Un Eurobond ci salverà? L’Europa metterà fine al temporeggiare dei politici italiani sui guai del sistema bancario italiano? La Bce resterà lontana dalle mani tedesche che tanto criticano l’operato di Mario Draghi? Sono tre domande cruciali per chiunque, soprattutto se davvero si andrà alle urne a settembre, dovrà governare l’Italia. A margine del Festival dell’economia di Trento, ilfattoquotidiano.it le ha sottoposte a Markus Brunnermeier professore di finanza a Princeton, esperto di politica monetaria e di bolle finanziarie e consulente del Fondo Monetario, della Fed e della Bundesbank. Le risposte sono state tutte e tre negative, seppure con declinazioni diverse. In sintesi, secondo il professore troppo spesso la politica dà la colpa della crisi economica all’Unione, ma in realtà i governanti mentono ai loro cittadini sapendo di mentire attribuendo all’Europa le proprie responsabilità politiche e di gestione dello Stato. Come se non bastasse poi, sottolinea ancora lo studioso tedesco, i media fanno da cassa di risonanza a posizioni che non corrispondono alla realtà. Quindi ci vorrebbe più informazione all’interno dei vari Paesi e una maggiore circolazione delle notizie fra i diversi Paesi dell’Unione.

“So che gli italiani vorrebbero gli Eurobond, ma i tedeschi no. Credo che sia molto improbabile che ci si arrivi: significherebbe che se l’Italia non dovesse riuscire a ripagare i suoi debiti allora lo dovrebbero fare i tedeschi, perché mai dovrebbero volerlo? È come un conto corrente condiviso…”, chiarisce subito. L’argomento ha una sua forza innegabile. Cosi come ce l’ha la sua controproposta di cui si sta discutendo molto in queste settimane, dopo che a fine marzo sul tavolo di Mario Draghi è arrivata una bozza del relativo studio di fattibilità: “Ho sviluppato un’alternativa, un compromesso, gli Sbbs”, ricorda riferendosi alle emissioni frutto della cartolarizzazione di titoli di Stato comunitari studiate per Bruxelles da un gruppo di economisti da lui capitanato e ribattezzati bond sintetici. Secondo il loro ideatore dovrebbero allocare i rischi in modo decisamente meno spaventoso per i falchi d’europa, potrebbero portare l’Ue a raccogliere “diversi miliardi di miliardi di euro” e sarebbero realizzabili nel giro di un anno a partire dal via. “Ci vorranno degli arrangiamenti regolamentari, ma non servono modifiche dei trattati”, sottolinea. La questione quindi è meramente politica, “dipende da quando si vuol partire”. Secondo Brunnermeier, che  è coautore, con Harold James e Jean-Pierre Landau, de La battaglia delle idee. Alle radici della crisi (e del futuro) dell’Euro (Egea 2017), la macchina inizierà a muoversi subito dopo le elezioni tedesche e la formazione della coalizione di governo. “Ma comunque si tratta di una proposta su come finanziarsi, non su cosa finanziare, che priorità ci sono: quella militare, quella dei migranti o altro …”, precisa.

Eppure in questi giorni da noi arrivano messaggi molto distensivi su un accordo positivo con Bruxelles. “Il problema in Europa è che i politici mentono alla loro gente: in Italia l’impressione è che gli Eurobond siano dietro l’angolo in Germania che non si faranno mai (ricordate che la signora Merkel ha detto: “Mai finché campo”?) e a un certo punto ci sarà il grande risveglio … il problema è questo: i media non parlano al di là dei propri confini. Ci sono media nazionali che possono essere utilizzati per manipolare l’audience nazionale e così si può creare l’idea che gli Eurobond verranno fatti”. E viceversa. Venendo ai fatti, fino a quando l’Italia sarà lasciata libera di sacrificare sull’altare delle urne la necessità di mettere mano ai salvataggi o ai fallimenti bancari? “L’Europa non può dire all’Italia: ‘Sistema le banche ora’. Immaginatevi Jean-Claude che impone a Roma una mano decisa sulle banche, Roma esegue e arrivano le perdite di risparmi … probabilmente i politici italiani vorrebbero poter dire che l’Europa li ha costretti a ripulire le banche e imputare le perdite dei risparmiatori e gli eventuali suicidi ai diktat di Bruxelles. Ma l’Europa non sta al gioco e dice all’Italia di prendersi il tempo che le serve. Si sa che il progetto comunitario non è così apprezzato e si cerca di essere prudenti”. Insomma, nessuno vuole rimanere col cerino in mano. Un po’ come col Monte dei Paschi e la ricapitalizzazione preventiva che anche nella ultima bozza di accordo pone sempre la stessa questione: “Qui ci sono delle perdite, chi se ne deve far carico? I contribuenti? Italiani? Europei? I bondholder?”.

E a proposito di banche, la presenza del governatore della Bce alla Relazione annuale della Banca d’Italia del 31 maggio scorso non è un fatto insolito? Draghi presenzia anche agli analoghi eventi delle altre banche centrali? “Non saprei. Però va ricordato che Draghi è l’ex governatore della Banca d’Italia – ricorda diplomaticamente – e poi vive buona parte del suo tempo a Roma, credo che stia più a Roma che a Francoforte”. Il prossimo governatore della Bce sarà davvero un tedesco? “I tedeschi lo vogliono. E non hanno nessun rappresentante ai vertici delle istituzioni comunitarie”. Cosa offriranno in cambio? “Niente. Prima c’è stato un olandese, poi un francese, quindi un italiano. Ora tocca a loro. So che gli italiani saranno spaventati, ma anche i tedeschi erano spaventati dall’arrivo di Draghi”.

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