La riforma elettorale è stata approvata dalla commissione Affari costituzionali della Camera. Il provvedimento andrà in discussione in Aula dalle 12 di domani. Il testo del relatore Emanuele Fiano che ha ottenuto il via libera è frutto dell’intesa tra Pd, M5s e Forza Italia. Entro venerdì è prevista l’approvazione finale di Montecitorio per ricominciare l’iter al Senato. “Porteremo in Aula un testo buono, coerente e razionale” secondo Fiano. “Il fatto politicamente più rilevante è che la legge elettorale sia approvata da una maggioranza larga che rappresenta l’80 per cento delle forze politiche. E questo è anche un elemento pacificante: si fa una legge non nell’interesse di qualcuno”. Tra gli emendamenti approvati in commissione, tutti previsti dall’intesa tra i tre “Grandi” del Parlamento, l’eliminazione delle pluricandidature anche per il Senato (ci si potrà presentare solo in un collegio uninominale e in una sola lista proporzionale anziché in tre). Un’altra proposta di modifica, approvata dalla commissione a larga maggioranza, ha eliminato l’obbligo di raccogliere le firme a sostegno dei candidati nei collegi uninominali, confermando la necessità di firme per le liste del proporzionale: 4mila per le circoscrizioni con più di un milione di abitanti, 3mila in quelle con popolazione tra i 500mila e il milione di abitanti, e 2mila per quelle sotto i 500mila abitanti. In caso di elezioni anticipate il numero necessario è dimezzato. Nella seduta di ieri sera era stato approvato anche un emendamento che fa partire la sperimentazione delle firme digitali.
Ricapitolando il sistema che andrà all’esame della Camera sarà quindi un proporzionale con soglia di sbarramento al 5 per cento con una quota mista uninominale di collegio e proporzionale di circoscrizione. Grazie agli emendamenti approvati in questi giorni i candidati che vinceranno nei collegi avranno una corsia preferenziale rispetto ai candidati dei listini che – a prescindere dall’euforia di queste ore – restano bloccati, dal primo all’ultimo dei nomi che saranno da 2 a 6. Luigi Di Maio, uno dei leader dei Cinquestelle, promette che “non archiviamo le preferenze, le portiamo in Aula e poi vediamo chi le voterà e chi no”, intanto però un emendamento in questo senso di Mdp domenica è stato bocciato.