista, né di un eccesso di eros nelle presentatrici; il regista criticava con ferocia il dover compiere, da parte di una donna, qualsiasi azione in modo grazioso, in modo accattivante, con il solo unico obiettivo di compiacere.
Questa stessa denuncia sta alla base del mio documentario “Il corpo delle donne“ in cui, ciò che viene evidenziato, dopo avere analizzato 400 ore di programmi di intrattenimento televisivo, è il ruolo subordinato della donna che ne emerge: una figura per tutte quella della valletta declinata poi in velina, schedina, meteorina o letteronza che da anni ricoprono ruoli servili, di abbellimento dello schermo, costrette a lanciare “sorrisi di imbarazzante complicità” per dover corrispondere all’ordine degli autori di ingraziarsi il pubblico e forse di aumentare l’audience.
Non una critica moralistica dunque, tutt’altro! Una analisi precisa e feroce sulla subordinazione femminile, al suo ruolo servile. Di Pasolini ricordiamo grande coraggio e abilità nel rappresentare il desiderio in tutte le sue forme, anche le più scabrose.
Pasolini grande visionario perché già in quelle immagini di giovani donne garbate e per nulla scandalose, intravedeva il problema oggi così attuale: il costante tentativo di ridurre le donne a oggetti utili.