Un risultato, sia pure involontario, del renzismo è che il centro-sinistra è oramai finito nell’immondezzaio della storia italiana, e risulterà del tutto vano ogni tentativo di riesumarlo. È un fatto positivo perché il centro-sinistra è partecipe da molto tempo delle magagne italiane, corruzione compresa (Davigo docet). La situazione internazionale richiede d’altronde un nuovo inizio e una rottura qualitativa totale rispetto al passato. Il recente vertice del G7 di Taormina ha marcato insanabili divergenze tra gli Stati Uniti e l’Unione europea. Il declino di quella che fino a qualche anno fa era la potenza-guida dell’Occidente e della comunità internazionale nel suo complesso impone la nascita di una nuova classe dirigente che sappia finalmente emanciparsi dalla tradizionale servitù nei confronti di Washington, ovviamente senza convertirla i nuove altrettanto paralizzanti servitù nei confronti di Berlino o di chicchessia. Un’Italia che sia protagonista del rilancio europeo e sappia instaurare relazioni di mutua cooperazione con Russia e Cina, fuori da ogni logica di ricatto atlantico oramai definitivamente obsoleta.

Occorre che emerga, a livello internazionale, europeo e nazionale, una nuova classe dirigente che sia consapevole delle sfide che ci troviamo di fronte: cambiamento climatico e ambiente, risanamento della forbice fra Nord e Sud, migrazioni, guerre, terrorismo. Tutti temi strategici sui quali Gentiloni, come prima di lui Renzi, Letta, Monti, Berlusconi e lo stesso Prodi, che pure è il meno peggio della serie, si sono limitati negli anni e ormai decenni passati a cincischiare e improvvisare sulla scia di altri. Decenni e anni perduti che peseranno inesorabili sul futuro dell’Italia, dell’Europa e del pianeta. Le prospettive non sono del resto rosee e incoraggianti. Quello che gli zombies abbarbicati alle poltrone vogliono proporre è un’alleanza tra Pd e destra per escludere i Cinquestelle dalla possibilità di governare.

Una strategia tutta in negativo per continuare a occupare il potere vivendo alla giornata, in una situazione che precipita da tanti punti di vista e che sempre meno consentirà il piccolo cabotaggio su cui Pd, Forza Italia e compagni hanno vivacchiato in questi anni, mascherando le loro politiche conservatrici con campagne propagandistiche in stile pubblicitario su un rinnovamento delle istituzioni non solo immaginario, ma progettato in modo pessimo (Renzi), sul primato degli Italiani e la cacciata degli “stranieri” (Lega) o sul mito dell’impresa libera da lacci e lacciuoli impersonata carismaticamente dal pluripregiudicato Berlusconi (Forza Italia). Una montagna di falsità propinata in dosi massicce agli Italiani dietro le quali si nasconde la solite triste realtà fatta di super-sfruttamento della forza-lavoro, specie immigrata, sulla propagazione di corruzione e mafie di ogni genere, sull’approfondimento delle diseguaglianze, a cominciare da quelle di genere e territoriali tra Nord e Sud italiani. È questa, per sommi capi, la costituzione materiale dell’Italia odierna che nega da ogni punto di vista quella formale e nobile per cui i nostri padri e i nostri nonni hanno combattuto e sono morti.

In una situazione del genere, che definire stagnante è un eufemismo, dato che ci troviamo, e da molti anni, nel pieno di sabbie mobili di profondità insondabile, i Cinquestelle, con tutti i loro limiti, che non sono pochi, hanno tutto il diritto di proporre la loro alternativa che va valutata con rigore e attenzione da parte di chiunque non si rassegni a crepare in compagnia di Renzi, Berlusconi e compagni. Ci sono però tre condizioni indispensabili affinché questo tentativo possa avere un qualche successo.

La prima, una squadra di governo composta di personalità indiscusse che siano latrici di proposte di riforma nei vari settori. La seconda, il rilancio di una sinistra anch’essa totalmente rinnovata rispetto al passato e che soprattutto ripudi fino in fondo le fallimentari esperienze del centro-sinistra e che converga con i Cinquestelle su taluni qualificanti punti di politica interna e internazionale, come proposto anche da Marco Travaglio. La terza, la strutturazione di un controllo dal basso su tutti i governi sia centrali che locali, da parte di movimenti e strutture partecipative. Tre punti di fondamentale importanza per evitare di ripetere esperienze deludenti come quelle della giunta Raggi a Roma e di spianare il terreno al ritorno degli zombies affamati di potere per il potere. Il terzo punto si coniuga alla necessità di instaurare dentro il Movimento una democrazia effettiva che ne travalichi gli angusti confini e ne rifondi il gruppo dirigente.

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