Gli uomini preferiscono le bionde e i leader preferiscono i capilista bloccati. L’ultimo post di Grillo che difende la nuova legge elettorale, che di tedesco ha solo la birra che si era bevuto Fiano prima di scrivere gli emendamenti, dimostra che se non fosse per una questione di forma, ciascun capo di partito preferirebbe scegliersi i suoi uomini e non essere costretto a confrontarsi con una pluralità di soggetti (gli eletti) incerta, le cui poco controllabili soggettività diventano un’incognita ansiogena.

Oltretutto gli iscritti hanno votato sul blog la legge prima del maxi emendamento presentato da Fiano; quindi sostenere che l’ingegnosa trovata di un candidato al collegio uninominale che funga da specchietto per le allodole per far entrare il capolista del listino bloccato, vada a genio ai votanti, è quantomeno azzardato. Checché ne dicano, nei momenti in cui amano mostrarsi illuminati e in empatia con la gente, in cui predicano il voto di preferenza e la necessità di avere dei rappresentanti scelti direttamente dai cittadini, tutti i capi politici preferiscono essere loro a stabilire chi andrà in Parlamento.

Perché allora tanta fanfara ad accompagnare la narrazione di una fantomatica legge elettorale che renda protagonisti gli elettori? Molto rumore per nulla. Sarebbe un notevole risparmio di tempo e ipocrisia istituire il voto ‘in bianco’: i cittadini si limitano a mettere una croce sul simbolo del partito che scelgono di votare, e nell’apporre la suddetta abdicano a qualsivoglia velleità decisionale, delegando in bianco il loro leader di decidere quali siano gli individui più idonei a portare avanti il suo progetto.

Insomma, se Renzi decide di fare deputato una sua vecchia zia di Rignano perché pensa possa essere l’eccezione che conferma la regola del progetto rottamatore, o Grillo ritiene che l’attrezzista del suo spettacolo teatrale sia utile in Parlamento perché avendo forza nelle braccia è più rapido nell’aprirlo come una scatoletta di tonno, o ancora Berlusconi valuta di seguire le orme di Caligola e nominare senatore l’agnellino della foto pasquale, saranno liberi di farlo senza dover rendere conto a nessuno. A quel punto, almeno, avremmo il vantaggio di vederli costretti ad assumersi l’intera responsabilità della legislatura, senza attribuire la colpa della loro inettitudine a correnti, minoranze interne e sabotaggi vari.

Del resto a guardare gli emendamenti tampone all’emendamento di Fiano discussi in Commissione Affari costituzionali, andando oltre il gioco delle parti, la volontà non sembra poi così distante. Berlusconi non ha mai fatto mistero di volere in Parlamento soltanto i suoi fedelissimi; Renzi ha talmente urgenza di blindare la sua taskforce che ha ridimensionato le sue ambizioni onnipotenti di maggioritario dopato dall’Italicum facendosi andare bene un proporzionale con bacio accademico berlusconiano; e Grillo, per quanto si schermi dietro il velo delle parlamentarie web, la cui opacità è emersa chiaramente con il caso Cassimatis, palesa di volersi tenere comunque l’ultima parola.

Siccome questo sistema elettorale somiglia a quello tedesco quanto Greta Garbo a Tina Pica, tanto vale un bel voto in bianco e non ci pensiamo più.

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