Il coraggio che viene dalle vittorie, da sei anni di trionfi incontrastati in Italia, e la paura della sconfitta, tipica di chi troppe volte si è fermato ad un passo dal traguardo. La difesa più forte del mondo che ha subito appena tre reti in tutto il torneo, e l’attacco stellare che in ogni secondo può risolvere ogni partita. L’attimo da cogliere per restare nella storia. La lunga attesa verso Cardiff è un’altalena di emozioni contrastanti, una sfida tra opposti in cui non si riesce a immaginare chi potrà prevalere. Stasera la Juventus si gioca la finale di Champions League contro il Real Madrid: la seconda in tre anni, la quinta dopo il trionfo di Amsterdam nel ’96 a cui sono seguite solo delusioni. Forse quella buona, di sicuro l’occasione della vita.  

Al Millennium Stadium, in uno dei luoghi iconici del rugby prestato per una sera al pallone con tanto di chiusura del tetto scorrevole (un inedito per la Champions), i bianconeri possono riscrivere la storia del calcio italiano. Il Triplete, l’impresa che è riuscita in Italia solo all’Inter di Mourinho, è lì a portata di mano: di mezzo novanta minuti e l’avversario più affascinante, carico di tradizione e di ricordi, il Real di Zinedine Zidane. I favoriti sono loro, non foss’altro che per il titolo di campioni in carica e quell’attitudine innata a sollevare coppe. Ma in una finale può succedere di tutto, sempre. E mai come stavolta la Juventus sembra essere davvero vicina all’élite mondiale. Quel gap con cui i bianconeri arrivarono alla finale di due anni fa contro il Barcellona, e che poi si vide tutto nella notte di Berlino, oggi pare colmato: l’ultimo passo è quello di stasera.

I bianconeri devono farlo insieme, di squadra, con il collettivo che può rappresentare l’arma in più di fronte alla classe dei “galacticos”. Il capitano Buffon questo trofeo, l’unico che non ha mai vinto nella sua carriera, lo aspetta da una vita: “Sarebbe una gioia infinita”, dice incrociando le dita. Per lui, ma pure per i vari Chiellini e Barzagli, Bonucci e Marchisio, lo zoccolo duro di questo gruppo, tutti oltre la soglia dei 30 anni, potrebbe anche essere l’ultima occasione. Ma anche gli altri protagonisti, più o meno giovani, Dybala, Higuain, Pjanic, non hanno mai vinto nulla che conta a livello internazionale. Per tutti è la possibile consacrazione individuale e collettiva, il coronamento di un ciclo, la chiusura del cerchio. La differenza che passa tra l’essere stati una grandissima squadra e diventare una delle formazioni più forti di sempre.

Tutto in novanta minuti, o magari anche di più se si andrà ai supplementari o ai rigori. “Dovremo essere diabolici nel colpire quando il Real concederà qualcosa”, spiega Massimiliano Allegri, un altro degli artefici di questa finale. Lui predica “serenità”, ostenta sicurezza (“ce la faremo”), prova ad ingannare la tensione. E magari pure gli avversari: “Non ho ancora deciso la formazione: si può giocare anche sui 120 minuti e quindi serviranno i cambi, devo scegliere pure la panchina”, ha detto alla vigilia. In realtà il tecnico toscano non dovrebbe avere grandi dubbi, almeno negli uomini, con Cuadrado dodicesimo uomo da utilizzare a gara in corso. Più interessante sarà capire se i bianconeri si schiereranno a quattro o a tre in difesa, per riproporre il marchio di fabbrica della “BBC” nella notte più importante. Qualche incertezza in più invece fra le fila spagnole, con almeno due ballottaggi da sciogliere solo all’ultimo minuto: il rientrante Carvajal dovrebbe essere preferito a Danilo come terzino destro, mentre Zidane potrebbe lasciare in panchina Gareth Bale, appena recuperato dall’infortunio e padrone di casa nella sua Cardiff, per confermare nel rombo d’attacco Isco, protagonista di un gran finale di stagione. Privilegi di un lusso che è sinonimo di Real Madrid.

Intorno a loro, ai protagonisti del campo, lo spettacolo e gli occhi del mondo. Anche un po’ preoccupati, come nel caso delle autorità, che hanno blindato la città con oltre 1500 agenti come è ormai prassi per questo genere di eventi. Oltre 200 Paesi collegati, 400 milioni di potenziali telespettatori, 66mila tifosi dentro lo stadio e altri 150mila che hanno raggiunto comunque la capitale gallese per partecipare alla festa. All’appuntamento con la storia. Per il Real Madrid lo è sempre: prima era l’ossessione della “Decima”, poi quella di scavallare a quota undici, ora è la “Duodecima” di cui Zidane parlava già 15 anni come in una profezia. Per questa Juve, che di finali ne ha perse troppe ed adesso ha l’occasione di scrivere il proprio nome negli annali del calcio, lo è per davvero.

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