E' andata meglio rispetto al 2016, quando i giorni di lavoro necessari per far fronte agli obblighi con il fisco sono stati 155. Ma nel 1980 erano bastati 117 giorni. Il gettito complessivo di imposte, tasse e contributi sarà, secondo il Def, di 723,6 miliardi di euro
Il 2 giugno è l’ultimo giorno del 2017 che gli italiani lavorano per il fisco. Quanto guadagnato nei primi 153 giorni dell’anno, infatti, è servito per pagare tasse, imposte e accise. Dal 3, informa la Cgia di Mestre, scatta la “liberazione fiscale”. E’ andata meglio rispetto al 2016, quando i giorni sacrificati sull’altare del fisco sono stati 155, ma nel tempo, nonostante le promesse di tagli alle tasse arrivate da quasi tutti i governi, la situazione è molto peggiorata: basti pensare che nel 1980 per far fronte agli obblighi fiscali erano stati necessari 38 giorni in meno.
“Lavorare 5 mesi su 12 per lo Stato – commenta Paolo Zabeo, coordinatore della Cgia – dà l’idea di quanto eccessivo sia il nostro fisco. Al netto del peso dell’economia sommersa, sui contribuenti fedeli al fisco grava una pressione fiscale reale che sfiora il 50%, un carico che non ha eguali in Europa”. Per il 2017 il gettito complessivo di imposte, tasse e contributi che gli italiani verseranno allo Stato sarà, secondo il Def, di 723,6 miliardi di euro. La voce più importante riguarda le imposte dirette (Irpef, Ires, Irap, eccetera) che peserà sulle tasche di imprese e cittadini per 249 miliardi; seguono le imposte indirette (Iva, accise, imposte catastali, etc.) con 247,1 miliardi, i contributi sociali con 224,5 miliardi e infine le imposte in conto capitale (successioni, donazioni, ecc) che ammonteranno a 2,9 miliardi.
“Per ridurre strutturalmente le tasse dobbiamo in misura corrispondente tagliare la spesa pubblica improduttiva – aggiunge Renato Mason, segretario della confederazione – e nonostante gli effetti della spending review siano stati relativamente modesti, il carico fiscale complessivo ha iniziato a scendere. Se avessimo abbracciato la strada del federalismo fiscale, molto probabilmente la contrazione sarebbe stata maggiore”. Con l’eliminazione dell’Irap dal costo del lavoro (2015) e la cancellazione della Tasi (2016), la pressione fiscale ha cominciato a scendere. Nel 2017 poi l’Ires è stata ridotta dal 27,5 al 24% e sono arrivati i super-ammortamenti, l’innalzamento delle soglie per accedere al regime dei minimi e un parziale esonero contributivo per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani in alternanza scuola-lavoro.