L’impianto per il recupero del materiale post-consumo di Roma – o “separatore di rifiuti” per dirla come Beppe Grillo – sarà realizzato da Acea Ambiente srl in zona Ponte Malnome, nella Valle Galeria, su un terreno di proprietà della stessa società quotata in borsa e partecipata al 51% dal Comune di Roma. Non più dunque dall’Ama in una “area già industrializzata di proprietà” della municipalizzata romana, come pur specificato a pagina 52 del piano industriale firmato dall’ex amministratore unico Antonella Giglio e bollato come “da rivedere” dalla Giunta capitolina. Il progetto del mega-impianto di compostaggio (100.000 tonnellate l’anno di capacità massima) è stato realizzato da Acea e presentato in Regione Lazio lo scorso 4 maggio – esattamente lo stesso giorno in cui l’Ama ha approvato il suo piano – e ora dovrà iniziare l’iter per la valutazione di impatto ambientale, di cui sarà responsabile il dirigente regionale, Fernando Olivieri. La sua funzione sarà quella di accogliere i rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata ed effettuare un’ulteriore separazione delle plastiche da mandare al riciclo e, sostanzialmente, vendere. L’assessorato capitolino all’Ambiente ha confermato a IlFattoQuotidiano.it che l’amministrazione e’ “ovviamente” a conoscenza della proposta avanzata da Acea per la differenziata, specificando che invece Ama si occuperà della filiera dell’indifferenziato e di convertire gli attuali impianti tmb in “fabbriche dei materiali”, cosi’ da ridurre al minimo lo scarto da spedire in discarica.
“NO AL BUSINESS DEI PRIVATI” – Sarà dunque Acea a utilizzare i rifiuti differenziati cittadini, che invece verranno raccolti dall’Ama. C’è però chi vede in questo processo un’operazione a vantaggio dei privati che detengono il 49% del colosso capitolino per la gestione idrica ed energetica, in particolare il Gruppo Suez (23%) e il Gruppo Caltagirone (3,5%). “Non era questo il programma, hanno solo riveduto e corretto un progetto di Marino”, afferma l’ex assessore Paola Muraro, piuttosto attiva sui social network. “Così facendo – spiega a IlFattoQuotidiano.it – si caricano tutti i costi e gli sforzi della raccolta differenziata sulla collettività, non si abbassa la tassa sui rifiuti e si lasciano poi i benefici ai privati. Stiamo parlando di decine di milioni di euro”. Va ricordato, infatti, che Acea, pur essendo a maggioranza pubblica, gode di una forte autonomia per via della sua quotazione in borsa ma anche che ogni anno distribuisce dividendi al Comune per circa 60 milioni di euro, soldi derivanti ovviamente dalla sua attività finanziaria complessiva. Una sorta di sinergia con Acea per la gestione dei rifiuti era stata anticipata dalla sindaca Virginia Raggi durante la prima riunione del nuovo cda avvenuta il 27 aprile scorso.
LA PROTESTA DEL TERRITORIO – Nonostante l’impianto proposto da Acea non sia caratterizzato da particolari impatti ambientali “per la natura dei rifiuti trattati e cioè esclusivamente flussi plastici monomateriali provenienti dalla raccolta differenziata”, i residenti della zona non hanno preso bene la notizia e sono pronti a dare battaglia per chiedere di spostare l’isola di raccolta. A pochi chilometri, infatti, c’è la discarica di Malagrotta, che da 30 anni rappresenta un problema non indifferente per il territorio, e sempre in quel quadrante insistono una raffineria, i due tmb del Colari, il gassificatore (spento) sempre di Cerroni e un inceneritore (anche questo non funzionante) di Ama per i rifiuti ospedalieri. Il patto elettorale fra il M5S e il territorio era proprio quello di non portare nuovi impianti, di qualsiasi natura, in una zona che “ha già dato” e su cui peserebbe anche solo l’andirivieni dei tir. In favore di una delocalizzazione del progetto è anche Giacomo Giujusa, assessore all’Ambiente M5S del Municipio XI, che pure collabora a stretto contatto con l’assessorato capitolino guidato da Pinuccia Montanari. “L’impianto ci piace – spiega Giujusa a IlFattoQuotidiano.it – ma non può essere fatto nella Valle Galeria. Ci rendiamo conto che Acea lavora in autonomia, ma siamo già in contatto con l’assessorato per provare a studiare insieme alla società un altro sito, lontano dal nostro territorio”.
BIO-METANO SI O NO? – Dopo aver presentato in Regione progetti per impianti di compostaggio anche a Rieti e a Fiano Romano (circa 70.000 ton/a ciascuno), la società di capitali potrebbe interessarsi anche alla realizzazione dell’impianto a bio-metano sul modello di Pinerolo (Torino) gradito alla giunta guidata da Virginia Raggi. Il dibattito nel M5S su questo punto è aperto e lo stesso Giujusa conferma la possibilità di “copiare” solo una parte dell’impianto piemontese, quella “anaerobica”: “La possibilità – spiega l’assessore municipale – potrebbe essere quella di importare solo la parte utile alla pulizia dalle plastiche del rifiuto organico, così da avere fertilizzante puro da utilizzare a scopo agricolo. La produzione del bio-metano, pur non essendo esso stesso qualcosa di malvagio, potrebbe non interessarci”. Il piano completo deve essere presentato in Regione e poi al governo entro il mese di giugno.