Secondo il Biscione il bando per il periodo 2018-2021, scritto dalla Lega con l’advisor Infront, non rispetta alcuni criteri della legge Melandri ed è "squilibrato". Per poter trasmettere le partite delle romane e di Fiorentina, Genoa e Bologna l'azienda, che ha chiuso il 2016 in profondo rosso, dovrebbe sborsare almeno 400 milioni. Rischia di essere sorpassata da Sky
L’asta per i diritti tv della Serie A rischia di finire a carte bollate. Questa volta ad alzare la voce è Mediaset, secondo la quale i pacchetti sarebbero “squilibrati”. Così dopo la battaglia combattuta tre anni fa, proseguita a suon ricorsi, multe date e tolte ed entrata anche nelle stanze della procura di Milano, ora le lamentele arrivano in anticipo. Secondo il Biscione, infatti, il bando riferito al 2018-2021, scritto dalla Lega con l’aiuto dell’advisor Infront, non rispetterebbe alcuni criteri della legge Melandri. In sostanza, sostengono da Cologno Monzese in una lettera inviata all’Antitrust, il bando “risulta fortemente squilibrato in quanto il pacchetto D concentra in un’unica offerta per prodotto 324 eventi relativi a ben 12 squadre e 132 partite in esclusiva”.
Il problema risiederebbe nel fatto che in quel blocco di partite da vendere in esclusiva la Lega ha deciso di inserire 12 squadre, alcune di grande appeal sotto il profilo del bacino d’utenza come Roma, Fiorentina, Lazio, Genoa e Bologna. Nella visione di Mediaset questo comporterà per i tifosi l’obbligo di “acquistare l’unica offerta commerciale esistente, anche se questo dovesse comportare un nuovo abbonamento da aggiungere a quello preferito negli anni precedenti o, fatto ancor più censurabile – si legge nella nota – la migrazione forzata da un abbonamento all’altro”.
La situazione però, anche negli uffici della Serie A, è vista in maniera differente. Perché l’Antitrust ha già dato il suo ok alle linee guida presentate e in via Rosellini sono certi di aver scritto il bando a regola d’arte. La vera paura del Biscione è di non riuscire ad acciuffare il pacchetto D, vendibile anche a chi trasmette sul digitale terrestre, a causa del prezzo, e di vedersi quindi sorpassata da Sky che con ogni probabilità acquisterà il pacchetto ‘disegnato’ per lei e ci aggiungerà il D così da avere la parte portante della Serie A.
La base d’asta del D è infatti di 400 milioni di euro e Mediaset non ha intenzione di sborsare cifre impossibili per continuare a trasmettere la Serie A. Allo stesso tempo, però, per tenere in vita Premium Sport e non scatenare la fuga dei circa 2 milioni di abbonati è necessario proporre un’offerta corposa ai propri clienti. E senza le squadre contenute nel pacchetto D, al Biscione non resterebbe che puntare sul pacchetto B (costo 200 milioni) dove ci sono, sì, Juve, Inter, Milan e Napoli ma non le romane. Fallirebbe quindi la strategia svelata ad aprile da ilfattoquotidiano.it che vede Mediaset pronta a puntare tutto su un blocco ‘pregiato’ di partite. A Cologno hanno però le mani legate dal pesante deficit di Premium dopo la fallimentare acquisizione dei diritti della Champions e la guerra con Vivendi, che ha pesato per 341 milioni sul rosso record dell’ultimo bilancio.
Ecco allora la carta del ricorso all’Antitrust che potrebbe avere almeno un effetto tampone sull’assegnazione dei diritti, prevista per sabato 10 giugno, che è anche termine ultimo per la presentazione delle offerte. “Qualora due piattaforme su tre – sostiene Mediaset – fossero aggiudicate a un unico operatore, si verrebbe a creare un sostanziale assetto di single buyer con conseguente formazione di una posizione di monopolio a danno della concorrenza e della libertà di scelta degli utenti”. Insomma, una violazione del perimetro stabilito dalla legge Melandri. In attesa dei diritti, il Biscione cerca di acquistare tempo. Deciderà l’Antitrust.